Palamède Bernardin è l'ingombrante vicino di casa di Emile e Juliette, una coppia di anziani coniugi che decidono di ritirarsi in campagna per trascorrere gli ultimi anni della loro vita in una felice cornice bucolica. Ma i due vengono quotidianamente perseguitati da un vicino obeso e silenzioso, Palamède appunto, che tuttti i pomeriggi, rende loro visita invadendo, con la sua enorme mole, il salotto. E le cose si complicano ulteriormente quando a queste riunioni silenziose si unirà anche la moglie di Palamède, Bernadette, un essere informe.
Quattro donne alle prese con un atlante geografico a fascicoli. Diversissime tra di loro, per carattere e vissuto, tutte e quattro sono accomunate dall'età, i fatidici e temuti quarant'anni, e le crisi esistenziali in cui sono disperatamente coinvolte. Marisa odia il proprio corpo ed è terrorizzata dall'amore; Rosa, inghiottita da una passione sfortunata, si è buttata alle spalle un matrimonio altrettanto sfortunato; Fran, ritrovatasi con il proprio compagno, sente che le manca qualcosa; Ana naviga nel mare burrascoso di una relazione con un uomo sposato. Mentre il lavoro prende forma, la ricerca di dati si fa ricerca interiore, racconto di vita. E alle pagine dei fascicoli si sostituiscono quelle di cronaca intima.
Sam ha quasi sedici anni e vive a North London con la mamma, una mamma giovane, single moderna e che non ostacola la grande passione del figlio per lo skateboard. Superato il periodo dei litigi fra i suoi genitori, superati i problemi a scuola con l’odiata matematica, Sam da un po’ sta uscendo con Alicia, che ha conosciuto a una festa, ed è una di quelle ragazze di cui ci si innamora esattamente dopo due secondi. Forse questo significa che per Sam è arrivato il momento fatidico di fare sesso, ma lui sa che «fare sesso a quindici anni è una cosa grossa, se tua mamma ne ha trentuno». La sfida allora diventa sfuggire al destino beffardo che incombe sulla sua famiglia, in cui «tutti inciampano sempre sul primo gradino », insomma sembrano destinati a fare una scemenza e a passare il resto della vita a cercare di rimediare. Ci riuscirà?
A sostenerlo nell’impresa c’è un amico straordinario in tutti i sensi, anzi un Eroe: Tony Hawk, «il J.K. Rowling degli skater». Solo con lui - anzi, con il suo poster, che tiene appeso in camera - Sam può confidarsi quando la sua vita inizia ad assomigliare sempre meno a quella che aveva in mente, e diventa un incubo da cui si può solo cercare di fuggire. Tony non lo deluderà mai, anzi, con i suoi poteri speciali, riuscirà a fargli «vedere il futuro» e, forse, affrontare il presente.
Un bel mattino, a Milano, a Roma, o in qualsiasi altra città del mondo, le lampadine non si accendono, il frigorifero è spento, niente caffè al bar, niente benzina alle pompe. In un batter d'occhio crollano banche e assicurazioni, il denaro non vale più. Il panettiere con forno a legna è preso d'assalto, tornano in auge le biciclette e l'energia prodotta dal sole, dal vento e dai combustibili vegetali finalmente si afferma. Le guerre del petrolio non hanno più ragione di esistere. I potenti di turno rimangono intrappolati nelle loro ville superprotette e superaccessoriate, mentre i politici e i religiosi paludati smettono di fare chiacchiere inutili e razzolano insieme agli altri affamati. Le città si svuotano e si riempiono di nuovo le campagne. E ovunque si ritorna spontaneamente a riunirsi, a discutere.
Di ritorno dall'Unione Sovietica nel 1936, Celine pubblica il primo dei suoi scottanti e sbalorditivi pamphlet politici: "Mea culpa". Il testo, che qui viene proposto nella traduzione e con una introduzione di Giovanni Raboni, non è solo l'appassionato e disperato atto d'accusa contro gli spaventosi limiti della natura umana, ma anche una preziosa testimonianza che permette di cogliere le illuminazioni di una spregiudicata profezia. In appendice al volume sono raccolti due testi che documentano da un lato la storia della ricezione di Mea culpa in Russia e rivelano dall'altro il rapporto di Celine con autorevoli esponenti francesi della "letteratura impegnata".
Keplero, il grande astronomo tedesco vissuto tra il XVI e il XVII secolo, uomo di meravigliosa tensione intellettuale, enunciatore della teoria del moto dei pianeti, continuatore di Copernico: questo l'affascinante personaggio che John Banville ha descritto in un romanzo-biografia. Una vita raccontata con curiosità scientifica. Ma ciò che stupisce di più è la capacità di aderire alla realtà minuta, di evocare suoni e colori di un'epoca insieme fosca e fastosa. Lo splendore di una carriera, la vibrante emozione della scoperta si mescolano alle traversie famigliari, agli aspetti inevitabilmente torbidi o gretti del privato, al continuo assillo del denaro, alle manovre per regolare un rapporto sempre difficile con i potenti. Keplero è qui marito tormentato e irrequieto, bevitore smodato, funzionario frustrato e diffidente, complice o vittima di intrighi: la perfetta incarnazione di una società, di un periodo che il suo genio ha superato e irriso.
