Durante la sua permanenza a Ravenna il Sommo Poeta visitò certamente le splendide basiliche bizantine traendo ispirazione dai loro mosaici.
Fu Giovanni Pascoli a suggerire la rilevanza dell’arte di Ravenna come fonte ispiratrice dell’ultima cantica della Commedia.
Dante è un attento osservatore di ogni forma d’arte, disegnatore lui stesso e necessariamente sensibile rispetto a quel ricco repertorio di immagini fortemente evocative, che per lui ebbero la medesima influenza di una fonte scritta. A Ravenna il poeta esule non trovò soltanto un rifugio tranquillo. Nelle basiliche del V e VI secolo, che si elevavano ancora nobili e preziose, splendevano mosaici dal forte contenuto simbolico. Erano immagini concise e luminose, smaterializzate e prive di tutti quegli elementi sensuali che potevano in qualche maniera ostacolare l’espressione della trascendenza e della spiritualità.
Questa mostra aiuta a comprendere come quell’universo di simboli e trionfi, occultato dall’umile mattone dei monumenti di Ravenna, occupi un ruolo non episodico ma sostanziale nella Commedia come fonte ispiratrice di immagini sublimi dal Paradiso terrestre sino all’Empireo.
Quando, ai primi dell’Ottocento, il processo di autonomia dell’arte giunge a compimento, le opere cominciano a essere ritenute il “luogo” nel quale essa deve trovare la propria ragion d’essere, nonostante la si concepisca come assoluta e mai pienamente realizzabile. Sulla scia del celebre racconto di Balzac Il capolavoro sconosciuto, Belting conia l’immagine del “capolavoro invisibile” per designare e descrivere questo ideale irraggiungibile. Servendosi di tale immagine, l’autore scandaglia e decostruisce alcuni punti nodali delle vicende artistiche occidentali otto-novecentesche, in un racconto nel quale emerge che la corrispondenza tra l’arte come idea e l’opera come suo inveramento ha assunto una connotazione utopica.
Quel pensiero non sarebbe venuto alla sua luce, o alla sua ombra, senza essere provocato da quella immagine, che diviene essa stessa sintesi sensibile di una dimensione dell'umano. Da Mantegna a Kiefer, una sequenza di incontri ravvicinati e rischiosi con icone irrinunciabili della nostra civiltà.
Nell'immaginario europeo, una dozzina di animali giocano un ruolo più importante degli altri. Il lupo è uno di quelli. Occupa questo posto d'onore già nelle prime mitologie, dalla lupa di Romolo e Remo al gigantesco lupo Fenrir della mitologia norrena, divoratore del dio Odino e distruttore del Pantheon nordico, fino alle metamorfosi dei licantropi. A partire dal Medio Evo però la paura dei lupi comincia a declinare. I bestiari, i libri di favole e i cartoni animati moderni trasformano il grande lupo cattivo in un animale che non fa più paura a nessuno, un animale da burlesque, perseguitato dai cacciatori. Ma il lupo non smette di essere cacciatore selvaggio: documenti d'archivio, cronache, folklore... non solo attacca le greggi ma divora anche donne e bambini. Lo strano caso della bestia di Gevaudan nel 1760 è emblematica di questa paura nelle campagne. Sono i toponimi, i proverbi e qualche leggenda a preservare la memoria di questa bestia selvaggia e crudele così a lungo temuta.
Di che cosa ci parlano i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer? Che cosa additano, se non il fallimento di una modernità che ha ormai perduto la sua energia di Età nuova per eccellenza? Edifici solidi e pericolanti ad un tempo, quelle torri sembrano riflettere un'ansia arcaica nel rimandarci l'immagine della nostra epoca, alle prese con la sua forza distruttiva, con il terrore che la dilania e la frustra. La molteplicità di immagini senza misura che oggi popola il mondo produce sconcerto e disorientamento, ma proprio in un tale semi-barbaro proliferare di immagini - sembra dirci Kiefer - possiamo scoprire la traccia di nuove risorse simboliche, o forse addirittura una chance di salvezza.
Questa originale introduzione alla storia della Cina ci permette di scoprire per intero il susseguirsi degli avvenimenti del paese dal Neolitico a oggi attraverso la vivida illustrazione di oggetti d'arte e della quotidianità. Diviso in sei capitoli cronologici, il volume connette dettagliatamente la Cina contemporanea con il suo glorioso passato, facendo dialogare l'arte e i manufatti con le persone e i luoghi, e corredando il racconto con 600 splendide illustrazioni.
Dai primi resti archeologici, attraverso lo sviluppo della scrittura e dello stato e l'avvento dell'impero, l'autrice illustra settemila anni di trasformazioni di questa grande civiltà, offrendo al lettore numerose e originali intuizioni storiche e dando risalto a un numero impressionante di tesori culturali, anche molto diversi tra loro: vasi e porcellane, giade e bronzi, abiti, gioielli, arredi, pitture e calligrafie; per occuparsi infine della recente vitalità della cultura cinese.
