Con la propensione all'ascolto, originariamente determinata da un difetto visivo, don Marzio è il prototipo di quei frequentatori di caffè che sanno di questo e di quello, che raccolgono notizie dalla voce degli altri e dalle gazzette per farsene portavoce, senza la cura di controllarle e di verificarne la fondatezza, mescolando verità e invenzione. Nella bottega del caffè si nasconde una vena scientifico-filosofica caratteristica del diciottesimo secolo e non manca quel doppio livello di lettura, quell'aspetto metateatrale che più volte si ritrova nel Goldoni.
Tartufo ha saputo conquistare, con la sua falsità, Orgon e Madame Pernelle, sua madre. Elmire, moglie di Orgon, ne ha invece riconosciuto l'ipocrisia così come il figlio Damis che viene addirittura cacciato di casa quando rivela che Tartufo ha cercato di sedurre Elmire. Orgon vorrebbe invece dargli in moglie la figlia e gli fa donazione dei suoi beni. Infine Elmire convince il marito ad assistere, non visto, ad un suo colloquio con Tartufo in cui lei fingerà di corrispondere alla sua passione. Orgon scoprirà così la vera natura del suo protetto. Scoperto, Tartufo cerca di impadronirsi dei beni di Orgon, riconosciuto dalla giustizia, da cui era ricercato da tempo, viene arrestato.
Commedia in tre atti, in prosa, scritta in dialetto veneziano e chioggiotto. La scena è in Chioggia e i protagonisti sono dei pescatori con le loro famiglie. Lucietta, Checca e Orsetta litigano perché Toffolo Marmottina ha fatto un po' di corte a Lucietta, fidanzata di Titta Nane, per far ingelosire la scorbutica Checca. Al ritorno degli uomini dalla pesca, qualche parola lanciata dalle donne è causa della rottura tra Lucietta e Titta Nane e di una baruffa tra Toffolo e Beppo, fidanzato di Orsetta. Finiscono tutti in tribunale, ma Isidoro, coadiutore del cancelliere, riconcilia Lucietta e Titta Nane, Beppo e Orsetta e dà la dote a Checca che sposa Toffolo.