Questo libro, al suo apparire nel 1924, s'inquadrava in un progetto di ricerca, intenzionalmente perseguito dall'autore come lotta contro il pregiudizio «razionalistico» di un medioevo privo di originalità filosofica, ma anche contro un certo conformismo neo-scolastico tendente a far confluire sulle posizioni tomistiche la varietà delle posizioni degli altri esponenti della tradizione scolastica. Lo scopo di Gilson era mostrare l'esistenza di un pensiero medievale degno del nome di filosofia, cioè di sapere fondato nell'evidenza della ragione, ma anche correggere, in nome della storia ridata a se stessa, una certa ideologia del medioevo filosofico-teologico che s'inibiva di cogliere tutta la ricchezza e la complessità della storia stessa di questa convivenza di teologia e filosofia per incanalarsi troppo rapidamente in una sorta di reductio diversarum doctrìnarum ad Thomam. Il primato di Tommaso, più che un «dogma» fondato su una venerabile tradizione di ammirazioni, doveva essere qualcosa da riscoprire nella circolarità tra il rigore storiografico e un impegno teoretico-dialettico di confronto.
L'opera di Weisheipl riappare qui ulteriormente aggiornata rispetto alla prima edizione italiana che già teneva conto di revisioni e di ritocchi successivi all'edizione americana. Il lavoro di Weisheipl rimane fondamentale: esso mette a disposizione di studiosi, ricercatori, ma, egualmente, del lettore interessato a una delle maggiori figure del Medioevo e del pensiero cristiano, un'inesauribile fonte di informazioni e di dati sulla sua personalità e sulla sua opera.
Questo saggio rappresenta un'ampia analisi dell'attività intellettuale di un uomo della fine dell'antichità, degli ideali che cercava di realizzare in essa, degli elementi a sua disposizione, degli studi compiuti nella sua formazione, degli scopi, dei metodi e delle tecniche, messi in atto per compiere una trasformazione in senso cristiano dell'intelligenza. In Agostino si trovano condensate e articolate una molteplicità di esperienze intellettuali: dalla complicità con i quadri dell'eloquenza e dell'erudizione antica, si passa alla dimensione di una ricerca metafisica che, abbandonando l'ingenuo gnosticismo manicheo, si inoltra nella speculazione più pura della ragione e verità cristiana. Senza rinunciare mai allo studium sapientiae, Agostino sente acutissima l'esigenza di una scienza specificamente cristiana subordinata all'intelligenza delle Scritture e in funzione di un insegnamento delle verità rivelate: nasce così la definizione di tutte quelle regole che stanno alla base dello sviluppo medievale della teologia.
Quella che qui è pubblicata è la sesta e ultima edizione de Le thomisme di Étienne Gilson, che segnò nel 1965, data di apparizione, il termine di un lungo percorso apertosi nel 1919 con la prima edizione. Tra le numerose monografie del filosofo e storico della filosofia francese, Le thomisme è senza dubbio quella che si può considerare il libro di una vita, una specie di viatico che si muove e si rinnova, anche molto sensibilmente, con gli anni che passano fi no ad esprimere nelle ultime edizioni insieme con la maturità di certe intuizioni giovanili anche autentiche prospettive di innovazione. Nell’assiduo lavoro di storico (non solo medievale) e di teoreta, Gilson si è sempre confrontato, anche quando il suo studio si incentrava su altri autori, altri aspetti o altri periodi, col pensiero avvincente e sicuro di Tommaso d’Aquino. Istruttivo soprattutto per i filosofi cristiani e particolarmente per quei neo-tomisti nel cui novero tuttavia Gilson faticava a riconoscersi. Egli infatti sottolineava che l’autentico «sistema» filosofico di Tommaso traeva significato e forza dal fatto storico che Tommaso fosse anzitutto “teologo”, fortemente motivato a far risplendere la verità della sua fede nella sua integralità. Ciò stimolò, per Gilson, il contemporaneo costituirsi di una grande e intensa teologia che non poteva non includere una grande filosofia, resa solida dalla duplice critica (interna) della ragione e (esterna) della fede, entrambe in grado di attraversare i secoli, e ancora disponibili nel presente, per il valore intrinseco della loro consistenza. Il neo-tomismo tendeva ad una valorizzazione invece della «filosofia» tomista a prescindere dal suo contesto genetico che è quello di un credente-teologo impegnato nel dirsi e nel dire la verità, la bontà, la bellezza della sua fede. Si contava sul risultato «filosofico» di Tommaso, ritenuto nel suo valore spendibile nel dialogo critico con la modernità, senza chiedersi – ciò che invece Gilson ha fatto fin dall’inizio senza temere le incomprensioni dei «razionalisti» – a cosa fosse dovuto. Gilson era convinto che nel medioevo si fossero elaborate una molteplicità di filosofie, nuove e originali per effetto della fede, di livello autenticamente filosofico e così diverse rispetto a quelle dell’antichità nate in un contesto storico in cui fu assente la fede cristiana e rispetto a quelle della modernità che per principio si distanziarono dal contesto teologico e dalle sue stimolazioni.