Un libro stimolante e affascinante, ricco di informazioni per chiunque sia interessato a una delle più grandi e influenti nazioni del mondo.
Non c'è stata alcuna "fine della storia", nessuna affermazione globale della democrazia liberale. Piuttosto, assistiamo a una grande regressione. Mentre lavoro, ricchezza e stabilità si assottigliano pericolosamente nelle società occidentali, la retorica della sicurezza prende il posto della rivendicazione dei diritti umani e civili e i principi di cooperazione transnazionale sono sostituiti da violenti appelli per il rafforzamento della sovranità degli stati, come "Make America Great Again!" e "Les Français d'abord!". I flussi migratori diretti verso i paesi dell'Unione europea aumentano giorno dopo giorno. La crisi economica, forse, non è mai finita. E improvvisamente ci troviamo di fronte alla necessità di misurarci con alcuni fenomeni che credevamo appartenere a un'epoca passata: l'ascesa di partiti nazionalisti come il Front National francese, l'imporsi di una demagogia come quella impersonata da Donald Trump, le tendenze autoritarie che attraversano l'Europa centrale e orientale, un'ondata di xenofobia e odio, la brutalizzazione del discorso pubblico, l'inversione protezionistica della Brexit. Di fronte a questi fenomeni dobbiamo prendere atto che tutti gli strumenti che consideravamo efficienti per affrontare le crisi si sono esauriti. È questa la denuncia di quindici grandi intellettuali da tutto il mondo, da Bauman a Zizek, da Arjun Appadurai a Paul Mason, che ragionano insieme per scoprire e analizzare le radici di questa involuzione, e cercano di inserirla nel suo contesto storico, di tracciare gli scenari possibili e di ideare le strategie per contrastare le tendenze inquietanti che stanno dando forma a un mondo nel quale non vogliamo vivere. Quindici voci diverse e autorevoli, riunite per la prima volta in un libro che fornisce le coordinate necessarie per orientarsi nel nostro tempo.
In questo saggio che diventa un romanzo, Caroli dialoga con un'amica di lunga data accompagnandola per quindici weekend e mezzo alla scoperta di grandi artisti, monumenti universalmente noti e gioielli nascosti (scelti dopo una oculatissima scrematura) nei luoghi nevralgici dell'arte italiana. Passeggiando per le vie dei centri storici o raggiungendo musei fuoriporta, ci presenta in un racconto ricco di immagini protagonisti come Andrea Mantegna, che si può incontrare nella basilica di Sant'Andrea, a Mantova, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto forma di un busto scolpito posto nella Cappella funeraria, e promette: "Si innamorerà dello sguardo lontano di chi vede la grandezza del passato, e subito dopo ne percepisce la caducità e la cenere, e non può che rifugiarsi nella melanconia, e dar vita, con quella, agli unici antidoti concessi agli umani, che sono l'arte e la bellezza". A Venezia, dopo una sosta allo storico Harry's Bar, ci propone l'incontro con Giovanni Bellini alle Gallerie dell'Accademia: "La linea belliniana incontra la linea introspettiva dell'arte occidentale, con una carta in più, risolutiva: la luce come elemento realistico, drammatico e drammatizzante". Ai grandi artisti e alle loro imprescindibili opere affianca aneddoti poco noti, come l'importanza della Cascina Pozzobonelli di Milano, senza la quale il Castello Sforzesco non sarebbe come lo vediamo oggi. Un graffito presente nel portico mostra infatti l'aspetto originario del castello, con la Torre del Filarete, crollata nel 1521: fu su questa immagine che l'architetto Luca Beltrami si basò per ricostruire la torre fra il 1892 e il 1905. Un percorso nella storia dell'arte che si fa via via racconto personale: "Ricordi quando io ero poco più che un ragazzo, e tu mi sgridavi perché - a tuo dire - perdevo tempo con gli artisti, invece di occuparmi di te?". Oggi le opere di alcuni di quegli artisti, gli avanguardisti degli anni Sessanta appartenenti alla corrente dell'Arte Povera, sono raccolte al Castello di Rivoli, cui dedicare un ultimo, mezzo weekend: "Incontrerai le grandi metafore insite nell'occupazione dello spazio: metafore legate al naufragio della civiltà classica in fannis Kounellis; metafore della socialità in Luciano Fabro; metafore dell'infinita ambiguità dei linguaggi che generano l'immagine figurativa in Giulio Paolini". La felice penna di Flavio Caroli ci indica la via per comprendere appieno il patrimonio artistico italiano, nella convinzione che i capolavori sono il riassunto dei pensieri più profondi di un'epoca storica, e costituiscono "l'apertura visionaria verso il tempo che verrà".
