“Io sono un giornalista e non uno
scrittore, un giornalista per élites:
e infatti scrivo per i metalmeccanici.”
- Fortebraccio
“Quando proponemmo a Fortebraccio di ribattezzarsi con il nome del prode cavaliere scespiriano – ricorda Maurizio Ferrara, direttore dell’“Unità” nel 1963 – ci fu dall’altro capo del filo un attimo di esitazione. ‘Forte-braccio… debole-mente, diranno’ udimmo obiettare.” Accadde il contrario: Fortebraccio diventò subito un “fenomeno” travolgente: il solo scrittore in circolazione – come diceva Biagi – capace di cogliere il ridicolo con garbo e ironia. Un’ironia che era il marchio di fabbrica del suo formidabile piglio di moralista e polemista partigiano. I suoi ritratti di Agnelli (l’avvocato Basetta), Spadolini (cover boy della politica) e di molti altri, restano un esempio di giornalismo critico e intelligente: crudele a volte, caustico sempre, eppure dolorosamente divertente.
In appendice al volume, Riccardo Barenghi, Filippo Ceccarelli, Massimo Fini, Massimo Gramellini, Francesco Merlo, Maria Laura Rodotà e Michele Serra raccontano il “loro” Fortebraccio.