Umanesimo e digitalizzazione, due termini che fanno capo a realtà complesse e a prima vista discordanti: da un lato il millenario percorso di scoperta da parte dell'uomo delle proprie risorse spirituali e cognitive, consolidatosi nell'autoconsapevolezza della propria specificità, dall'altro una rivoluzione tecnologica - opera anch'essa umana - che incide a tal punto sulle coordinate spazio-temporali dell'esperienza naturale da sovvertire l'umana autocoscienza e la percezione della realtà nel suo complesso. Se pure così distanti, umanesimo e digitalizzazione sembrano oggi avanzare un'incalzante pretesa di complementarità. Il sintomo più evidente, ma non certo l'unico, di questo processo in atto sono i nuovi percorsi disciplinari compresi nelle Digital Humanities e addirittura il formarsi di una nuova disciplina, il cui nome - Informatica umanistica - non lascia dubbi circa l'ordine di priorità fra i due termini. Ma in base a quali criteri tale priorità andrebbe accertata? Se uno dei tratti distintivi dell'umanesimo consiste nel far precedere la prassi da adeguata riflessione, allora è molto importante riflettere sia sulle implicanze della nuova simbiosi sia sulle sue diverse applicazioni. I contributi raccolti nel presente volume, affidati a studiosi di fama internazionale, intendono offrire un agile strumento non solo per orientarsi fra le applicazioni più significative della digitalizzazione nell'ambito delle discipline umanistiche, ma anche per formarsi un'opinione più circostanziata su un fenomeno sociale già ampiamente diffuso ma dai contorni ancora vaghi.
Una pluralità di indagini e di metodi convergono sulla coppia di concetti Dio e Divino, considerati in un ampio spazio temporale che va dal mondo antico al Medioevo fino alla contemporaneità. Il primo tema messo in luce è la definizione del divino, nella filosofia greca classica, nell'età imperiale e nel XX secolo, qui riconsiderando la natura di "dio provvidente" alla luce della tragedia umana della Seconda guerra mondiale e dell'olocausto. In seconda istanza, il discorso si rivolge alla questione del finalismo: questo tema, connesso a quello della provvidenza, è investigato sotto molteplici punti di vista e costituisce il baricentro dell'opera. In quest'ambito si colloca il problema del male in una prospettiva universale e metafisica, cioè nell'opposizione fra assoluto e relativo, umano e divino, sensibile e soprasensibile. Il bilancio teoretico di questa ricerca si traduce nel riconoscere alla metafisica non solo la competenza su un vasto repertorio di ambiti (protologia, eziologia, ontologia, ousiologia, teologia), ma anche lo studio specifico della sostanza e di ciò che dipende da essa, al fine di esprimere in maniera fondata quanto può essere assunto come fondamento di altro secondo una visione gerarchica di tutto ciò che esiste. Il volume raccoglie gli Atti del Convegno "Il divino e l'ordine del mondo: una polarità ricorrente. Minima Metaphysica" tenuto presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano il 5-7 novembre 2012.
La tradizione esegetica ha riservato una grande considerazione alle prime due "Critiche" di Kant, per la loro importanza in ambito conoscitivo e pratico, per la loro incidenza e ripresa nella filosofia contemporanea. Solo ultimamente la "Critica del giudizio" (1790) è apparsa in tutta la sua importanza come il coronamento del sistema kantiano del sapere, che raggiunge, proprio nella scansione e nella connessione della trilogia, la sua completa organicità. In quest'opera Kant ha scoperto il fondamento dell'esperienza estetica e del finalismo della natura e ha raggiunto l'unità della filosofia, evidenziando l'articolazione tra ragione teoretica e ragione pratica, tra il conoscere e il desiderare, tra le grandi idee del soprasensibile e la libertà. Con l'aggiunta della prima introduzione alla "Critica del giudizio".