Si potrebbe dire di Medea ciò che dice Omero della nave Argo su cui essa ha viaggiato: è stata «raccontata da tutti». Tutti però l'hanno raccontata in modo differente. Nessuna delle più di quattrocento riletture letterarie, operistiche, cinematografiche, pittoriche ne ha restituito l'immagine completa e definitiva. Il suo nome è associato per sempre a un gesto inconcepibile - il figlicidio - ma Medea non ha una sola dimensione: è umana, ma è depositaria di saperi e poteri che trascendono quelli umani; è una donna, ma è più virile di tanti uomini; è passionale, ma non perde mai la sua lucidità; è una barbara, ma tiene testa a quanti passano per civilizzati, è portatrice di una cultura arcaica ma è emancipata più di qualunque donna greca, è una carnefice ma anche una vittima. Il suo segno è l'ambiguità. Medea incarna il diverso; compendia tutto ciò che è sospetto, inquietante, repulsivo, inaccettabile, e proprio per questo ci interpella sulla nostra capacità di includere nel nostro quotidiano ciò che non ci appare immediatamente omologabile. È una profuga che viene respinta da una nazione dopo l'altra e che uccide i figli forse anche volendo scongiurare loro una vita di vagabondaggio e di umiliazioni. Il destino di quest'antica migrante tocca nell'Europa di oggi dei nervi scoperti. Quando rivendica i suoi diritti di donna e di madre o quello di rimanere fedele alla sua cultura d'origine proviamo simpatia per lei; ma quando si spoglia della sua umanità per consegnarsi a un'alterità assoluta e insondabile non siamo più disposti a immedesimarci in lei. Trasferire, in tutto o in parte, sulle spalle degli 'altri' - ossia le nostre -le colpe di Medea equivale ad ammettere che Medea non è poi cosi 'altra'. Serve a esorcizzare il pensiero disturbante che Medea è, o potrebbe essere, una parte oscura di noi stessi. Del resto, le cronache di tutti i giorni ci dicono che le madri assassine non esistono solo nel mito, ma sono attorno a noi.
Il pictorial turn è la “svolta” epistemologica che pone lo studio delle immagini sullo stesso piano di quello del linguaggio. Il libro, in una nuova edizione completamente rivista e aggiornata, presenta al pubblico italiano i testi più rappresentativi di uno dei massimi protagonisti dei visual studies contemporanei. A fronte di una raffinata elaborazione teorica, l’autore non perde mai di vista il significato che le immagini hanno per la cultura contemporanea.
I saggi qui raccolti pongono le basi di una “scienza delle immagini” che possa dialogare con le discipline tradizionali della storia dell’arte, della semiotica visiva e dell’estetica.
Il viaggio di un curioso attraverso alcuni momenti della storia, dell'arte e del carattere del nostro paese. Philippe Daverio ci offre un'originale chiave di lettura dell'italia e degli italiani di oggi.
Per quale motivo gli italiani sono così diversi dai cittadini d’oltralpe?
Con questa “autobiografia di un alsaziano che riscopre le proprie origini lombarde”, Philippe Daverio cerca di spiegare il nostro Paese a tutti gli stranieri che ci osservano stupiti, ma anche − soprattutto − a molti italiani. Ci racconta così di come le lotte intestine fra guelfi e ghibellini, la presenza del Papato, la frequenza dei terremoti hanno dato forma alla nostra mente e al territorio, di come il Sud si senta l'”ombelico del mondo” e di come i Savoia sono diventati re d’Italia. Attraverso i suoi occhiali di cittadino europeo per nascita e per vocazione, l’autore spiega inoltre tramite dicotomie le peculiarità e le differenze fra l’Italia e il resto del continente, ad esempio i concetti di “principe” e di “re” o di “campanile” e di “Heimat”. Un’indagine da “antropologo culturale”, divertente e piena di spunti inediti, che, anche attraverso le immagini, parte dalla storia e dalla storia dell’arte per rileggere la realtà di oggi e analizzare vizi e virtù del nostro Paese.
Che cosa significa essere artisti oggi? È una forma particolare di imprenditorialità o una vocazione quasi religiosa? È un modo di fare filosofia o di fare intrattenimento? Nei tre atti che lo compongono - fittamente interconnessi ma distinti, intitolati rispettivamente alla politica, alle affinità, al mestiere - questo libro mette a confronto le differenti risposte che si possono dare a una semplice domanda: che cos'è un artista? Basandosi su centinaia di incontri di persona con alcuni dei più importanti artisti a livello internazionale, cerca di spiegare che cosa voglia dire produrre opere d'arte ai nostri giorni nel mondo. Grazie alla guida dell'autrice, abbiamo accesso in modo inedito alle vite degli artisti, attraverso le chat di tarda notte via Skype con Ai Weiwei o le corse in taxi con Maurizio Cattelan per andare e tornare dalla mostra intitolata alla sua morte. Seguiamo Thornton mentre investiga le psicologie, le personalità, le convinzioni politiche, le reti sociali degli artisti, mentre ne scandaglia gli studi, le case e le esposizioni personali, ponendo domande su tutto ciò che li riguarda, dai conti in banca alle camere da letto, e facendo da testimone di un'idea che nasce o di opere che prendono forma, di crisi e trionfi dei protagonisti. Ne risulta una serie di vividi quadri, legati in una narrazione rivelatoria nel giustapporre le diverse risposte, e non risposte, date alla domanda "che cos'è un artista?".