Il pasto è un evento altamente simbolico. Attorno alla mensa, nei pasti in famiglia o tra amici, nei pranzi d'affari o nei banchetti diplomatici, si vivono, si nutrono e si tradiscono i rapporti umani e sociali. L'atto del mangiare presenta inoltre un legame intrinseco con la violenza, poiché consiste in una modalità di appropriarsi del cibo che implica una distruzione. Anche nella Bibbia il cibo occupa fin dalle prime pagine una posizione strategica. La disposizione del Creatore riguardo al menù vegetale dei viventi (cf. Gen 1,29-30) suggerisce che il cibo è il luogo simbolico di una scelta tra violenza e mitezza, che occorre limitare la violenza per rispettare la vita. Quando Dio fa dell'uomo un essere in relazione, gli ordina di non mangiare tutto quello che viene dato (Gen 2,16-17), lasciando una possibilità alla riconoscenza e alla condivisione. Per vivere non basta infatti mangiare: è altrettanto necessario intrattenere rapporti con gli altri, convertire in mitezza le proprie forze brute per aprire un posto all'altro in vista dello scambio e della relazione. In questo studio André Wénin, tra i più acuti interpreti del testo biblico del nostro tempo, anticipa i maggiori temi delle sue ulteriori ricerche, in un percorso di lettura dell'Antico Testamento che annoda in modo fecondo e affascinante Bibbia e antropologia.
André Wénin è professore emerito di Antico Testamento e di Ebraico biblico all'Università cattolica di Louvain-la-Neuve. Per EDB ha pubblicato di recente "Abramo e l'educazione divina"(2017), "Salmi censurati" (2017), "Il miracolo del mare"(2019), "Dieci parole per vivere" (2019), "Abramo" (2019) e "Il libro dei Giudici" (2021)
Nel Vangelo di Marco il tema del gridare è presente, con sfumature diverse, lungo tutto l'arco della narrazione e si consolida attorno a figure ed episodi che si rivelano significativi, ricchi di fascino e attuali, soprattutto se letti in chiave comunicativa. Le numerose grida riportate dall'evangelista, pur essendo differenti per ambientazione, occasione, contenuto e scopo, accomunano diversi personaggi e descrivono una reazione che esprime un complesso inestricabile di sentimenti, spesso contrapposti. Il grido, infatti, a volte precede le parole, altre volte le veicola o addirittura le supera, ma sempre comunica uno stato d'animo, specchio di un particolare momento di vita, ed esprime il desiderio o la necessità di una relazione. Ogni grido, a prescindere dal soggetto che lo emette e dal contesto in cui è inserito, è un atto linguistico e come tale può avere interpretazioni differenti a seconda delle intenzioni con cui viene usato e delle circostanze nelle quali viene proferito. Il grido pertanto non dà solo contenuto a un atteggiamento, né descrive semplicemente un'azione, ma, uscendo dal testo, entra nell'oggi del lettore coinvolgendolo in un importante cammino ermeneutico.
L'originale conclusione del vangelo di Marco, con le donne che fuggono silenti dal sepolcro senza comunicare a nessuno l'annuncio di risurrezione, ha da sempre interrogato il mondo dell'esegesi. Perché le donne sono descritte travolte dalla paura, subito dopo aver appreso che il Crocifisso è risorto? Come mai il racconto non si conclude in un'atmosfera di gioia e di successo, come sarebbe lecito e ragionevole aspettarsi? Perché Marco avrebbe deciso di arrestare il motore della sua narrazione proprio nel momento in cui le prime testimoni della Pasqua di Gesù «falliscono» il mandato di diventarne anche annunciatrici ai suoi discepoli? Questo libro si propone di offrire un'originale risposta a queste domande, interrogando testi significativi del secondo vangelo e mostrando come la scelta di «non concludere» con l'ovvietà di un lieto fine corrisponda, in realtà, all'intenzione di non fallire l'obiettivo di realizzare una comunicazione adeguata a esprimere la follia e lo scandalo di un Cristo risorto perché crocifisso.