Un'antologia di poesie tratte dalle più famose raccolte del grande poeta francese. Incentrata soprattutto sul tema dell'amore e su quello della libertà (libertà politica ma anche esistenziale), comprende alcuni dei suoi componimenti più celebri. Vi sono i ricordi autobiografici e le descrizioni della natura, l'amore per gli animali e l'affetto per gli amici; su tutto domina, viva e vibrante, Parigi, con le sue strade e i suoi ritrovi, i suoi colori e i suoi volti, così come l'ha restituita il suo impareggiabile interprete. Con testo originale a fronte.
Scritto nel 1974 nello stile scarno del "racconto per film", Falso movimento riprende il tema goethiano degli anni di pellegrinaggio e apprendistato di Wilhelm Meister e lo condensa nel viaggio dallo Schleswig-Holstein alle Alpi Bavaresi del giovane protagonista, Wilhelm. Durante il viaggio, Wilhelm conosce un vecchio suonatore ambulante e la sua piccola compagna di avventure, Mignon; un'attrice, Therese; Bernhard, svizzero e poeta. Nasce così una piccola comunità che dialoga, monologa, a volte semplicemente cammina in silenzio. E in un confronto scarno, essenziale, si precisa la vocazione del giovane protagonista: diventare scrittore. Per Wilhelm, però, ogni contatto con l'esterno è un ostacolo alla scrittura poiché questa, per non essere falsa, deve rigorosamente escludere ogni immagine che non provenga dall'intimo. Ed ecco animarsi il dibattito tra Wilhelm e i compagni di viaggio che gli rimproverano il suo programmatico distacco, interpretandolo come una fuga dalla realtà. In questo confronto, Handke chiarisce la sua posizione; muoversi fuori da una rigorosa dialettica interno-esterno significa fare un movimento falso, che non coglie l'essenza delle cose. Ecco perché dunque anche il viaggio che Wilhelm ha intrapreso è un falso movimento finché resta un viaggio all'esterno e non all'interno di se stessi. E infatti la vocazione di Wilhelm giungerà a realizzarsi nella quiete della Zugspitze, alla fine del viaggio e all'inizio della vita, il movimento vero e tanto atteso.
"Il dio delle piccole cose" narra la vicenda di una donna che lascia il marito violento e torna a casa con i suoi due bambini, i gemelli Estha e Rahel, maschio e femmina. Ma nell'India meridionale dei tardi anni Sessanta, una donna divorziata come Ammu si ritrova priva di una posizione sociale riconosciuta; a maggior ragione se commette l'errore imperdonabile di innamorarsi di un paria. Non è dunque una vita facile quella toccata ai due gemelli, legati nel profondo da "un'unica anima siamese". Attraverso lo sguardo di Estha e Rahel, prende forma la storia di un grande amore, in cui si riflette il tema universale dei sentimenti in conflitto con le convenzioni.
Leo Gursky fa del suo meglio per sopravvivere; vive alla giornata, emarginato in una città enorme come New York, legge i libri del figlio, che è un famoso scrittore ma che non lo conosce, e ogni sera batte alcuni colpi sui tubi della caldaia di casa, per fare sapere al suo vicino che è ancora vivo. Ma la sua vita non è sempre stata così. Quando ancora era giovane, ebreo nella Polonia degli anni Trenta in cui era nato, Leo Gursky si era follemente innamorato di Alma e aveva scritto un libro in yiddish, "La storia dell'amore", racconto di quel suo impossibile sentimento. E Leo non sa che, nonostante le fughe e le persecuzioni subite dai suoi protagonisti, quel libro esiste ancora...
Ospedale di Edimburgo, rianimazione: Roy Strang giace in coma in seguito a un tentato suicidio, ma la sua mente è un continuo frullio di ricordi, sogni e deliri. Roy rivive l'infanzia e l'adolescenza in una famiglia di spostati, le botte prese, i traumi subiti; tutta la violenza incamerata esplode anni dopo, quando entra in una banda di hooligans e viene coinvolto in uno stupro di gruppo che lo lascia in preda a un vertiginoso senso di colpa. Alla rievocazione del terribile passato si intrecciano fantasie che sono proiezioni delle sue inquietudini.
In una scelta ampia di scritti tratti dai suoi migliori romanzi, il percorso umano e letterario dell'autore sudamericano da poco scomparso proposto da Pino Cacucci, suo traduttore e scrittore in prima persona. Ne emerge il ritratto di un uomo che ha segnato la storia della letteratura latinoamericana, affascinando prima i giovani del suo paese e in seguito quelli di tutto il mondo, raccontando la terra spietata e possente "alla fine del mondo" e trasmettendo quel senso di smarrimento e di infinita debolezza dell'uomo di fronte alle forze indomabili della natura.
