
Come vivono il proprio ruolo lavorativo i professionisti del sociale in Italia? Quali competenze sono necessarie effettivamente per chi lavora nell'ambito dell'assistenza sociale? Quali aspettative per il futuro hanno educatori, operatori socio-sanitari, mediatori culturali e assistenti familiari? A queste e a tante altre domande cerca di rispondere la più esaustiva e ampia ricerca sulle professioni sociali svolta in Italia negli ultimi decenni. Lo studio è stato promosso dal Ministero del Welfare ed è stato svolto da studiosi e ricercatori dell'Università Ca' Foscari di Venezia, l'Università di Verona e L'Università di Bologna in collaborazione con le Regioni interessate. Attraverso metodologie qualitative e quantitative sono stati ascoltati migliaia di lavoratori del sociale. Le informazioni ottenute coprono vari aspetti: la soddisfazione per il proprio lavoro, le modalità di reclutamento, i rapporti con i colleghi e con gli assistiti, i fabbisogni formativi, lo stress, le richieste rivolte alle istituzioni, nonché e il contributo di conoscenza che questi operatori ed educatori possono fornire alla governance socio-sanitaria. Inoltre, sono stati analizzati e comparati i sistemi informativi dei servizi e delle professioni/occupazioni sociali della varie regioni italiane. Il risultato complessivo è un quadro aggiornato, profondo ed esauriente del welfare sociale italiano e dei suoi protagonisti.
Per effetto della perdurante crisi economica, le parole "equità" e "giustizia sociale" appaiono con sempre maggiore frequenza all'interno del dibattito pubblico. Ci si interroga su dove tagliare, a chi imporre più sacrifici, su quali settori investire per recuperare produttività e benessere. Ma quali principi si debbono adottare per fare queste scelte? L'intento di questo volume è dunque quello di stimolare analisi sociologiche della realtà attraverso i più importanti concetti connessi allo studio dell'equità e della giustizia sociale: sicurezza, benessere, politica della differenza, multiculturalismo, riconoscimento, capabilities, violenza strutturale, codici sistemici, democrazia deliberativa, virtù. Per questo, vengono presentate in modo limpido e rigoroso le principali teorie sulla giustizia sociale di autori che sono considerati dei capisaldi. Dei "classici", come Rawls, Habermas o Sen, ma anche degli autori abbastanza trascurati in Italia come Luhmann, o trascuratissimi come Farmer, senza dimenticare il pensiero di Nussbaum, Taylor, MacIntyre e Honneth. Autori da criticare, ma imprescindibili per chiunque voglia intraprendere un percorso di studio lungo queste dimensioni.
Un bambino molto vivace e rumoroso è un bambino malato? Sentirsi un po' in imbarazzo quando si conoscono persone nuove è sintomo di depressione? Alternare giorni gioiosi ad altri nei quali si è più riflessivi significa essere bipolari? Il seno piccolo deve essere "curato"? A settanta anni si dovrebbe avere la sessualità di un ventenne? Per concentrarci meglio dovremmo comprarci delle amfetamine? In molti Paesi ricchi, in special modo gli Stati Uniti, si assiste ad una crescente medicalizzazione della vita quotidiana. Alcune condizioni umane, una volta assunte come normali, ora sono considerate patologiche. Inoltre, in molti Paesi occidentali, si registra un incredibile aumento dei disturbi mentali (quali l'ansia sociale, l'ADHD, la depressione, il disturbo bipolare) che induce sospetti circa i criteri diagnostici adottati. Ci sono anche le malattie "oggettive": i livelli al di sopra dei quali le persone vengono diagnosticate a rischio di ipertensione e colesterolo sono stati abbassati. Per questo, aumentano i "pre-malati" (medicalizzazione della prevenzione). La possibilità di intervenire a livello genetico, inoltre, contribuisce ad offuscare i confini tra normale e patologico. Questo volume, ricco di autori di diverse nazionalità, cerca di rispondere, in termini sociologici, ai principali interrogativi che emergono dalla crescente medicalizzazione della vita.