Casina è una trovatella allevata da Cleostrata, di cui il marito e il figlio si contendono i favori. I due vorrebbero che Casina sposasse uomini di loro fiducia per poter poi approfittare in santa pace delle sue grazie. Cleostrata pone la questione in sorteggio e il marito è il favorito dalla sorte. La donna però fa in modo che il marito e l'intendente, da lui proposto come sposo della ragazza, prendano un sacco di legnate. Casina finisce con lo sposare il giovane che lei amava, dopo essersi scoperta libera e non schiava.
Nel luglio 1845 Henry Thoreau, a ventotto anni, lascia la sua città natale e va a vivere sulle rive del lago Walden, in una capanna da lui stesso costruita, e vi rimane oltre due anni. Nella quiete dei boschi coltiva il suo orto, legge, osserva gli animali, passeggia nella natura o fino a qualche villaggio vicino, scrive, fa piccoli lavori in casa, nuota. Thoreau vuole "marciare al suono di un tamburo diverso" e cerca la libertà immergendosi nei ritmi della natura. Testo seminale della consapevolezza ambientalista e caposaldo della controcultura americana, "Walden" è il resoconto autobiografico di questo esperimento di vita solitaria, la cronaca quotidiana di un ritorno alla semplicità, una dichiarazione d'indipendenza dalla pochezza morale di una società dedita all'accumulazione di ricchezza.
Le "Vite di Arato e di Artasers"e sono tra le Vite meno note agli studiosi e al pubblico. In quella di Arato, Plutarco studia l'ultimo riflesso dell'epoca eroica dell'Ellade : il momento in cui parve che fosse ancora possibile la libertà della Grecia, la concordia tra le città in un disegno comune. In quella di Artaserse, Plutarco svela la propria passione per l'immensità dell'Oriente: una sacralità, una sfrenatezza, un delirio di grandezza, un desiderio dell'illimitato, che egli sentiva opposti alla "misura" della tradizione greca. Le informazioni che ne traiamo costituiscono la nostra fonte più preziosa sulla regalità sacra nell'Iran: il nome del sovrano persiano, associato al sole; il re dal volto così sfolgorante, che i mortali non riescono a sopportarne la vista; lo splendore luminoso che attraversa i mondi e si concentra sul capo di Dario e di Serse... Domenica Paola Orsi ha commentato questi testi con una sicura competenza, senza arretrare davanti ai difficili problemi posti dalla civiltà persiana.
Indice - Sommario
Introduzione
Abbreviazioni bibliografiche
TESTO E TRADUZIONE
Sigla
La vita di Arato
La vite di Artaserse
COMMENTO
La vita di Arato
La vite di Artaserse
APPENDICE
Nota al testo
Indice dei nomi
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
I. La "Vita di Arato", I. Fonti. Plutarco ne nomina tre: Arato, autore di Memorie, Filarco e Polibio, autori di Storie. E opinione comune che la Vita di Arato derivi in grandissima parte dalle Memorie di Arato fino al capitolo 46; Plutarco ha poi utilizzato come fonte Polibio per gli ultimi capitoli della Vita.
a) Arato. Delle Memorie è rimasto molto poco: Felix Jacoby registra solo sei frammenti, tratti dalle Vite plutarchee di Agide, di Cleomene e di Arato. Polibio fornisce utili notizie; dichiara di voler continuare le Memorie e da inizio alla narrazione delle vicende di Grecia con il libro IV, illustrando gli eventi del 221 a.C. che provocarono lo scoppio della "guerra degli alleati" (220-217 a.C.). Le Memorie di Arato, dunque, giungevano sino alla conclusione della guerra cleomenica (battaglia di Sellasia nel 222 a.C.). Polibio informa pure di aver scelto, come fonte per gli eventi precedenti il 221, proprio le Memorie di Arato perché le giudica veritiere e, in particolare, di averle utilizzate per il racconto della guerra cleomenica: "poiché fra gli scrittori contemporanei ad Arato gode di credito presso taluni Filarco, il quale in molti punti è di opinione contraria rispetto ad Arato e lo contraddice, sarebbe utile, o piuttosto necessario, "a noi che abbiamo deciso di seguire Arato per la narrazione della guerra cleomenica", spiegare questa scelta, affinché non si consenta che il falso abbia forza uguale alla verità nelle opere storiche". E proprio mentre sta narrando la guerra cleomenica, Polibio fornisce un'altra informazione preziosa. Arato decide di avviare trattative con Antigono Dosone in vista di una alleanza fra Achei e Macedoni contro Sparta, ma ritiene opportuno agire di nascosto; egli "era costretto a dire e a fare in pubblico molte cose contrarie alla sua opinione... per questo non ha trascritto taluni di questi fatti neppure nelle Memorie". Le Memorie di Arato, dunque, se da un lato erano, a giudizio di Polibio, veritiere (e per questo Polibio le preferiva alle Storie di Filarco), dall'altro erano volutamente incomplete e Polibio integra ciò che in esse mancava.
