Quando gli imperi scoprirono di avere al loro interno delle minoranze? Oggi la domanda può sembrare assurda, ma rispecchia esattamente la questione dell'evoluzione dei sistemi imperiali: da aggregazioni di "nazioni" diverse sotto un unico sovrano a soggetti che, a confronto con i nuovi stati usciti dalle rivoluzioni costituzionali, avevano anch'essi bisogno di una identità etnico-nazionale aggregante, per cui i non-assimilabili divenivano "minoranze" Il volume esplora questa problematica sia nella sua genesi storica riguardo all'evoluzione delle ideologie imperiali, sia nella crisi concreta che i vari sistemi "multinazionali" affrontarono nell'Europa del trionfo dei nazionalismi e, quasi una contraddizione, del nuovo tipo di imperialismo su basi etniche che questi finivano per promuovere di fronte alla questione coloniale. Studiosi di varia estrazione e sensibilità propongono in queste pagine una lettura dei vari "modelli" di Impero (quello britannico, quello tedesco, quello asburgico, quello russo e quello ottomano) e si addentrano poi nell'esame delle strutture con cui gli imperi cercarono di costruire la loro peculiare identità: l'esercito, la scuola, la religione.
Gli anni seguiti alla fine del secondo conflitto mondiale sono stati qualcosa di più di un "dopoguerra". Il termine "ricostruzione" esprime la consapevolezza di una svolta in qualche modo epocale: il grande disegno politico che si era espresso nella fondazione dei sistemi costituzionali tra la fine del Settecento e la Grande guerra, sfidato in seguito dai fascismi, necessitava di essere ridisegnato, non semplicemente restaurato. Esperienze quali lo stato sociale, la democrazia rappresentativa, gli interventi pubblici in economia, la dinamica partitica come strumento di canalizzazione del consenso politico dovevano trovare nuove forme di articolazione. In questo contesto ebbero un ruolo chiave Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer: simbolicamente a cavallo tra due stagioni della politica, essi guidarono il complesso processo di ricostruzione dei sistemi democratici, interpretando nuovi modelli di leadership politica. Il volume traccia un quadro e un bilancio di una stagione emblematica in cui sono riconoscibili le radici dell'Europa di oggi
Le raffigurazioni del giglio e della spada rappresentano i simboli dei due poteri attribuiti alla sovranità: quello di punire e quello di perdonare. La grazia, il potere di condonare in tutto o in parte una pena, è, nei lunghi secoli dell'età moderna, uno dei segni distintivi della sovranità. Il potere di grazia non si esaurisce però con la fine dell'antico regime ma permane, in modi e in forme diversi, anche all'interno di molti ordinamenti costituzionali e giuridici dell'Europa contemporanea. I saggi contenuti in questo volume si propongono come una riflessione storica, giuridica, teologica e politica, sui temi del perdono, della grazia, della giustizia, partendo dall'oggi per risalire alle radici. Muovendo dai problemi generali e dai lessici, si passa a indagare le modalità di conseguimento del perdono e della grazia, le procedure, i linguaggi, i rituali, i protagonisti e i mediatori. Alla concessione della grazia sono connessi anche processi di contrattazione. La richiesta di grazia, in tal modo, costituisce una modalità di azione della quale possono usufruire le comunità, le famiglie, i singoli imputati. Da ultimo sono affrontati i problemi della riconciliazione e del perdono in chiave più propriamente politica, nell'Italia dal secondo dopoguerra a oggi.
Il volume si prefigge di approfondire le vicende, le relazioni, gli orientamenti del cardinale Giovanni Morone, uno dei protagonisti della storia della Chiesa e della vita religiosa del Cinquecento, di cui simboleggia e riassume le contraddizioni. Diplomatico di statura europea, processato e imprigionato per eresia sotto Paolo IV, liberato alla morte di questi e legato pontificio all'ultima fase del concilio di Trento, il personaggio acquista dalle ricerche che vengono qui presentate una ricchezza ulteriore, anche nel confronto con altre figure altamente significative della Chiesa dell'età tridentina con cui fu in rapporto: dal papa Pio IV a Carlo Borromeo al cardinal Madruzzo a esponenti del mondo degli "spirituali". Nello stesso tempo, dal volume emergono con chiarezza i problemi e le difficili scelte di quegli anni, le prospettive di riforma che il concilio parve aprire ma che andarono in parte deluse e il significato storico dell'ascesa al trono papale del sommo inquisitore Michele Ghislieri, con la fine definitiva di una stagione della vita della Chiesa.
"Se vuoi saperne più del demonio, leggi il Sànchez De matrimonio", recitava un adagio ancora circolante nella Spagna d'inizio Novecento, alludendo alla dovizia di particolari con cui il gesuita andaluso si addentra nei recessi dell'intimità coniugale con le sue Disputationes (1602-1605). Benché istituto santificante, confermato come sacramento dal Concilio di Trento, il matrimonio è guardato dalla teologia cattolica come luogo di una corporeità piena di ombre, che il teologo e canonista disseziona nelle sue forme - possibili e impossibili - valutandone liceità e peccaminosità. Atti, uso dei sensi, gesti con cui i coniugi possono mettersi in relazione, ma anche commozioni e movimenti sottili che sfuggono all'occhio esterno e che solo l'individuo, chiamato all'ascolto di sé e al dialogo con la propria coscienza, può percepire. È la sfera della "sessualità", intorno alla quale Tomàs Sànchez organizza un discorso di eccezionale minuzia, salvifico nei suoi intenti, ma dagli esiti paradossalmente al limite dell'osceno. Questo studio ne analizza le ragioni storiche, il contesto intellettuale, le fonti e la controversa ricezione presso le gerarchie ecclesiastiche.
Il volume unisce all'interesse di ricerca scientifica su una figura molto discussa e documentata - quella dell'imperatore romano Costantino il Grande (274-337) - l'esigenza di una revisione della memoria storica del cristianesimo su tematiche di fondamentale interesse. Parlare di Costantino nel passaggio dall'età medievale a quella moderna significa infatti riconsiderare il "battesimo di Silvestro", la fondazione di Costantinopoli, la "translatio imperii" e la "Donazione di Costantino" non tanto per mettere in campo le indagini - e le polemiche - sulla formazione di una serie di falsi" storici, ma per indagare sull'impiego che l'età moderna ha fatto e fa dei vari "miti" concernenti questo imperatore. Un'attenzione particolare viene rivolta all'iconografia relativa a Costantino, che ha esercitato una funzione fondamentale per diffondere e fissare a tutti i livelli l'immagine "ufficiale" dei momenti salienti della sua storia. La trattatistica politica di quei secoli viene inoltre riesaminata sotto il duplice versante della contestualizzazione storica e dell'elaborazione della tradizione, non senza qualche approfondimento su aspetti specifici, come quello della presenza della figura del primo imperatore cristiano nella Russia moderna o nella cultura del ducato di Savoia.
Maria Arcangela Biondini, fondatrice nel 1689 del monastero delle Serve di Maria riformate di Arco, nella diocesi di Trento, è una figura carismatica all'interno del panorama religioso e sociale della seconda metà del XVII secolo. La sua vasta produzione letteraria di carattere autobiografico, spirituale, mistico, storico e poetico è conservata nell'archivio del monastero delle Serve di Maria di Arco. I saggi del volume intendono fornire un primo contributo alla comprensione di suor Maria Arcangela e della sua opera dal punto di vista storico, teologico, letterario, psicanalitico.