Una questione centrale e poco approfondita del dialogo ebraico-cristiano risiede in un orientamento teologico-dottrinale di potente rilievo e di lunghissima durata storica: la tendenza più o meno marcata, ma spesso inconsapevole, della Chiesa a porsi come sostituto di Israele nelle prerogative peculiari del popolo ebraico sotto il profilo teologico. Un fenomeno tanto ampio quanto trascurato o, ancora più spesso, ignorato: al punto che lo stesso lessico concettuale teologico mostra di conoscere soltanto un tipo di sostituzione, quella vicaria del Figlio, in ambito cristologico. La questione teologica e storico-politica suscitata dalla pretesa cristiana di essere il Verus Israel non è presente nel dibattito pubblico e accademico, e al contempo si assiste a una sua sorprendente rimozione nell'ambito dello stesso dialogo ebraico-cristiano, anche da parte ebraica. Così, se da un lato oggi il pensiero teologico cristiano accredita l'acquisito superamento dell'idea stessa di sostituzione della Chiesa a Israele, dall'altro il linguaggio teologico ed ecclesiale la ripropone continuamente anche in documenti ufficiali di quello stesso magistero che pratica una relazione con l'ebraismo di segno opposto a quello antigiudaico storico.
La relazione fondamentale tra l'uomo e la donna costituisce il punto di partenza di un'antropologia biblica e cristiana. La Genesi celebra come un canto il fatto che Dio è in se stesso relazione e i libri profetici celebrano l'alleanza mediante la simbologia del Signore-Sposo e del popolo-sposa. I testi di Isaia, Ezechiele, Geremia, Osea e Zaccaria rivelano la fedeltà di Dio, mai vinta dall'infedeltà della sua eletta, mentre il Cantico dei Cantici corona lo sviluppo della relazione fra l'uomo e la donna facendone il luogo di una lode che non risparmia né la sofferenza né la prova del male. Il racconto dell'annunciazione nel Vangelo di Luca serve da portico di ingresso nel Nuovo Testamento. La sua tela è intessuta di reminiscenze esplicite e implicite dell'Antico, che porta in sé una pienezza di cui si attende il compimento. I Vangeli di Luca e di Giovanni, con l'Apocalisse al termine delle Scritture, ne offrono mediazioni equilibrate: il Signore dell'alleanza dona vita in pienezza grazie alla fine dei tempi anticipata nell'incarnazione e nella pasqua di Cristo.
Sia che si manifesti nella forma del roveto ardente, della voce o del respiro al confine del silenzio, Dio rimane inafferrabile. Per conoscerlo e incontrarlo nella sua onnipotenza, l’uomo deve cercare una strada che potrebbe paradossalmente prevedere anche il rischio di confonderlo con ciò che non è.
Ciò significa che la conoscenza della verità divina risiede nella comprensione del suo contrario? Che il mistero di Dio si svela proprio quando l’uomo «si fa un dio» a immagine dei propri desideri e delle proprie paure divenendo ostaggio di ciò che lo ossessiona? Questi interrogativi ci riconducono alla prima immagine biblica dell’idolo, il serpente dell’Eden identificato dal libro dell’Apocalisse con il diavolo.
Nel complesso intreccio tra la storia della salvezza e l’odissea della coscienza, le pagine del libro offrono non solo una grande lezione di esegesi ma anche una riflessione di alta spiritualità.
Trucchi e inganni, vendette e punizioni, famiglie lacerate, rapimenti donne, omicidi, stupri, guerre e massacri. Nel libro dei Giudici è mostrato al lettore il lato peggiore dell'umanità e anche il personaggio di Dio sembra vinto dalla violenza di cui diviene uno dei fomentatori.
Poco conosciuto, snobbato dalla liturgia cattolica domenicale, considerato poco edificante perché pieno di storie violente, il libro dei Giudici è tra i testi più belli e istruttivi della Bibbia ebraica. Privilegiando l'approccio narrativo, André Wénin invita a cogliere la pedagogia paziente del Dio dell'alleanza nei confronti di un popolo al quale cerca di farsi conoscere, ma la cui resistenza finirà per metterlo in scacco. L'analisi di quattro episodi relativi a fatti violenti mostra inoltre che l'essenziale sta nel modo in cui vengono raccontati; la loro forza risiede nella capacità di «riscattare» l'inumano per mezzo di ciò che è più nobile, l'arte, dotata della singolare facoltà di educare alla riflessione e alle scelte etiche.
L'appartenenza a un luogo concorre a definire l'identità di una persona ed è principio di senso per chi lo abita oltre che filtro dal quale transita la sua visione del mondo. Ciò è vero anche per la figura storica di Gesù.
Da questo punto prospettico il volume analizza alcuni ambiti del Vangelo di Marco che consentono di riconoscere la relazione tra i «luoghi» del ministero e l'avvicinarsi del Regno: l'area geopolitica (Galilea, Nàzaret, Gerusalemme), quella topografica (cielo e terra, il monte, il mare, la strada, il villaggio, la città) e quella architettonica (la sinagoga, la casa, il tempio, la stanza, il cortile, la tomba).
