In una provincia identificabile come l’Alvernia, il diciottenne Manuel si trasferisce dalla zia materna, la signora Plasse, dopo la morte dei genitori. Nella casa della zia vive anche la figlia di lei, Marie- Thérèse, di quattordici anni, per la quale il cugino sembra nutrire un’attrazione morbosa, non ricambiata dalla ragazza. La signora Plasse tanto è dura e algida con la figlia, quanto riversa sul nipote amore e attenzioni, in assoluto contrasto con il suo carattere chiuso e incapace di slanci. Ma neanche l’amore della zia può proteggere Manuel dalle inquietanti accuse mosse da un’amica di Marie-Thérèse. Il ragazzo viene per questo allontanato e mandato a lavorare nel castello non lontano dal paese, dove vivono un anziano conte ormai in punto di morte e la figlia, una donna bellissima e misteriosa...
Uscito in Francia nel 1934 e fino a oggi inedito in Italia, questo romanzo a due voci rivela più che mai, in tutta la sua potenza, la forza visionaria di Julien Green. Una storia di un erotismo silenzioso e violento che sconfina nel sogno, nell’irrealtà, perché solo il sogno può servire a raccontare, e forse spiegare, l’assurdo in cui viviamo immersi.
"Era sempre avvertita del mistero che, d'altra parte, non sarebbe mai riuscita a penetrare da sola. Ciò assomigliava a una beffa del destino, poiché una completa oscurità le avrebbe concesso, se non la felicità, almeno la tranquillità dell'ignoranza. Così invece non era permesso alla sua passione di assopirsi." Questa frase, detta a proposito della signora Londe, si può adattare a tutti i personaggi del Leviatan, nessuno dei quali sfugge alla propria personale passione: Guéret è preda di un amore che non gli da requie per Angèle, giovane lavandaia e stiratrice; la signora Londe è posseduta da un irrefrenabile e divorante curiosità; la signora Grosgeorge, ricca ma ormai avviata alla vecchiaia, da un demoniaca frenesia di rivalsa. Tutti sono dei prigionieri, dei sepolti vivi: Leviatan è una rappresentazione a tinte fosche e allucinate non già del carcere che è il mondo, ma della segreta da incubo in cui ogni individuo viene incarcerato dal proprio vizio.
Su Fabien incombe la fatalità della frustrazione e dello scacco. La sua vita, destinata a trascorrere fino al termine dei giorni in un vuoto d'esistenza, è bloccata in una routine tetra e opprimente, ma un incontro ne cambia inaspettatamente il corso travolgendola verso un esito distruttivo. Egli accetta il dono di Brittomart (rinnovata incarnazione del tentatore): il potere di dismettere il proprio io, che equivale istantaneamente a divenire l'altro, chiunque egli desideri essere, corpo e anima, trasformandosi di volta in volta nell'amante che vive un amore impossibile, nell'omicida che uccide la propria vittima, nell'uomo comune, nell'eroe.