Nella Vita di Arato la prima menzione delle Memorie figura a 3,3: è opera non rifinita perché Arato l'ha scritta in fretta e con le prime parole che capitavano. Sebbene sia opinione comune che la "Vita di Arato" fino al capitolo 46 (cioè, fino alla fine della guerra cleomenica) derivi in larga parte dalle Memorie, sono in realtà scarsissimi i frammenti che possono con sicurezza essere loro attribuiti. Per quanto siano pochissimi e facciano riferimento ad eventi diversi, è possibile individuare una tendenza che li accomuna. Procediamo ad un rapido esame.
1. Poiché gli Etoli si accingono ad invadere il Peloponneso (241 a.C.), si riuniscono contro di loro gli eserciti acheo e spartano. Agide, re di Sparta, esorta alla lotta, ma Arato impedisce lo scontro e consente agli Etoli di passare; per questo è fatto segno di ingiurie e di biasimo. Nella "Vita di Agide" Plutarco racconta il medesimo episodio, ma riferisce l'opinione di Batone di Sinope secondo il quale non fu Arato ma Agide ad impedire lo scontro. Plutarco smentisce Batone che non ha letto quanto lo stesso Arato ha scritto in proposito "difendendo" l'opportunità della sua scelta (cioè di non combattere).
2. Arato si impegnò a lungo nella liberazione di Atene; una volta assalì il Pireo mentre erano in vigore accordi di pace e venne accusato dagli Achei. Nelle Memorie, nega la sua personale responsabilità e accusa Ergine, ma, aggiunge Plutarco, la sua difesa non pare convincente.
3. Plutarco biasima la decisione di Arato di chiamare in aiuto contro Cleomene il re di Macedonia Antigono Dosone e non accetta la sua giustificazione (evidentemente nelle Memorie). Arato - scrive Plutarco - non risparmia parole "difendendo" la necessità del ricorso ad Antigono.
Un aspetto che caratterizzava le Memorie era, dunque, la tendenza (o, forse, la necessità) da parte di Arato a "difendersi" da accuse che gli venivano rivolte; la sua difesa era, a volte, una accusa. Lo si è visto: si difende dall'accusa di aver assalito il Pireo in tempo di pace, accusando Ergine; l'accusa più grave che rivolgeva a Cleomene era di volere l'eliminazione della ricchezza e il risanamento della povertà; possiamo ritenere con una certa sicurezza che Arato rivolgeva a Cleomene l'accusa di agire nell'illegalità e da tiranno. Sembra, perciò, che le Memorie non fossero opera dal tono neutrale e distaccato: pare che fossero piuttosto un'opera nella quale vi era un intreccio di accuse e di difese, e si rifletteva la vivacità della vita politica del loro autore. Esse appaiono politicamente orientale, velinamente incomplete e strumento di autogiustificazione.
Questo libro è una testimonianza decisiva dello scontro dottrinale fra Pagani e Cristiani.
Se per Ovidio l'amore è un gioco dei sensi, se per Tibullo è un sentimento sommesso e delicato, per Properzio è invece una forza imprevedibile, senza limite né misura, che si abbatte sulla sua anima con furia implacabile. La poesia che canta questo amore è colta, raffinata, ricca di suggestioni metaforiche e mitiche frutto di una grande ricercatezza linguistica. E in questi accenti, in questi scorci di infinita passione, che ispirarono anche Goethe e Pound, il lettore moderno ritrova una voce sorprendentemente vicina alla sua sensibilità. L'introduzione di Paolo Fedeli, il più noto specialista di Properzio, ripercorre i quattro libri delle "Elegie" nei diversi temi e generi, alla ricerca dei motivi che portarono l'autore all'elezione di un ideale di vita elegiaco, tra negazione dell'attività politica e il rifiuto di una vita familiare, i rapporti con la propaganda augustea, e la ricezione dei grandi contemporanei. La fedele traduzione di Luca Canali è accompagnata da un ampio commento di Riccardo Scarcia.
Plutarco dichiara, all'inizio della Vita di Alessandro, di non voler scrivere storia, ma vite. Al centro della narrazione infatti non ci sono mai la situazione o gli eventi, ma i personaggi con il loro carattere, i loro vizi e le loro virtù. E nessuno poteva rappresentare quella commistione di grandezza e bassezza, di bene e di male di cui è fatto l'Uomo meglio dei due più celebri condottieri dell'antichità e forse della storia: Alessandro Magno e Caio Giulio Cesare. Domenico Magnino e Antonio La Penna ricostruiscono nei saggi introduttivi il metodo di lavoro di Plutarco e analizzano il valore storico delle Vite qui presentate.
Petr Verchovenskij, guidato ideologicamente dal demoniaco Stavrogin, è a capo di un'organizzazione nichilista e lega i suoi seguaci con una serie di delitti. L'ultima vittima è Satov, un ex-seguace convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Petr obbliga Kirillov a scrivere una lettera di autodenuncia, prima di suicidarsi. Altri delitti, apparentemente immotivati, seguono e solo il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento, sembra pore fine all'azione di questi "demoni.
Cicerone nelle sue opere filosofiche gettò le basi di quel lessico astratto destinato a divenire patrimonio della tradizione culturale europea.