Tra i metodi ermeneutici applicati, speciale rilievo viene dato all'approccio letterario, che valorizza il testo ed entra nell'universo narrativo di Marco, e a quello antropologico, che consente di collocare la vicenda narrata nel suo proprio mondo culturale e sociale. Un ruolo di primo piano riveste la dimensione cristologica. Questa storia appare costantemente percorsa da un'intelligenza «credente», consapevole di raccontare una vicenda unica ed esclusiva, quella del misterioso ingresso di Gesù, profeta, messia, figlio dell'uomo e Figlio di Dio, nel tempo e nello spazio degli uomini.
Una caratteristica dei racconti biblici è la presenza di numerosi personaggi secondari che svolgono un ruolo essenziale nella narrazione. Un esempio fra tanti è quello della ragazzina ebrea, schiava di Naaman il Siro, che fornisce la soluzione al problema del suo padrone lebbroso mandandolo dal profeta Eliseo. Provenendo spesso da fonti popolari che celebrano la rivincita dei piccoli sui grandi e dei deboli sui potenti, le storie della Bibbia esprimono la mentalità di un popolo che non può vantare conquiste, ricchezze o particolari realizzazioni artistiche. Inoltre, Israele si riconosce nei suoi re e nei suoi potenti, ma anche nei servitori, nei pastori, negli artigiani. In questa galleria di figure primeggiano Giuseppe che salva l'Egitto dalla carestia, la vedova Giuditta che libera il suo popolo da un potente nemico o le levatrici dell'Esodo che ingannano il faraone per salvare i figli d'Israele. Ma anche la donna che libera la città di Tebes spezzando il cranio di Abimelek con una macina buttata dalle mura, l'anziana di Tekoa che riconcilia Davide con il figlio Assalonne o la donna saggia di Abel che discute con Gioab, generale di Davide, e pone fine alla ribellione di Seba.
Questo studio suggerisce che Dio «rubi» spesso la scena agli attori umani e impedisca che vi sia, nella Bibbia, una vera letteratura eroica simile a quella greca e latina. Ma proprio l'onnipresenza del personaggio divino - a volte sul palcoscenico, altre volte dietro le quinte - getta una luce molto particolare proprio sui gesti più semplici e sulle figure che occupano il fondale.
Il volume approfondisce un aspetto della vita sociale e politica del popolo di Israele dal VI secolo a.C. all’inizio del II secolo d.C.: la monarchia di Davide, associata al rilievo che la figura del sovrano assume sia nelle Scritture sia nel contesto messianico.
Il racconto prende le mosse dalla violenta distruzione dello stato giudaico e dalla soppressione della dinastia davidica e termina con le rivolte contro l’Impero romano in Giudea e nella diaspora; l’attenzione si focalizza sul ruolo del re nella memoria collettiva e nella vita politica, oltre che sulla sua figura eroica presente in scenari escatologici fondati sulla restaurazione di un passato idealizzato.
Il libro illustra infine i tentativi per ripristinare la dinastia sotto la dominazione babilonese e persiana ed esamina il modo in cui la figura di Davide catalizza la resistenza spirituale e fisica contro Roma, la nuova Babilonia, prima delle rivolte del 66-73 d.C. e di Bar Kokhba sessant’anni dopo.
I libri di Samuele e l'inizio del primo libro dei Re narrano la storia dei primi tre monarchi di Israele: Saul, Davide e Salomone. L'intreccio narrativo restituisce un magnifico racconto a cui l'intrinseca verosimiglianza conferisce tutte le apparenze di una trattazione storica. Tuttavia, la narratologia permette di individuare una componente spesso trascurata, cioè i numerosi tratti di fiction, e di entrare nella "fabbrica" del narratore per assaporare la bellezza del racconto e la ricchezza dei suoi significati teologici e antropologici. I testi biblici studiati in questa prospettiva riguardano gli inizi del regno dei primi monarchi, i loro primi passi di governo, il modo in cui si preannunciano i tratti delle loro carriere di sovrani e l'importante ruolo che profeti e donne svolgono nell'economia degli episodi.
La triplice sequenza del titolo del libro, scritto da uno dei maggiori biblisti internazionali, implica un convincimento: per comprendere la creazione non si deve tenere conto solo di un evento all'ora zero, ma anche di un racconto mitico - quello narrato nei primi undici capitoli della Genesi - che assume come tema l'infiltrazione del male in un mondo originariamente buono.
