Lode, invocazione, supplica, lamentazione, urlo, atto di fede o di ribellione, dissacrante e che rasenta la bestemmia: la preghiera cristiana nella sua miriade di forme è un riferimento imprescindibile per la letteratura italiana, a partire dalle origini della produzione in volgare fino ai giorni nostri. La preghiera nella letteratura italiana è un'indagine di indubbio valore scientifico, composta di ottanta voci elaborate da studiosi e accademici di grande prestigio, che ripercorrono modalità di impiego e significati della preghiera da parte degli autori più interessanti del panorama letterario. L'intento è di offrire un panorama sufficientemente vasto a studiosi e a studenti di materie umanistiche, di teologia, di scienze umane, a quanti conservano la passione per la nostra letteratura, che potranno trovare in questo volume un utile punto di partenza. Ciò che importa è scoprire come nella preghiera entri tutta la vita, oggetto primo e ultimo della letteratura: la vita materiale delle tribolazioni patite, che protesta con Dio o gli chiede aiuto o consolazione, quella morale della coscienza che si accusa e domanda perdono, quella spirituale dell'anima che contempla e rende grazie.
Nell'ampio e affollato panorama degli studi che intrecciano Bibbia e letteratura italiana mancava un'opera in grado di offrire un quadro sistematico e il più possibile completo del legame che le opere e gli autori della nostra tradizione letteraria hanno intrattenuto con la sacra Scrittura. Il Dizionario biblico della letteratura italiana ha coinvolto con tale intento circa 150 studiosi, di grande prestigio e di molte Università, che hanno realizzato 270 voci, alcune delle quali si configurano come lemmi collettivi. L'opera spazia dalle origini della produzione letteraria in volgare fino al Novecento, con un'incursione del terzo millennio. Oltre all'indubbio valore scientifico, il Dizionario biblico della letteratura italiana costituisce un viaggio nelle pieghe più e meno remote della nostra storia letteraria, nella quale le parole della Bibbia rappresentano spesso un riferimento essenziale.
Da quando l'umanesimo è stato messo a tema dei lavori del prossimo convegno ecclesiale di Firenze (novembre 2015), con il titolo programmatico In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, il dibattito sul senso di tale riferimento culturale sembra essersi riacceso. E tanto più di fronte alle profonde trasformazioni antropologiche in atto in un contesto storico e culturale sempre più plurale e contraddittorio. Ecco, allora, l'opportunità, proprio a Firenze, dove per primi "si imparò a dire la parola uomo con particolare intenzione" (Giovanni Paolo II), di provare a offrire un contributo di riflessione intorno all'idea di umanesimo. E di farlo a partire dall'eredità poetica e letteraria di Mario Luzi, uno dei grandi protagonisti della tradizione culturale fiorentina. Così, interrogarsi sull'umanesimo della poesia può significare - attraverso il contributo di alcuni tra i maggiori studiosi dell'opera di Mario Luzi, tornare a scoprire la poesia come cifra dell'umano: sforzo di portare alla parola, perfino in quella sperimentazione linguistica tanto cara a Luzi, il mistero della vita e così renderla veramente e pienamente umana.
La letteratura moderna pullula di sacerdoti o di religiosi, investiti di una missione preziosa. Il Vaticano II ha segnato uno spartiacque, un ripensamento del mistero teologico e della funzione sacramentale della Chiesa. Alla cura d'anime si è venuto ad associare il magistero delle beatitudini e il ministero della prossimità e della misericordia. Ma il Concilio, proclamando il "sacerdozio universale" di tutti i battezzati e dando risalto alla Chiesa anche in quanto "popolo di Dio", ha conferito al laicato cattolico un rilievo e una funzione all'interno delle comunità di fedeli, che nel corso dei secoli si erano andati eclissando. La narrativa registra anche questo significativo cambiamento, proponendo alcune emblematiche figure di laici impegnati, esemplarmente fedeli alle loro promesse battesimali. Testimoni dell'amore di Dio in un mondo divorato spesso dall'egoismo, dall'odio, dalla sfiducia, dall'abbrutimento, gli uni e gli altri, "chierici e laici", formano nel loro insieme una singolare linea di resistenza allo smarrimento dell'uomo contemporaneo e al venir meno, sul piano letterario della costruzione del personaggio, della figura dell'eroe.