Argirocastro, settembre 1943. La città, reduce dall'occupazione italiana, assiste col fiato sospeso all'arrivo dei blindati tedeschi: per ritorsione a un'imboscata contro la propria avanguardia, il colonnello nazista Fritz von Schwabe ha infatti ordinato un rastrellamento di decine di ostaggi da fucilare. Ma a quel punto il colonnello riceve un invito a cena da parte del dottor Gurameto, notabile della città e suo vecchio compagno di università in Germania, e gli eventi prendono una svolta imprevista. Scandita dalle note del grammofono, quella cena aleggerà a lungo nei racconti degli abitanti della città, come in una danza circonfusa da un alone di mistero: cos'avrà convinto il colonnello a rilasciare tutti gli ostaggi, compreso il farmacista ebreo? Dieci anni dopo, anche il morente Stalin vuole vederci chiaro su quel patto inconfessato, che nella sua mente annebbiata potrebbe aver generato il germe di un complotto ebraico contro il blocco comunista. L'istruttoria che ne segue, condotta da due giudici zelanti e ambiziosi, si perderà nel gioco di specchi di una verità impossibile, scavando nel ventre di una città sospesa nel tempo, assopita nel grigiore del nuovo ordine eppure vibrante di umori antichi, ingenuamente pensosa, eppure intrisa di ferocia.
L'"amico di Kafka" che dà il titolo a questo volume di racconti è un ex attore del teatro yiddish di Varsavia, disoccupato e vanesio, che si atteggia a dongiovanni e si vanta di aver conosciuto il famoso scrittore praghese. Una facciata pretestuosa che nasconde, in realtà, la contrapposizione di due diverse visioni dello stesso mondo. La prima è assillante nella ricerca di una via di scampo che si sa impossibile; la seconda recupera invece la speranza attraverso un'esplosione di espedienti magici che offrono ogni libertà alla fantasia umana. Accanto a "Un amico di Kafka", giustamente considerato un capolavoro nonché una tra le prose più limpide ed enigmatiche della maturità di Singer, appaiono altri venti racconti, tra i più significativi dell'ultima produzione del Premio Nobel, che spaziano dall'Est europeo al Nuovo Mondo e attraversano le varie epoche del nostro secolo, nel tentativo costante di recuperare i valori della tradizione e di sondare le pieghe più riposte dell'animo umano.
Apparso nel 1924 dopo una lunga gestazione e ristampato nel 1928 col titolo "Al vento dell'Adriatico", "Il porto dell'amore" è il primo libro in prosa pubblicato da Giovanni Comisso. Eugenio Montale fu tra i primi ad accorgersi della sua esistenza e consistenza: "Libretto carnale e febbrile che avvampa e trascolora è appena un libro ed è ancora una malattia. Arte legata alle primavere del sangue, al corso delle stagioni e delle temperie: poco più di un rabesco, il diagramma di una vita rovesciata sulle cose..." "Il porto dell'amore" non è un contributo storico all'impresa di Fiume (cui Comisso prese parte unendosi ai volontari accorsi alla chiamata di D'Annunzio). Né una raccolta di testimonianze e nemmeno un libro di ricordi; bensì il prolungamento della sensibilità (della sensualità) di Comisso nei volti dei giovani, negli aspetti del paesaggio, in una serie di vibranti apparizioni che si rimandano l'una all'altra in una sequenza senza principio e senza fine, come un campione di esistenza prelevata allo stato puro; segni gracili e sensitivi ma dalle profonde vibrazioni interne. Prefazione di Nico Naldini.
In una provincia identificabile come l’Alvernia, il diciottenne Manuel si trasferisce dalla zia materna, la signora Plasse, dopo la morte dei genitori. Nella casa della zia vive anche la figlia di lei, Marie- Thérèse, di quattordici anni, per la quale il cugino sembra nutrire un’attrazione morbosa, non ricambiata dalla ragazza. La signora Plasse tanto è dura e algida con la figlia, quanto riversa sul nipote amore e attenzioni, in assoluto contrasto con il suo carattere chiuso e incapace di slanci. Ma neanche l’amore della zia può proteggere Manuel dalle inquietanti accuse mosse da un’amica di Marie-Thérèse. Il ragazzo viene per questo allontanato e mandato a lavorare nel castello non lontano dal paese, dove vivono un anziano conte ormai in punto di morte e la figlia, una donna bellissima e misteriosa...
Uscito in Francia nel 1934 e fino a oggi inedito in Italia, questo romanzo a due voci rivela più che mai, in tutta la sua potenza, la forza visionaria di Julien Green. Una storia di un erotismo silenzioso e violento che sconfina nel sogno, nell’irrealtà, perché solo il sogno può servire a raccontare, e forse spiegare, l’assurdo in cui viviamo immersi.
IL LIBRO
All’alba di un 17 ottobre, al chilometro 17 di una strada che conduce a un aeroporto austriaco, un taxi esce di strada e precipita in un burrone. I due passeggeri, un uomo e una giovane donna, entrambi di nazionalità albanese, muoiono sul colpo. Il tassista, sopravvissuto, non riesce a spiegarsi le cause dell’incidente: l’unico particolare che ricorda (o crede di ricordare) è di aver notato qualcosa nello specchietto retrovisore, ma non è in grado di precisare cosa fosse, né di dire chi fossero i due passeggeri, dove andassero e perché, tutto essendo in loro indecifrabile.
Dalle indagini emerge che le vittime erano amanti. Il caso, dapprima archiviato come «incidente atipico», viene riesaminato dai servizi segreti serbi e albanesi, che però non approdano a nulla. Si è trattato davvero di un incidente, oppure di un omicidio a sfondo sentimentale o di un assassinio politico? Sovrapponendo la dimensione affettiva a quella storica e politica, la narrazione lascia aperto fino all’ultimo il dubbio sulla soluzione del mistero. Ciò che Ismail Kadaré, al di là dei fatti, esplora in queste pagine è una storia d’amore, una storia con molte derive. Al punto da indurre il lettore a chiedersi se l’amore esiste veramente o è solo un’illusione, una maschera...
