Guardando ai sondaggi per il 150° dell'Unità nazionale, due italiani su tre sono orgogliosi di essere tali. Quando però si tratta di spiegare perché, tutto si fa più complicato. "Cosa ci tiene insieme?" è la domanda che meno invecchia, in questo Stato ancora giovane. Per non fermarsi a monumenti (difficili) o stereotipi (troppo facili), due giovani autori, che fanno mezzo secolo insieme, si sono guardati alle spalle. Hanno messo il naso dentro quotidiani e riviste pubblicati tra il 1900 e i primi anni Duemila e hanno raccolto le voci di giornalisti, scrittori e intellettuali, come in un'inchiesta a ritroso. Da Gramsci a Bobbio, da la Capria a Veronesi, passando per Scalfari e Montanelli, si sommano indizi e giudizi, rabbie e speranze. I tic, le eterne maschere italiane, da Arlecchino a don Abbondio; i momenti drammatici o felici della storia unitaria, la memoria e le memorie; la vita quotidiana (che cos'è esattamente 'una giornata da italiani'?). Tutto entra in gioco nel rispondere alla domanda "Scusi, lei si sente italiano?". Per approdare a una risposta razionale e sentimentale insieme, però ferma. Cercata lontano, ma proietatta al futuro.
“Io sono un giornalista e non uno
scrittore, un giornalista per élites:
e infatti scrivo per i metalmeccanici.”
- Fortebraccio
“Quando proponemmo a Fortebraccio di ribattezzarsi con il nome del prode cavaliere scespiriano – ricorda Maurizio Ferrara, direttore dell’“Unità” nel 1963 – ci fu dall’altro capo del filo un attimo di esitazione. ‘Forte-braccio… debole-mente, diranno’ udimmo obiettare.” Accadde il contrario: Fortebraccio diventò subito un “fenomeno” travolgente: il solo scrittore in circolazione – come diceva Biagi – capace di cogliere il ridicolo con garbo e ironia. Un’ironia che era il marchio di fabbrica del suo formidabile piglio di moralista e polemista partigiano. I suoi ritratti di Agnelli (l’avvocato Basetta), Spadolini (cover boy della politica) e di molti altri, restano un esempio di giornalismo critico e intelligente: crudele a volte, caustico sempre, eppure dolorosamente divertente.
In appendice al volume, Riccardo Barenghi, Filippo Ceccarelli, Massimo Fini, Massimo Gramellini, Francesco Merlo, Maria Laura Rodotà e Michele Serra raccontano il “loro” Fortebraccio.