Un'esposizione critica del pensiero di Wittgenstein può difficilmente essere organizzata 'per libri'. Egli pubblicò un solo libro e la produzione successiva al 1929 è un unico grande work in progress. Ma non è facile nemmeno organizzarla 'per temi', dato che non abbiamo a che fare con un pensatore sistematico o comunque orientato a disporre i suoi pensieri secondo partizioni tradizionali - logica, metafisica, etica, filosofia di questo e di quello. L'articolazione che si è scelta ha lo scopo di dare autonomia e unità ai singoli contributi, illuminando al tempo stesso la maggior parte degli argomenti della riflessione di Wittgenstein.
Sul finire del Seicento l'Inghilterra attraversava forse il suo periodo più confuso e sanguinoso: le lotte fra papisti e puritani dilaniavano il paese fin nelle più alte cariche dello Stato. In questo clima di terrore e diffidenza, quando lo scontro fra la pluralità delle confessioni post-riformiste era all'ordine del giorno e il re cattolico Giacomo II imponeva la sua religione negli uffici pubblici, nell'esercito e nella flotta, si innesta e si sviluppa la riflessione di Locke attorno alla tolleranza. Come nelle leggi della fisica, che proprio allora muoveva i suoi pruni passi in Inghilterra, tanta violenza civile contribuì a innescare nel pensiero del filosofo una reazione uguale e contraria. Per Locke, infatti, non bisogna limitarsi ad applicare la tolleranza in ambito religioso e morale, ma anzi considerarla soprattutto un concetto politico, una soluzione storica: la storia della tolleranza è prima di tutto la storia della definizione del rapporto fra Stato e Chiese. Se la religione cattolica ha immediate ricadute sul comportamento civile dei suoi fedeli, la tolleranza assume invece le caratteristiche di un efficace metodo di governo, un mezzo attraverso cui perseguire la sicurezza dello Stato e la prosperità della società. Locke si batté per la tolleranza religiosa per oltre quarant'anni, dal 1667 fino alla sua morte. I suoi scritti furono di immediata ispirazione per l'evoluzione del dibattito europeo, in quegli stessi anni ma non solo: ben presto il continente avrebbe conosciuto il secolo dei lumi.
Quattro compagni di treno occasionali parlano di stregoneria e scienza, della verità, della differenza tra credere, sapere ed essere certi di qualcosa, dei valori morali e del loro ruolo nelle nostre decisioni, e di molte altre cose. Soprattutto - è questo il filo dell'intero dialogo - parlano del relativismo, di cui uno di loro, Zac, è un convinto difensore. Secondo Zac, in caso di dissenso ("io ho ragione, tu sbagli") è sempre questione di punti di vista: ciascuno dei contendenti può aver ragione dal proprio punto di vista. Se il relativismo uscirà malconcio dalla discussione, persino nei casi in cui sembrerebbe a prima vista del tutto plausibile, quella che emerge con forza è l'utilità della filosofia nella vita delle persone.
Le osservazioni raccolte in questo volume costituiscono un insieme di riflessioni sulla natura e sul metodo della filosofia. L'immagine del lavoro del filosofo che si ricava da queste pagine è quella di un "lavoro su di sé", in cui le difficoltà da superare concernono non l'intelletto, ma la volontà e i sentimenti. La filosofia è un tentativo di resistere alle seduzioni del linguaggio, di non seguire le sue false piste, che da sempre tutti sono indottii a percorrere. La soluzione di un problema filosofico, quando la si trova, è banale. Eppure il cammino per arrivare alla soluzione non è così semplice e richiede una grammatica e soprattutto un metodo.