È la mattina del 25 dicembre. Lo scrittore e giornalista Paolo Valera, la cui voce data per sovversiva gli valse il carcere alla fine del XIX secolo, ci fa entrare nella cupa atmosfera del reclusorio di Finalborgo: lì l'astio che grava sul cuore dei detenuti si scioglie appena un poco al giungere dei messaggi d'auguri delle famiglie, e di una colazione condivisa con i forzati dimenticati da tutti. In quello stesso momento esce di prigione il protagonista del racconto contemporaneo di Eleonora Carta: graziato dall'annuale amnistia natalizia, assapora la consapevolezza di essere libero e vivo. Una certezza che subito vacilla: la libertà si trasforma in un viaggio allucinato oltre i confini delle leggi fisiche, che lo condurrà davanti a una delle immagini più tenacemente radicate nell'immaginario religioso occidentale. Quale altro accompagnamento potrebbe celebrare al meglio questo insolito connubio, se non il suono senza tempo delle ciaramelle di Giovanni Pascoli? I suoi versi aprono il libro, rassicurandoci subito sul fatto che, in qualunque epoca e condizione ci troviamo, l'atmosfera del Natale sarà sempre la stessa.
Due racconti natalizi: uno con le atmosfere della campagna toscana di un 1927 non troppo diverso da oggi; l'altro calato nel nostro tempo e nei suoi meccanismi. A unirli, il Natale in cui viene appagata la fame, quella materiale (che, nelle parole di Ferdinando Paolieri, aggredisce le viscere di Granfialunga nel bosco) e quella affettiva (come accade al protagonista del testo di Susanna Trossero, il quale comprende infine quale nome dare al vuoto che si accompagnava alla sua diffidente libertà). Quel che emerge per tutti è l'augurio che ciò che è stato negato, ci raggiunga il 25 dicembre, come un regalo.
Lo spirito natalizio può assumere le forme più diverse, nel tempo e nello spazio, e rispondere a differenti nomi. In questo volumetto ne sono accostate non a caso differenti interpretazioni lontane cronologicamente (quella di Luigi Pirandello risalente agli sgoccioli dell'Ottocento, quella contemporanea di Laura Bonelli, le quattro Cantilene di Emilio De Marchi dal sapore antico) ma accomunate da un'idea del Natale molto umana: c'è l'amore per la tradizione della festa e il desiderio segreto di distaccarsene, ci sono aspirazioni profane e ravvedimento spirituale, c'è un tocco di furbizia popolare, ma soprattutto aleggia un senso di calore semplice, che non richiede spiegazione, come quello che emana da un presepe di quartiere con il cielo di cartapesta.
Due fiabe natalizie accomunate dallo sfavillio della luce che, però, non riesce a fugare del tutto gli egoismi dell'animo umano.
Ne Il Natale di Fortunato, celebre testo di Guido Gozzano, vediamo come la ricchezza e gli agi possono rovinare anche il più pio degli uomini.
Francesca Sanzo ne Il Natale di Amalia, invece, ci mostra una donna benestante, talmente innamorata della luce natalizia da non rendersi conto che potrebbe rimanerne accecata.
L'anonima Lauda posta in apertura delle fiabe, però, ci riporta all'essenziale: la vita che si apre all'accoglienza.
Due racconti sul diverso modo di vivere il Natale, introdotti da una poesia di Jules Laforgue.
Il primo La festa di Natale di Carlo Collodi, è una parabola che, attraverso la crescita di Alberto, un bambino di sette anni, ci ricorda l’importanza di accorgersi di chi è meno fortunato di noi.
Il secondo, Un Natale come tanti altri di Eleonora Mazzoni, mostra invece come i nuovi e rumorosi vicini di casa dell’anziana signora Bini riescano a sconvolgerle la vita al punto da farle dimenticare il Natale, oramai un giorno uguale a tutti gli altri.
Due racconti sul diverso modo di vivere l'attesa della Vigilia di Natale, introdotti da una poesia di Edmond Rostand. "Il dono di Natale" di Grazia Deledda è ambientato nella Sardegna dei primi del Novecento. Dopo la messa della Vigilia, i cinque fratelli pastori festeggiano, davanti al focolare dell'umile casa, il fidanzamento dell'unica sorella consumando carne arrosto, focacce e una torta di miele. "A.D. 2953" è un racconto distopico in cui un nuovo ordine mondiale ha preso il potere sulla Terra. La razza umana, sfidando le leggi di natura e sostituendosi a Dio, è diventata immortale. C'è ancora, però, una frangia dissidente e una luce di speranza. Seppur così apparentemente lontani, un filo rosso lega i due racconti che, nel finale, ci svelano che il dono più grande è il miracolo della vita.
La stessa città fa da sfondo ai due racconti: la Milano di fine Ottocento di Camillo Boito e la Milano di oggi di Patrizia Violi. Prima c'era l'omnibus, adesso c'è la metropolitana. Molte cose sono cambiate col passare del tempo, altre invece sono immutabili. Come, per esempio, la solitudine che può provare un uomo, camminando per le vie deserte e nebbiose, mentre dalle sale da pranzo delle case riecheggiano le risa festose delle famiglie, riunite intorno alla tavola per celebrare la vigilia di Natale. Età di lettura: da 8 anni.
«Il ricordo è un modo di incontrarsi» affermava Gibran e questa frase è molto più vera a Natale, quando i momenti delle feste passate tornano a galla e riempiono il cuore. I testi di questo quarto libretto della collana Natale ieri e oggi vogliono proprio ricordare (cioè ridare al cuore) il senso della festa.
Con Matilde Serao compiamo un viaggio dove tutto è iniziato: con il suo piglio giornalistico, infatti, Serao descrive Betlemme, la grotta del presepe e il villaggio di Ain Kerem. Le rimembranze di un suo viaggio in Palestina diventano per noi testimonianza di un Natale che non c’è più.
Ne L’orango Giulio Laurenti ci guida in un viaggio più intimo in cui nel presepe, come tipica rappresentazione che allestiamo nelle nostre case, figura anche un orango, personaggio insolito, che rappresenta lo spartiacque tra l’infanzia e l’età adulta.
I due racconti sono introdotti dalla poesia Febbre di Vittoria Aganoor Pompilj che, ancora una volta, si muove nel vasto orizzonte dei ricordi natalizi.