"Quella penna che non ho visto è l'emozione più forte e la curiosità intellettuale più intensa della lunga giornata. E quando rientriamo in albergo sento di avere in mano il capo di una lenza che a tirarla, piano piano dall'Europa mi farà passare la porta verso la Russia". "Quella penna" è la penna che Goethe donò a Puskin, e della quale non si trova traccia. Parte così, da un filo sottile che si dipana, da una traccia d'inchiostro fantasma, una "indagine narrativa" tra viaggi e ricordi, letture e suggestioni, incontri e ricordi familiari, nel mito della Grande Russia. Alla ricerca "di un dono, di un omaggio, di un'eredità poetica, di un sentimento, di una scintilla vitale".
"Casa chiusa" di Diego De Silva si sviluppa tutta all'interno di una camera da letto in cui un uomo e una donna discutono tra loro di una terza persona amata da entrambi. "L'incognita 'Mah'" di Valerla Parrella mostra una cartomante trans-televisiva dalla vena tipicamente comica in un dialogo surreale con la moglie di un cliente passata a miglior vita. "La soluzione" di Antonio Pascale è ambientata in una Napoli nobiliare dove un padre dilapida il patrimonio di famiglia e una figlia viene confinata in un limbo perché non abbia nulla da pretendere. Tre pièces dove Napoli, la sua lingua, il suo microclima esistenziale, la sua morfologia antropologica, costituiscono il tema e nello stesso tempo il perimetro delle fughe nell'immaginario, degli altrove narrativi e drammaturgici in cui si muovono i diversi protagonisti.
In un isolato villaggio di montagna, un centro terapeutico costruito verso la metà dell'Ottocento è il teatro in cui Dürrenmatt fa muovere i personaggi della sua "commedia". Durante l'estate il centro "Casa della Povertà" è usato come luogo di riposo dai milionari stanchi della loro ricchezza e desiderosi di cambiar pelle per un breve periodo, mentre d'inverno diventa ospedale e rifugio di gangster costretti dalla loro famigerata celebrità a cambiare i connotati. Il Grande Vecchio senza barba, rovescio pagano del Dio del Vecchio Testamento, manovra gli eventi e i personaggi del mondo paradossale e insensato di Dürrenmatt, in cui positivo e negativo si equivalgono e si sovvertono di continuo, i crimini più orrendi avvengono con estrema naturalezza e tutto e tutti sono intercambiabili. E questo universo non è una "valle di lacrime", bensì nient'altro che una "Valle del Caos", dominata dal principio dell'assurdo. Con il linguaggio graffiante che gli è peculiare Dürrenmatt colpisce la società con una satira amara e grottesca, condotta sul filo di una tensione sempre incalzante, che si risolve in un finale grandioso e apocalittico.
Guido, uno dei figli della signora Traversari, rientra a casa un giorno con un bambino per mano. Salvino ha dieci anni e un passato segreto. Dei suoi genitori non si sa nulla, né Guido fornisce spiegazioni, anche se tra lui e il piccolo sembra esserci una confidenza costruita nel tempo. Per tutti l'arrivo di Salvino è un tornado interiore. Non solo e non tanto perché è difficile accettare l'estraneo, l'intruso che irrompe nelle nostre esistenze e le sconvolge, un po' le brucia e un po' le rigenera. Le ragioni per cui la sola presenza di quel bambino è sufficiente a modificare gli equilibri di una famiglia e degli individui che la compongono sono in gran parte oscure: ed è proprio questa zona buia, questo luogo di verità in movimento, che il romanzo di De Silva attraversa senza dare né chiedere spiegazioni.