La prima creazione non può essere dissociata dalla sequenza degli avvenimenti che conducono al diluvio come de-creazione, a cui fa seguito una nuova creazione promessa e realizzata da Dio. Limitarsi alla prima equivale ad abbandonare, senza un'adeguata spiegazione, il mondo in cui viviamo, scaturito dal cataclisma, un mondo danneggiato e tuttavia intatto.
Per illustrare questo tema complesso e al tempo stesso essenziale per la riflessione biblica, teologica e filosofica, l'autore analizza meticolosamente il testo della Genesi affrontando in modo esemplare i problemi linguistici e storico-critici tradizionali sollevati dalla ricerca accademica moderna. Il significato viene illustrato facendo ricorso non solo ad altre pagine bibliche e alla letteratura del Vicino Oriente antico, ma anche a quella rabbinica, patristica e medievale oltre che alle opere di Omero, Esiodo, Platone, Shakespeare, Donne, Cowper, Nietzsche e Barth.
Sommario
Sigle e abbreviazioni. Prefazione. 1. Umanità: la prima fase. 2. In principio. 3. Il racconto dell'uomo, della donna e del serpente. 4. Caino e Abele: il mistero di un omicidio. 5. Enoc e il suo tempo. 6. Il cataclisma. 7. La nuova umanità. 8. Da Sem ad Abramo, dal mito alla storia. Epilogo. Verso una teologia biblica della creazione. Bibliografia. Indice degli autori. Indice delle materie.
Note sull'autore
JOSEPH BLENKINSOPP è professore emerito di Studi biblici alla University of Notre Dame, negli Stati Uniti. Membro di prestigiose associazioni - Society of Biblical Literature, Society for the Study of the Old Testament, Catholic Biblical Association, European Association of Biblical Studies - è autore di numerosi studi, tradotti anche in cinese, giapponese, spagnolo e tedesco, fra cui: Il Pentateuco. Introduzione ai primi cinque libri della Bibbia, Queriniana, Brescia 1996; Storia della profezia in Israele, Queriniana, Brescia 1997; Tesori vecchi e nuovi. Saggi sulla teologia del Pentateuco, Paideia, Brescia 2008.
Descrizione dell'opera
Questo libro, che vede la luce nel momento in cui la riscoperta dei «sapori» della narrazione biblica spicca il volo, vuole mostrare la fecondità di alcuni strumenti dell'analisi narrativa applicandoli a sequenze scelte dell'Antico e del Nuovo Testamento.
Da una trentina d'anni i ricercatori hanno a disposizione metodologie appropriate per lo studio della narratologia biblica, ma dopo i balbettii iniziali si tratta di affinarle mettendone in luce le potenzialità. La sfida non è soltanto percorrere in ogni direzione i retroscena del racconto per osservarne l'architettura nascosta - anche se questa scoperta, per così dire archeologica, vale da sola la svolta: l'interesse sta piuttosto nel portare alla luce effetti di significato insospettati, scaturiti da narrazioni che pure si pensava di conoscere bene. Ai lettori e alle lettrici stanchi di approcci convenzionali, di percorsi ripetitivi, questo libro apre le porte a domande originali e significative.
Sommario
Introduzione. I. Quattro lettori per quattro vangeli (D. Marguerat). II. Alla ricerca della trama. Una lettura della Passione (Mc 14 e Lc 22) (D. Marguerat). III. La temporalità della storia di Giuseppe (Gen 37-50) (A. Wénin). IV. Giuseppe interprete dei sogni in prigione (Gen 40). Alcune funzioni della ripetizione nel racconto biblico (A. Wénin). V. Il punto di vista nel racconto biblico (D. Marguerat). VI. Luca, regista dei personaggi (D. Marguerat). VII. Il gioco dell'ironia drammatica. L'esempio dei racconti di astuzie e inganni (A. Wénin). VIII. Costruzione del discorso e costruzione del racconto. Il discorso comunitario di Mt 18 (D. Marguerat). IX. Davide e la storia di Natan (2Sam 12,1-7) ossia: Il lettore e la «fiction» profetica del racconto biblico (A. Wénin). X. Il serpente di Nm 21,4-9 e di Gen 3,1. Intertestualità ed elaborazione del significato (A. Wénin). Bibliografia. Alcune pubblicazioni degli autori.
