Pochi scrittori hanno saputo raccontare l'Italia con la stessa libertà di sguardo di Giovanni Comisso, in modo così estroso e zingaresco. Definito autore da vela e non da scrittoio, Comisso è stato davvero un narratore "dalle suole di vento", un "battello ubriaco di golfi e di mari" che "ha divorato il dono della vita non chiedendosi nulla". Viaggia là dove non arrivano i treni, visita città e contrade dimenticate alla scoperta di un'Italia recondita, fuori dalle rinomanze turistiche; ogni occasione, per lui, si trasforma in un'avventura, ogni paese nasconde una sorpresa, ogni dettaglio rivela una bellezza nascosta. In questo libro sono raccolti alcuni tra i suoi migliori racconti di viaggio lungo il nostro Bel Paese, a partire dagli anni '20 fino agli anni '50, quando l'ombra della distruzione di quel mondo iniziava a profilarsi. Nell'antologia emergono contemporaneamente l'immagine di un paese umile e incantevole che non c'è più e il ritratto di uno scrittore tra i più originali che la nostra letteratura abbia conosciuto.
Apparso nel 1924 dopo una lunga gestazione e ristampato nel 1928 col titolo "Al vento dell'Adriatico", "Il porto dell'amore" è il primo libro in prosa pubblicato da Giovanni Comisso. Eugenio Montale fu tra i primi ad accorgersi della sua esistenza e consistenza: "Libretto carnale e febbrile che avvampa e trascolora è appena un libro ed è ancora una malattia. Arte legata alle primavere del sangue, al corso delle stagioni e delle temperie: poco più di un rabesco, il diagramma di una vita rovesciata sulle cose..." "Il porto dell'amore" non è un contributo storico all'impresa di Fiume (cui Comisso prese parte unendosi ai volontari accorsi alla chiamata di D'Annunzio). Né una raccolta di testimonianze e nemmeno un libro di ricordi; bensì il prolungamento della sensibilità (della sensualità) di Comisso nei volti dei giovani, negli aspetti del paesaggio, in una serie di vibranti apparizioni che si rimandano l'una all'altra in una sequenza senza principio e senza fine, come un campione di esistenza prelevata allo stato puro; segni gracili e sensitivi ma dalle profonde vibrazioni interne. Prefazione di Nico Naldini.
Testimonianza di una grande amicizia, "la più grande amicizia del secolo", "Mio sodalizio con De Pisis" è un libro di memorie, scritto con il tono e il ritmo disordinato della tenerezza. Comisso racconta la vita di un artista e amico, getta lo sguardo ai ricordi degli incontri quando insieme, "divini ragazzi", attraversavano Roma e Parigi alla ricerca di nuove ebbrezze e piaceri. Il racconto inizia con gli anni degli incontri a Roma, quando De Pisis comincia a dipingere per giustificare come studio l'alcova dove invita i ragazzi; e attraversa gli anni di Parigi, "le inaudite meraviglie" gustate insieme con il successo artistico e mondano. Sono gli anni migliori per De Pisis e per la loro amicizia. Con la sua incantevole scioltezza verbale, Comisso compone un racconto che ha lo stile della pittura di De Pisis, leggero, distratto e goloso, come ha scritto Parise, senza la minima tensione o forzatura, nello stesso italiano dolce e luminoso di Delfini, Penna e dello stesso Parise. E questa stessa dolcezza, che è poi tenerezza per la vita, lo assiste anche nel racconto degli ultimi tragici anni dell'amico, segnati dalla malattia e dalla reclusione in clinica: "nel corridoio i nostri passi andavano concordi come quando si andava prepotenti e felici per le strade di Parigi e Cortina"; e giunge ad accoglierci tutti nel pensiero finale: "noi siamo soltanto magnifiche onde in attesa sempre di disfarci nel crollo".
Ciò che ha fatto di Cornisso un fenomeno importante della letteratura italiana è stato il suo istinto di rinverdire con il passare degli anni, di far diventare il suo genio a ogni stagione più bizzarro, fantastico e irrequieto. Elementi tutti che è facile ritrovare in queste "Satire", dove Comisso si traveste di volta in volta da politico, da burocrate, da archeologo, da poliziotto o da riformatore. Si vedano, ad esempio, le stupende relazioni o "nuvole" di viaggio per comprendere a pieno quanto egli sappia impossessarsi della tradizione degli ambasciatori veneti e ne ritrovi lingua e genio in ballate da cantore errabondo e felice.
Nato nel 1895 e scomparso nel 1969, Giovanni Comisso è una figura eccentrica nel panorama della letteratura italiana del Novecento e, nonostante gli apprezzamenti di autori come Montale, Debenedetti e Solmi, dopo la sua morte le sue opere furono diffuse poco e male. L'antologia dei Meridiani, curata dall'italianista veneziano Rolando Damiani e dal biografo di Comisso Nico Naldini, si propone di far conoscere l'intera parabola artistica dello scrittore.