UN BRANO
"Quando gli fu chiesto per l’ennesima volta che cosa avesse visto di preciso, il tassista non seppe rispondere. Gli interventi del medico, che aveva raccomandato di non stancare il paziente, non dissuasero il giudice dal continuare. Quale spettacolo si era offerto ai suoi occhi nello specchietto retrovisore interno... in altri termini, che cosa era successo sul sedile posteriore del taxi di così strano da farlo distrarre? Una lite tra i due passeggeri? O forse effusioni e carezze particolarmente spinte?
Il ferito fece cenno di no con la testa: nulla di tutto ciò.
E allora? quasi gli urlò l’altro. Perché hai perso la testa? Che diavolo hai visto?
Il medico stava per intervenire di nuovo quando il paziente, sempre in un tono strascicato, cominciò a raccontare. Alla fine del suo discorso, che era sembrato interminabile, il giudice e il medico si scambiarono uno sguardo perplesso. Secondo il ferito, i due passeggeri sul sedile posteriore del taxi... avevano solo... solo... cercato in tutti i modi di... baciarsi!"
L'AUTORE
Ismail Kadaré, nato nel 1936, poeta, saggista e romanziere, è il più grande autore albanese contemporaneo e uno dei più noti scrittori europei. Nel 2005 è stato il primo vincitore del Man Booker International Prize per la sua opera, spesso pervasa da un fantastico «assurdo» che evoca la solitudine disperante degli eroi di Kafka.
Come ogni anno Cècile passa le vacanze estive in Costa Azzurra. I primi giorni, vissuti all'insegna della spensieratezza in compagnia del padre giovanile e della sua attuale amante Elsa, bella ma ingenua, vengono interrotti dall'arrivo di Anne, un'amica della madre di Cècile, morta anni prima. Il padre ne è attratto a tal punto che in pochi giorni decide di sposarla, a costo di abbandonare uno stile di vita lussurioso e libero. La simpatia che Cècile prova per Anne non le impedisce di vederla come una rivale, come una minaccia per la propria libertà e così mette in scena un gioco sottile per dividere i due nuovi amanti. Un piano perfetto, ma con esiti inaspettati e ben più tragici del previsto.
"Era sempre avvertita del mistero che, d'altra parte, non sarebbe mai riuscita a penetrare da sola. Ciò assomigliava a una beffa del destino, poiché una completa oscurità le avrebbe concesso, se non la felicità, almeno la tranquillità dell'ignoranza. Così invece non era permesso alla sua passione di assopirsi." Questa frase, detta a proposito della signora Londe, si può adattare a tutti i personaggi del Leviatan, nessuno dei quali sfugge alla propria personale passione: Guéret è preda di un amore che non gli da requie per Angèle, giovane lavandaia e stiratrice; la signora Londe è posseduta da un irrefrenabile e divorante curiosità; la signora Grosgeorge, ricca ma ormai avviata alla vecchiaia, da un demoniaca frenesia di rivalsa. Tutti sono dei prigionieri, dei sepolti vivi: Leviatan è una rappresentazione a tinte fosche e allucinate non già del carcere che è il mondo, ma della segreta da incubo in cui ogni individuo viene incarcerato dal proprio vizio.
Una donna, guardando un quadro dell'Annunciazione, si identifica con la paura che sembra vissuta dalla Vergine. Questa fascinazione inesplicabile è l'inizio di una ricerca che la porterà in musei e gallerie di tutta Italia, dove scoprirà immagini diverse e spesso conturbanti di un evento che irrompe con forza in una vita e che ancora oggi conserva il significato di una rivelazione misteriosa. Incontri anonimi o amorosi, presenze di famigliare estraneità, raccontate con nitore crudele, accompagnano questi viaggi. E parallelo si svolge un altro percorso: quello dentro le interpretazioni di Maria. La materia religiosa e storica si trasforma così in un'esperienza individuale che, pur rispettando le fonti, le mescola in una corrente interiore, tra echi poetici e figurativi.
Che cosa è successo la notte del 13 dicembre nella camera da letto del "successore" - l'uomo designato a prendere il posto del tiranno del popolo albanese -, il cui cadavere è stato scoperto all'alba colpito da una pallottola in pieno petto? Questo romanzo di Kadaré è ispirato al più tenebroso enigma della storia dell'Albania contemporanea: la morte misteriosa del delfino del dittatore comunista, trasparente allusione a Enver Hoxha. Chi ha ucciso il successore e perché? Partendo da un avvenimento reale al quale conferisce dimensione universale, l'autore mette a nudo la psicologia del tiranno e le trame dei regimi totalitari attraverso una vicenda ora paradossale, ora cupamente quotidiana.
Una storia avvincente e indimenticabile sulla crudeltà del potere e il prezzo che l'individuo è costretto a pagare. Sfilata del primo maggio a Tirana: in una delle tribune delle autorità un invitato, l'anonimo io narrante, ha all'improvviso l'impressione di scorgere, tra gagliardetti e ritratti di alti dirigenti, il volto dell'antico comandante greco Agamennone. Allucinazione? O piuttosto effetto del dolore di un uomo appena abbandonato dalla donna amata, Suzanna, figlia di un alto dirigente di partito destinato a succedere al capo assoluto? La figura mitologica del comandante disposto a sacrificare gli affetti familiari per la ragion di stato è la chiave lettura di una sconvolgente storia d'amore distrutta dalla crudele macchina del potere.