Note sugli autori
DANIEL MARGUERAT(1943), biblista, professore emerito di Nuovo Testamento all'Università di Losanna, è un noto specialista della ricerca su Gesù e delle origini del cristianesimo. Le sue pubblicazioni gli hanno meritato una fama internazionale. Tra le sue opere tradotte in italiano segnaliamo: L'uomo che veniva da Nazareth. Che cosa si può sapere oggi su Gesù, Claudiana, Torino 2005; Paolo di Tarso. Un uomo alle prese con Dio, Claudiana, Torino 2004; Risurrezione, Claudiana, Torino 2003. Presso le EDB ha pubblicato Gli Atti degli Apostoli. 1. (1-12) (2011) e Chi ha fondato il cristianesimo? Cosa dicono i testimoni dei primi secoli (2012).
ANDRÉ WÉNIN, gesuita, dottore in scienze bibliche, insegna greco, ebraico biblico ed esegesi dell'Antico Testamento all'Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. È professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana, dove insegna teologia biblica. Presso le EDB ha pubblicato: Entrare nei Salmi (2003), Non di solo pane... Violenza e alleanza nella Bibbia (2004), Da Adamo ad Abramo o l'errare dell'uomo. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. I. Gen 1,1-12,4 (2008), L'uomo biblico. Letture nel Primo Testamento (22009), Il Sabato nella Bibbia (2006), Giuseppe o l'invenzione della fratellanza. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. IV. Gen 35-50 (2007), con C. Focant La donna la vita. Ritratti femminili della Bibbia (2008), con J.-D. Causse ed É. Cuvillier Violenza divina. Un problema esegetico e antropologico (2012). Collabora con la rivista Parola Spirito e Vita.
Descrizione dell'opera
Il volume intende dimostrare che Paolo, mettendosi alla sequela di Gesù di Nazaret e annunciando il Vangelo, si pone in stretta continuità con l'ebraismo. Paolo è un ebreo, discepolo di Gamaliele, e il suo «cristianesimo» è una continuazione dell'ebraismo che egli vive.
Il titolo del volume, Paolo l'ebreo, ne esprime perciò la tesi: Paolo resta nella religione ebraica anche dopo l'esperienza di Damasco.
L'autore mostra, sul filo di una lettura molto attenta degli Atti degli Apostoli e delle Lettere, che Paolo è colui che, invece di spingere a una rottura, radica la fede in Cristo nella Promessa delle Scritture: in Gesù, Dio invita le genti a entrare nell'Alleanza conclusa con Abramo, a diventare membri della «famiglia di Dio».
Pur presentandosi come l'«apostolo dei gentili», Paolo si rivolge continuamente al suo popolo per annunciargli la Buona Notizia della salvezza, e secondo Bouthors egli è anche colui che pensa il mistero della coesistenza di due regimi di appartenenza - per ebrei e cristiani - alla famiglia di Dio. Il permanere di Israele è, oggi più che mai, una sfida di primordine nel mondo contemporaneo: il «legame irrevocabile» è nello stesso tempo convocazione e responsabilità, nella storia sempre in via di Salvezza.
Sommario
Prefazione (M. Rastoin). Preambolo. Avvertenza. I. Un mondo in pieno cambiamento. II. Chi è Paolo? III. La conversione di Paolo. IV. «Sarete miei testimoni». V. Il prototipo della missione. VI. Il dibattito sulla circoncisione. VII. L'opera di Paolo. VIII. Il processo di Paolo. IX. Fedeltà e Indurimento. X. Il dono paradossale di Dio e la lezione di Giobbe. Conclusione. Una comune responsabilità. Ringraziamenti.
Note sull'autore
JEAN-FRANÇOIS BOUTHORS è redattore editoriale e scrittore, lettore appassionato delle Sacre Scritture. Editorialista a Ouest-France e collaboratore del Forum del quotidiano La Croix e della rivista Esprit, è autore di numerosi libri, tra cui La Nuit de Judas (L'Atelier, 2008). Ha diretto La Bible sans avoir peur (Lethielleux, 2005).