"Il canto della vita" è un'antologia che raccoglie i versi più significativi di Tagore composti sui temi a lui più cari: la vita, la morte, Dio, il dolore, la gioia. Il poeta celebra soprattutto l'amore, con sensibilità tutta orientale: una sintesi di amante e amato, vicina a Dio o identificabile con Dio stesso, un sentimento tormentoso e insieme vitale, che muove energie che investono la realtà intera e il cosmo. Come ha scritto W.B. Yeats, Tagore, al pari della civiltà indiana, ha realizzato la sua pienezza nello scoprire l'anima e nell'abbandonarsi alla sua spontaneità.
Con la sua cresta da mohicano, la sua chitarra elettrica in spalla e un ego grande così, il giovane Eddie Virago, "primo punk di Dublino", lascia l'Irlanda e, pieno di speranze in un talento musicale che convince solo lui, approda nella terra del successo: la grande, caotica, variegata Londra, vista attraverso lo sguardo sarcastico, tagliente di un grande narratore.
Con una vecchia fotografia in mano, un giovane studente, che si chiama Jonathan Safran Foer, visita l'Ucraina per trovare Augustine, la donna che può aver salvato suo nonno dai nazisti. Jonathan è accompagnato nella sua ricerca da un coetaneo ucraino, Alexander Perchov, detto Alex. Alex lavora per l'agenzia di viaggi di famiglia, insieme a suo nonno che, a dispetto di una cecità psicosomatica fa l'autista, e in compagnia di una cagnetta maleodorante, chiamata Sammy Davis Jr Jr, in onore del cantante preferito dal nonno.
Max Barabander, ebreo con un passato di affari loschi e la morte prematura di un figlio alle spalle, rientra in Polonia dopo gli anni dell'emigrazione in Argentina. Ha quarantasette anni e un dolore tanto lacerante da incrinare irrimediabilmente il rapporto con la moglie. È il 1906. In Polonia Max rientra anche per trovare un'altra donna, per risvegliare l'eros a lungo sopito nel lutto, per dimostrare a se stesso di essere ancora un uomo. All'arrivo trova una Varsavia che, al crocevia dei due secoli, è profondamente cambiata. Ritrova il suo quartiere, crogiolo di ricordi e legami di sangue, brulicante di emarginati, prostitute, truffatori, babele che lo risucchia in un vortice di inganni e dissoluzione.
Raccolta di poesie pubblicata subito dopo la Seconda guerra mondiale, è in perfetta sintonia con il clima culturale del proprio tempo. C'è la stessa ansia di uscire dalla pagina ed entrare nella vita che determinò il successo mondano dell'esistenzialismo, c'è l'eco di qualche battuta come si immaginava che Sartre potesse pronunciarne al Café de Flore, c'è il cabaret colto, Brecht, la capacità di fare inquadrature come quelle memorabili dei film di Camé, e di dare alle immagini ora la compattezza del volto proletario e fraterno di Jean Gabin, ora quell'effetto di dissolvenza che per chi ha vissuto in Bretagna sarà sempre un molo che si scioglie a metà tra la sabbia e il cielo, nella nebbia della bassa marea.
Ecco una scelta di poesie di Jacques Prévert tra le più famose. Una raccolta che mette in luce "la sorprendente naturalezza del vero talento poetico di Prévert" scrive Maurizio Cucchi nella sua introduzione a questo volume, "la sua capacità rarissima di invenzione a ruota libera, l'apparente gratuità dei suoi giochi dei suoi lunghi, interminabili cataloghi, il surrealismo 'popolare' di tanti versi. Uno stile e una personalità che lo portano a muoversi sempre con noncurante disinvoltura tra l'arrogante e il tenero, tra l'aristocratico e il plebeo, nell'insieme di composizioni che costituiscono sempre un accortissimo artificio, un paradosso perfettamente riuscito, un meccanismo affascinante."
Il volume raccoglie quattordici racconti, bozzetti, leggende, esperienze vagamente autobiografiche che, nella grande tradizione del racconto ebraico, recuperano un antico patrimonio e formano un affascinante capitolo sulla condizione umana. Dalla storia di un singolare adulterio consumato tra due coniugi da lungo tempo separati e divorziati, al racconto in cui l'anima di un peccatore defunto si incarna nel corpo di un vivente e si impossessa dei suoi gesti, della sua voce, della sua volontà, Singer si nasconde di volta in volta dietro una varietà di voci per riscrivere, sempre in prospettiva, mai in prima persona, la propria storia di autore yiddish trapiantato a New York.
Agosto. Emilia, fotografa quarantenne, parte per le vacanze in Sardegna. Un marito in India per lavoro, una bambina di sei mesi che patisce il mare, un figlio undicenne che, fortemente determinato a isolarsi dall'"umanità coetanea" per rivendicare il diritto a una felicità tutta sua, passa il tempo a pescare e fabbricarsi le esche impastando palline di pane. L'unico aiuto potrebbe essere la nuova baby-sitter: ma è un'enigmatica ragazza portoghese che non sa una parola di italiano e si porta dietro un'inverosimile macchina da cucire a pedali. La vacanza inizia e dà vita a una serie di situazioni buffe e di reazioni imprevedibili, che s'insinuano tra le chiacchiere in spiaggia e scardinano certezze e opinioni comuni e conformiste.