"In un bilancio dell'attività letteraria svolta nel 1848, Kierkegaard dichiara che 'La malattia mortale è certamente la cosa più perfetta e più vera ch'io abbia scritta' e la sua pubblicazione, come la scelta dello pseudonimo, gli procurò pene di spirito senza numero. Dalle indicazioni lasciate nelle Carte inedite sappiamo che nel suo primo abbozzo l'opera era stata concepita in forma di una serie di 'Discorsi edificanti' (i Talers Form) e riuscì invece il trattato più teoreticamente teso e organicamente costruito della teologia kierkegaardiana. [...] Si può ben dire che nessuno scritto dà, più di questo, il timbro profondo della sua anima e l'esatta impressione del suo potere di scavare i recessi più impervi dello spirito. Possiamo senz'altro dire che con 'La malattia mortale' si compie una nuova crisi definitiva nell'opera kierkegaardiana, che raggiunge la compiuta forma della sua maturità e positività." (dallo scritto di Camelia Fabro)
"È difficile qualificare con esattezza il metodo seguito da Kierkegaard: la sua dichiarazione di voler fare unicamente un'indagine "psicologica" sulla natura del peccato originale va presa con cautela. La trattazione tocca di volta in volta i vari campi interessati al problema: la teologia dogmatica, la metafisica, la fenomenologia o psicologia in senso proprio. Ma se si deve dichiarare una dominanza, essa va attribuita alla metafisica tenendo presente all'inizio l'origine teologica del problema (il dogma del peccato originale) e gli spunti biblici della sua potente analisi fenomenologica (la tentazione, il demoniaco...) che operano continuamente in ogni punto del trattato. L'angoscia è il presupposto del peccato originale rispetto alla caduta di Adamo ed Eva, come lo è per la caduta nel peccato di ogni loro discendente. Il suo oggetto è il nulla ed è l'avvertenza di questo nulla che rivela all'uomo di essere una sintesi di anima e corpo nello spirito. Se l'angoscia può essere occasione di caduta e di perdizione, può anche e deve essere, con la sua scoperta degli orrori del peccato, una tappa per incamminarsi verso il bene e la salvezza: il più spaventoso e pericoloso di questi orrori è la tentazione del suicidio, ma l'uomo ha in sua mano un punto solido a cui ancorarsi, ed è precisamente la "fede" che mette in fuga ogni angoscia e rende possibile il dispiegamento positivo delle energie dello spirito per accostarsi a Dio". (Dallo scritto di Cornelio Fabro)
La produzione letteraria di Kierkegaard si svolge in tre direzioni: le "Opere pseudonime", i "Discorsi edificanti", e il grande "Diario". In realtà le "Opere pseudonime" non possono essere staccate dal "Diario" e dai "Discorsi edificanti", tra i quali si collocano "Gli atti dell'amore". Il destinatario ideale dei "Discorsi" è il Singolo, che essi si prefiggono di richiamare all'interiorità perché non si smarrisca nella Folla anonima, dispersa nell'esteriorità e obliosa dell'Eterno. Solo come Singolo l'uomo si rapporta con Dio, e solo come Singoli si diventa cristiani. In particolare Kierkegaard mostra come il Cristianesimo riferisca l'amore di sé e del prossimo all'eternità, superando l'amicizia e l'amore naturale profano.