Le due opere di Luca - Vangelo e Atti degli apostoli - si aprono con un prologo di taglio storico. Ci si può allora domandare: Luca ha un progetto teologico? E prima ancora: Luca è uno storico o un teologo? Quesiti che possono sempre più precisarsi: la sua teologia è forse subordinata a un'intenzione storica? Perché e come racconta Gesù di Nazaret? E se a Gesù è dedicato il Vangelo, quale Gesù emerge dagli Atti? Gli Atti sono una conferma o un approfondimento, una variazione o una correzione? Il volume affronta questi interrogativi, ricostruendo la cristologia narrativa di Luca, le sue tecniche e le sue linee portanti, dalle quali emerge la costruzione del "personaggio Gesù" in un crescendo di forza che si dispiega in un dittico: il Vangelo e gli Atti degli apostoli. Per Luca raccontare significa soprattutto "valorizzare la coerenza di un itinerario, mettendo gli eventi vissuti da Gesù e dai suoi discepoli in relazione con il passato biblico: le allusioni del tipo promessa/compimento strutturano il racconto. Raccontare significa per Luca manifestare la logica di una storia" (dal cap. 1).
«Quando la domanda riguarda la violenza e, in particolare, la violenza che le Scritture attribuiscono a Dio con maggiore o minore reticenza, l'unione dei punti di vista biblici e antropologici non può che stimolare. È comunque questa la sfida che abbiamo accettato, quando abbiamo deciso di scrivere il libro a più mani e ci siamo messi al lavoro, ognuno a partire dal proprio campo specifico, su questa questione lancinante, che chiunque apra la Bibbia non può schivare, una questione con effetti a volte allarmanti nella vita reale delle nostre società» (dalla Prefazione).
Animati dalla convinzione che l'esegesi biblica abbia grande interesse a nutrirsi di un dialogo con le scienze umane, specialmente con la psicoanalisi, nell'affrontare il tema della violenza di Dio gli autori alternano lo sguardo esegetico e la riflessione antropologica, indagando prima l'Antico e poi il Nuovo Testamento.
Sommario
Prefazione. I. «Adonai è un guerriero» (Es 15,3). La violenza divina nell'Antico Testamento. II. La violenza arcaica e il paradosso del sacrificio agli dèi oscuri. III. Violenza degli uomini, violenza di Dio. Uno sguardo su alcuni testi del Nuovo Testamento. IV. La religione dell'amore: una risoluzione della violenza divina? Alcuni libri per andare oltre.
Autori
JEAN-DANIEL CAUSSE è psicanalista e studioso di etica, docente alla Facoltà di teologia di Montpellier e all'Università Paul-Valéry-Montpellier III.
ÉLIAN CUVILLIER è docente di Nuovo Testamento alla Facoltà di teologia di Montpellier.
ANDRÉ WÉNIN, dottore in scienze bibliche, insegna greco, ebraico biblico ed esegesi dell'Antico Testamento all'Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. È professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana, dove insegna teologia biblica. Presso le EDB ha pubblicato: Entrare nei Salmi (2003), Non di solo pane... Violenza e alleanza nella Bibbia (2004), Da Adamo ad Abramo o l'errare dell'uomo. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. I. Gen 1,1-12,4 (2008), L'uomo biblico. Letture nel Primo Testamento (22009), Il Sabato nella Bibbia (2006), Giuseppe o l'invenzione della fratellanza. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. IV. Gen 35-50 (2007), con C. Focant La donna la vita. Ritratti femminili della Bibbia (2008). Collabora con la rivista Parola Spirito e Vita.
Pubblicato nel 1995 e ristampato nel 2004, il volume si propone come strumento agile, ma nel contempo aggiornato e rigoroso, per una prima conoscenza dell'Antico Testamento. La nuova edizione è stata rielaborata in diverse parti, pur conservando la forma originaria, assai indovinata. L'autore ha proceduto ad ampliare alcuni punti un po' troppo sintetici nella prima versione, specialmente quelli riguardanti i problemi posti dal Pentateuco e dalla letteratura deuteronomistica. I progressi conosciuti dall'esegesi negli ultimi decenni hanno suggerito di riconsiderare le parti dedicate ai libri profetici e sapienziali, con particolare riferimento ai Salmi. La sezione dedicata alla storia d'Israele ha subito anch'essa una rielaborazione. Molta cura è stata dedicata alla bibliografia, con l'intento di offrire titoli in lingua italiana, così da rendere più accessibili i risultati recenti degli studi biblici.
Descrizione dell'opera
Tra i Vangeli sinottici, Luca è quello che mostra più spesso Gesù in preghiera. Sebbene una sterminata letteratura sia già stata dedicata al tema, nella sua indagine l'autore individua una connessione raramente sottolineata: il costante legame del tema della preghiera con quello della filiazione. «La relazione è evidenziata proprio dalla prima parola dell'unica preghiera che Gesù abbia insegnato ai suoi discepoli e che, di fatto, può essere considerata come il modello di ogni preghiera: "Padre" (Lc 11,2)» (dall'Introduzione).
