L'autore ripercorre la storia millenaria del concetto di "Uguaglianza", una storia che si svolge tra luminose speranze e contraddizioni cocenti. Nel mondo antico l'uguaglianza è limitata dalla differenza gerarchica, fino al paradosso di Atene, culla della democrazia europea e, insieme, luogo di schiavitù. Più tardi, proprio dall'uguaglianza la cultura cristiano-medievale muove nei termini di una fratellanza universale, salvo ricavarne la necessità della subordinazione dell'uomo nella vita terrena. E ancora la filosofia politica moderna costruisce lo Stato partendo dall'assioma di un'uguaglianza naturale tra gli individui, che però nella realtà si trova a fare i conti con coppie dialettiche quali cittadino straniero, proprietario-proletario, padrone-schiavo, uomo-donna. Infine, l'oggi: un tempo incerto, caratterizzato dai fenomeni globali che sfidano l'uguaglianza sul terreno della sua contraddittoria universalità.
Dai moti di piazza Tien an Men al crollo del Muro di Berlino e alle proteste contro il G8 e il WTO, l'età globale è contrassegnata dalla disobbedienza, tornata sulla ribalta della storia dopo lunghi anni di silenzio. Il volume offre una ricostruzione sistematica dei modi in cui la disobbedienza è stata elaborata, sostenuta e criticata nella storia del pensiero politico occidentale. In un percorso che va da Antigone agli hacker contemporanei ne è esaminata la comparsa nel lessico politico e ne sono ricostruite le diverse manifestazioni, nell'intento di mostrare come la sua ricchezza semantica sia ben più ampia della lettura "liberale" con cui essa è stata identificata, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Non un'alternativa moderata della rivoluzione e della ribellione, ma un diverso modo di intendere la politica radicale, fondato sulla sottrazione e la defezione dall'ordine costituito.
Raffaele Laudani è assegnista di ricerca presso l'Università di Bologna. Ha insegnato alla Columbia University di New York. Con il Mulino ha pubblicato "Politica come movimento. Il pensiero di Herbert Marcuse" (2005).
Nell'epoca del pensiero liberale e socialista il legame tra religione e politica sembrava essere caduto nell'oblio e interessare soltanto l'archeologia storica o l'interpretazione sociologica, quasi fosse un problema legato a una fase primitiva della civiltà. Ma è davvero possibile un ordine politico e statuale del tutto immanente, senza nessun riferimento alla trascendenza? Tale questione centrale si riassume nella formula "teologia politica" e costituisce ancor oggi una delle più potenti forze della storia umana. Questo libro ricostruisce le vicende della teologia politica soffermandosi sulla sua origine nell'antichità, sullo sviluppo che essa ebbe nel Medioevo, sulle riprese durante la Riforma e la Controriforma, sulla sua eliminazione nella dottrina dello Stato moderno e sulla sua rinascita nella filosofia politica e nel pensiero religioso del Novecento. Nel corso della storia la riflessione teologica e politica ha immaginato il rapporto fra immanenza e trascendenza in modi diversi, ma in ogni momento mantenendo ferma l'idea che la politica ha al suo cuore un riferimento necessario al teologico, dal quale tuttavia deve sempre emanciparsi, pena il suo annichilimento.
La natura umana è un oggetto ricorrente dell'attenzione dei media. Essa è implicitamente chiamata in causa da qualsiasi problematica politica; sul come e sul quando dei suoi inizi esistono giudizi scientifici spesso contraddittori, strategie politiche contrapposte, laiche e confessionali, e una complessa normazione giuridica. Ma la centralità della natura umana nella riflessione filosofico-politica ha anche una storia ricca e articolata: si tratta di una tematica che da Platone e Aristotele confluisce nel pensiero cristiano di Agostino e Tommaso, fa i conti in età moderna con le scoperte geografiche e scientifiche, per suscitare infine nuova attenzione nel Novecento con l'antropologia filosofica di Gehlen e con la biopolilica di Foucault.
L'utopia è una forma della riflessione politica la cui caratteristica prevalente è quella - indicata già da Platone - di essere un modello politico creato "col discorso". L'altro tratto specifico consiste nel fatto che questo modello è proposto per mezzo di un procedimento narrativo, che presenta come possibile, esistita o esistente, una società ideale. Questi caratteri hanno apparentato, sin dall'origine, l'utopia ad altre modalità del discorso politico, come il progetto, e ad altre forme narrative, come il viaggio, il romanzo filosofico, la fantascienza. Nel seguire il percorso del genere utopico, l'autore considera le variabili e le costanti che ne scandiscono la storia, ricostruendo archetipi, linguaggi e ricorrenze.
Fra i termini chiave della politica, "governo" è quello che meno si può staccare dalle sue applicazioni pratiche. Il volume lo affronta perciò sul doppio binario dell'elaborazione concettuale e dei concreti sistemi istituzionali, costituzionali e amministrativi, seguendone la storia dall'antichità greco-romana al composito universo medievale, alla Firenze rinascimentale e all'assolutismo francese. In seguito descrive il sorgere dell'idea e dei sistemi di governo contemporanei attraverso la storia costituzionale inglese, gli esperimenti istituzionali delle rivoluzioni americana e francese, la pratica governativa delle monarchie ottocentesche.
Preterossi traccia la storia del concetto di autorità a partire dalle sue prime origini nel diritto romano e ne segue poi il transito nel pensiero cristiano e nella riflessione medievale relativa alla relazione tra Chiesa e Impero. Con lo svincolamento del concetto di autorità dalla trascendenza, il Rinascimento avvia la secolarizzazione della politica che trova il suo compimento in Hobbes. Il volume procede poi a un'originale disanima dei mutamenti del concetto in età contemporanea, da Hegel al positivismo, dalle teorie delle élites a Weber, dalla psicoanalisi all'etologia, per finire con le teorizzazioni dello stato autoritario degli anni Trenta, e quelle della filosofia e della scienza politica più recente.
Il concetto di "interesse" ha avuto una vicenda così rocambolesca che viene spontaneo chiedersi se esso possegga realmente una sostanza politica. Il volume affronta le tappe rilevanti di questo percorso: dall'origine dell'utile nel mondo antico all'incerta nascita moderna dell'interesse, dal cosmo degli interessi dell'Ancien Régime all'interesse di Stato, all'interesse nazionale, alla democrazia degli interessi. Filo conduttore della ricostruzione sono i conflitti fra interessi o i loro più o meno instabili equilibri.
Il volume ripercorre la storia del concetto di democrazia come "carta d'identità" dell'Occidente, e ricostruisce i mutevoli significati che nel corso del tempo sono stati attribuiti ai principi dell'eguaglianza politica, della sovranità popolare e dell'autogoverno dei cittadini. Pur restando orizzonte insuperabile della convivenza civile, la democrazia si trova ad affrontare nel mondo contemporaneo nuove sfide, che hanno il volto minaccioso di una globalizzazione dei processi produttivi capace di scatenare, per reazione compensativa, forme di orgoglio etnico e di fondamentalismo religioso.