XIV e inizi del XV secolo
Volume sesto di Figure del pensiero Medievale
In coedizione con Città Nuova
Rilegato con sovracoperta
Testi di: J.Biard, I.Biffi, S.-T. Bonino, F.Buzzi, M.J.F.M.Hoenen, C.Marabelli, E.Reinhardt, F.Stella
Il primo volume di Figure del pensiero medievale, come recita il titolo, presenta «i fondamenti» e gli «inizi» della figura della teologia che verrà elaborata nella riflessione occidentale fino alla «Via moderna», ossia fino al XIV e agli inizi del XV secolo. Né si tratta soltanto degli inizi cronologici: i vari saggi editi nel volume delineano, infatti, gli inizi metodologici, in certo modo esemplari, che avviano e determinano la forma della teologia, quale verrà in seguito elaborata. Il capitolo introduttivo offre una sintesi della teologia medievale, con le sue fonti e i suoi riferimenti e processi fondamentali. Seguono poi i grandi modelli: Agostino, con la fede che genera l’“intelletto teologico”; Boezio, con le sue esemplari attuazioni o i suoi “opuscoli” della teologia risultante dall’investimento razionale della stessa fede; Gregorio, che resterà il geniale ispiratore della teologia come «intelligenza spirituale», come lettura di tutte le risorse dei significati biblici, destinati ad avverarsi come esperienza; lo Pseudo-Dionigi, il maestro della teologia come inesausta ricerca e desiderio di Dio come di inarrivabile trascendenza, e impossibilità di “possesso”, di là da ogni rappresentatività e simbolo; Isidoro di Siviglia, con il suo enciclopedismo, mirante alla visione il più possibile comprensiva della realtà della natura e della storia; Giovanni Scoto, il geniale “discepolo” dell’Areopagita, alle origini della sapienza medievale, uno dei quattro fondatori della scuola di Parigi, per il quale la theologia indica una forma di sapere, proprio dell’uomo e costruito per mezzo della ragione a partire dalla lettura del dato rivelato, avente direttamente come oggetto Dio e la realtà divina, risultante dall’insopprimibile desiderio di conoscenza che è il sentimento motore di ogni indagine filosofica, ma che in un teologo diventa desiderio di conoscenza di Dio, desiderio di rispondere a quell’amore che orienta l’universo intero verso la causa prima, nei vari modi e moti specifici di ciascuna creatura, e che nell’uomo si manifesta appunto nella conoscenza. Per Giovanni Scoto l’uomo è animal theologum, filosofo per natura, teologo per natura e per grazia. D’altronde, la teologia non si oppone alla poesia: ed ecco in questo volume dei fondamenti e degli inizi dal IV al IX secolo i frutti della poesia e della teologia. Abbiamo detto che il valore del volume è quello di porsi non tanto cronologicamente, quanto metodologicamente, oltre che contenutisticamente, al principio. Certo, le riflessioni dei secoli successivi non saranno puramente ripetitive, ma affatto creative, e tuttavia proprio questi primi saggi non cesseranno di esserne l’ispirazione.
Una ricerca sul metodo teologico negli anni che vanno dalla morte di San Tommaso d'Aquino (1274) all'insegnamento di Duns Scoto a parigi (inizi del '300), periodo in cui si assiste ad un rinnovamento dell'antico metodo teologico.
Una nuova storia del pensiero medievale fatta per figure, siano esse un autore, una scuola o un più complesso evento culturale. Una storia della teologia e della filosofia, così strettamente connesse nel Medioevo, che diviene una storia della cultura medievale. Fondamentale è il fatto di poter iniziare la lettura da qualsiasi capitolo, pur con davanti una precisa struttura cronologica e tematica. Il pensiero dell'Occidente medievale dal XII al XIV secolo produce una così vasta fioritura ed accelerazione di scuole, autori ed opere da costituire una stagione inesauribile per la storia del pensiero occidentale e dell'intera umanità, vista anche la capacità di dialogo ed assorbimento dei contributi arabi ed ebraici e la riapertura al mondo greco antico. Impensabile l'umanesimo senza tale fioritura, un umanesimo ormai coglibile più come frutto che come distacco dall'intelligere e dal sentire del Medioevo che lo precede.
I saggi qui presentati a cura di Inos Biffi e Costante Marabelli prendono in considerazione un tornante decisivo della storia del pensiero religioso e civile dell'Occidente, dominato dalle personalità di Erasmo da Rotterdam e di Martin Lutero. Essi continuano il percorso di indagine sui rapporti tra teologia cristiana e mondo moderno, avviato nel precedente volume "La teologia dal XV al XVII secolo. Metodi e prospettive" (2000) e teso a mostrare come le nuove preoccupazioni emergenti all'alba della modernità da una rinnovata sensibilità religiosa (tanto sui versanti riformati, quanto su quelli cattolici, del Vecchio e del Nuovo mondo) inducano la scienza teologica a profondi ripensamenti sui propri compiti e sul senso del suo potere di orientamento delle coscienze.