Da lungo tempo Meynet ritiene che la filiazione costituisca il centro vitale del messaggio di tutto il Nuovo Testamento, in ragione del fatto che non solo Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio, ma ogni essere umano è chiamato a vivere da figlio, come lui e grazie a lui.
Tali passaggi costituiscono l'ordito del volume, nel quale i testi vengono esaminati per nuclei tematici e sono preceduti da un prezioso capitolo dedicato al vocabolario della preghiera in Luca.
Sommario
Introduzione. Sigle e abbreviazioni. 1. La preghiera trabocca dal vangelo. 2. Il vocabolario della preghiera. 3. La composizione del Vangelo di Luca. 4. Nel cuore del vangelo. 5. Il Figlio di Dio si prepara nella preghiera. 6. Il Figlio dell'uomo forma i suoi discepoli in Galilea. 7. Il Figlio dell'uomo conduce i suoi discepoli a Gerusalemme. 8. La Pasqua del Figlio di Dio. 9. I cantici evangelici. Conclusione. Bibliografia. Indici.
Note sull'autore
ROLAND MEYNET (Thonon-les-Bains [Francia] 1939), è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1959. Ha conseguito le licenze in lettere, linguistica, teologia, scienze bibliche, la laurea in lingua e letteratura araba, il dottorato di terzo ciclo e il dottorato di ricerca in linguistica. Ha lavorato quattordici anni all'Università San Giuseppe dei gesuiti a Beirut, dove è stato direttore del Centro di ricerche e di studi arabi e ha fondato il Centro di studi delle lingue moderne e la Scuola di traduttori e interpreti. Professore emerito di teologia biblica alla Facoltà di teologia della Pontificia Università Gregoriana, è stato per parecchi anni professore invitato all'Università degli studi di Torino e alla facoltà di teologia del Centre Sèvres di Parigi. Dirige, con Pietro Bovati, le collane «Rhétorique biblique» alle Éditions du Cerf e «Retorica biblica» alle EDB. Ha pubblicato per le EDB: La Pasqua del Signore (2002), Morto e risorto secondo le Scritture (2003), Il Vangelo secondo Luca. Analisi retorica (2003), Leggere la Bibbia. Un'introduzione all'esegesi (2004), Una nuova introduzione ai Vangeli sinottici (22006), Trattato di retorica biblica (2008); inoltre ha curato con J. Oniszczuk Retorica biblica e semitica 1 (2009).
Descrizione dell'opera
Tutti i libri del Nuovo Testamento, pur nella loro varietà, fanno esplicito o implicito ricorso alle Scritture di Israele. Questo dato ha conseguenze rilevanti non solo per il fenomeno biblico in sé, ma anche per la teologia e la vita della Chiesa.
Come prima conseguenza, non si può considerare adeguatamente il NT in generale, né ciascuno degli scritti neotestamentari in particolare, senza tenere in debito conto il loro costante riferimento a qualcosa che li precede. Per altro verso, le Scritture d’Israele sono così diventate “parte” integrante del NT, e assumono negli scritti neotestamentari un ruolo particolare. Non da ultimo, il ricorso alle Scritture nel NT può offrire una finestra di apertura e comprensione su una questione che sembra giunta a un vicolo cieco, quella della possibilità di leggere e comprendere la Bibbia come un unico corpus, e da qui la possibilità di una teologia biblica dei due Testamenti.
Il documento della Pontificia commissione biblica Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001) sottolinea come senza l’Antico Testamento, il Nuovo sarebbe indecifrabile, una pianta senza radici. Il volume contribuisce ad accrescere questa consapevolezza. Esso nasce dal desiderio di comprendere l’unità dei due Testamenti, come fondamentale chiave ermeneutica di tutto il fenomeno biblico.
Sommario
Presentazione. I. Il ricorso alle Scritture di Israele nel Nuovo Testamento. Un’introduzione. 1. Constatazione del fatto. 2. Interpretazione del ricorso all’Antico Testamento. II. Quattro saggi sul ricorso alla Scrittura nel Nuovo Testamento. 1. Gesù e le Scritture: la testimonianza dei sinottici (L. Sánchez Navarro). 2. Is 6,9-10 nel Nuovo Testamento (C. Jódar Estrella). 3. L’uso del Salmo 69 nel Vangelo di Giovanni (I. Carbajosa). 4. Le Scritture in Rm 9 (F. Belli). III. Il ricorso alle Scritture nei libri del Nuovo Testamento. Brevi schede. 1. Vangeli sinottici e Atti degli apostoli. 2. Vangelo secondo Giovanni. 3. Corpus Paulinum. 4. Lettere cattoliche. 5. Apocalisse di san Giovanni. IV. Bibliografia sul ricorso alle Scritture nel Nuovo Testamento. Indici.
Note sugli autori
Filippo Belli (Milano 1963) insegna introduzione alla Sacra Scrittura e greco biblico alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale (Firenze).
Ignacio Carbajosa (Murcia 1967) insegna Antico Testamento alla Facoltà di teologia San Damaso ed ebraico biblico all’Istituto di filologia classica e orientale San Giustino (Madrid).
Carlos Jódar Estrella (Jaén 1966) insegna Sacra Scrittura alla facoltà di teologia della Pontificia Università della Santa Croce (Roma).
Luis Sánchez Navarro (Madrid 1965) insegna Nuovo Testamento alla Facoltà di teologia San Damaso (Madrid) e all’Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia (Roma).
Descrizione dell'opera
La questione del rapporto tra i due Testamenti è il vero grande problema della teologia biblica. Antica come il cristianesimo, e già interna allo stesso Nuovo Testamento, essa è stata affrontata da insigni biblisti. Ma, paradossalmente, sono proprio i neotestamentaristi ad avere maggiore difficoltà nel cimentarsi, probabilmente per l’enorme autorevolezza di cui il Nuovo Testamento viene rivestito, dato che gli si riconosce il ruolo di offrire un senso cristiano all’Antico.
Il tema ha implicazioni teologiche: come la nuova alleanza si relaziona con l’antica? Implicazioni cristologiche: l’obbedienza alla Torah è via di salvezza indipendente da Cristo? Implicazioni ecclesiologiche: la Chiesa sostituisce Israele? Implicazioni ermeneutiche: Gesù di Nazaret è il punto di riferimento definitivo nell’interpretazione delle Scritture? Implicazioni sul dialogo interreligioso: in che senso Israele è depositario di rivelazione? Implicazioni sulla teologia biblica, perché «essa parte dal presupposto che la Bibbia cristiana consti di una unità teologica formata dall’unione canonica dei due Testamenti» (B.S. Childs).
Lo studio è organizzato in tre parti. La prima si propone di indagare come e attraverso quali modelli la teologia cristiana abbia compreso nei secoli la relazione esistente tra Antico e Nuovo Testamento. La seconda individua le fonti bibliche su cui si radicano tali schemi. La terza tenta di valutare se le categorie cristiane che hanno espresso il rapporto tra i due Testamenti siano effettivamente fondate sulla Sacra Scrittura e in che misura esse possano ritenersi ancora valide o ci sia spazio per nuove prospettive d’interpretazione.
Nella conclusione l’autore propone il modello «dialogico» come risposta al problema del rapporto, facendo ricorso a una categoria di Lévinas, quella del Volto, che supera «l’idea dell’Altro in me» e richiede «un insieme di faccia a faccia».
Sommario
Prefazione. Introduzione. I. Il rapporto tra i due Testamenti nella tradizione cristiana. 1. Modello conflittuale. 2. Modello tipologico/allegorico. 3. Modello “promessa-compimento”. 4. Modello storico-salvifico. II. Il rapporto tra i due Testamenti nei testi biblici. 1. La nuova alleanza: conflitto con l’antica? 2. La lettura tipologica alla luce di Gal 4,21-31. 3. Il modello “promessa-compimento” alla luce di Mt 5,17-48. 4. Il modello storico-salvifico negli scritti di Paolo e Luca. III. Osservazioni critiche e conclusioni. 1. Osservazioni critiche sui quattro modelli. 2. Considerazioni conclusive. Il modello dialogico. Bibliografia.
Note sull'autore
Massimo Grilli si è laureato in scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico ed è docente di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Gregoriana. Tra le sue ultime pubblicazioni: Gottes Wort in menschlicher Sprache. Die Lektüre von Mt 18 und Apg 1-3 als Kommunikationsprozess, SBS 201, Stuttgart 2004 (in collaborazione con D. Dormeyer) e Riqueza y solidaridad en la obra de Lucas, Estella (Navarra) 2005 (in collaborazione con D. Landgrave Gándara e C. Langner).