Due fiabe natalizie accomunate dallo sfavillio della luce che, però, non riesce a fugare del tutto gli egoismi dell'animo umano.
Ne Il Natale di Fortunato, celebre testo di Guido Gozzano, vediamo come la ricchezza e gli agi possono rovinare anche il più pio degli uomini.
Francesca Sanzo ne Il Natale di Amalia, invece, ci mostra una donna benestante, talmente innamorata della luce natalizia da non rendersi conto che potrebbe rimanerne accecata.
L'anonima Lauda posta in apertura delle fiabe, però, ci riporta all'essenziale: la vita che si apre all'accoglienza.
Ormai è pacifico intendere Gozzano come il poeta che ha dato la svolta decisiva alla poesia italiana nel primo Novecento: corrodendo la mitologia dannunziana con l'ironia ha permesso di abbassare i toni e di voltare le spalle alla retorica. Senza Gozzano non sarebbero arrivati Montale e la maggior parte dei post-montaliani. La poesia di Gozzano condensa un forte nucleo emotivo attraverso l' artificio: dei sentimenti, che per essere veri devono sembrare falsi; e formale, come i raffinati giochi sulla metrica tradizionale che la evocano nel momento stesso in cui la mettono in crisi. Per molto tempo considerato riduttivamente il cantore delle "buone cose di pessimo gusto", la rivalutazione di Gozzano è partita grazie a Sanguineti, che sul poeta torinese ha prima scritto un saggio fondamentale (Da Gozzano a Montale, 1955), poi una monografia per Einaudi (1966) e infine, sempre per Einaudi, ne ha curato l'edizione commentata di tutte le poesie nella Nue (1973), poi aggiornata negli Struzzi (1984). Ora riproponiamo per la prima volta nella collana "bianca" questa storica edizione che vuole essere contemporaneamente un omaggio a Gozzano, nel centenario della morte, e a Sanguineti, la cui scomparsa ha lasciato un vuoto di intelligenza nella cultura italiana.
Dedicato a: ai compagni di avventura, ognuno con la sua dote, a chi ama la natura a chi non ha paura delle sfide e osa costruire una nave che va per mare e per terra. Età di lettura: da 6 anni.
L'Esposizione fu per molti mesi "il paese fuori del mondo"; ed è stato questo forse il suo fascino più grande e più sottile; l'uomo d'affari stanco di cifre e di parole, la donna angustiata dalle vicende famigliari, l'operaio e lo scrittore, la crestaia e la gran dama, tutti esulavano per qualche ora nella città fittizia, come ad un refrigerio. E non per divertirsi affluiva la folla: un'esposizione non diverte mai nel senso comune della parola, tanto che si sente la necessità di ricompensare le fatiche del visitatore con un apposito parco dei divertimenti; la folla accorreva per ritemprare lo spirito in un ambiente nuovo, in un'atmosfera meno grigia di quella che circonda la nostra vita consueta. La città di stuoia e di cemento ci offriva il soggiorno inverosimile, senza miserie e senza necessità, realizzava il sogno del paese felice che tutti portiamo in noi con una nostalgia senza nome. Le amarezze dei giorni comuni restavano fuori del recinto e, quando con uno sforzo leggero s'era varcato il contatore d.ingresso, si aveva veramente il senso d.entrare in un mondo diverso, in un'aria più lieve, si provava l'infinito sollievo d'aver lasciato alle spalle, nella vecchia città duratura, una coorte di nemici: i pensieri importuni.
Non ci sono solo La pecorina di gesso che «chiede umilmente permesso ai magi in adorazione» e la vecchietta che porta «chicche e doni per tutti i bimbi buoni» in questa raccolta natalizia del celebre poeta, ma anche il ricordo di un natale trascorso a ceylon, in mezzo al tripudio di odori e colori della giungla, la storia di fortunato che da povero diventa ricco... in questo autore letteratissimo i riferimenti culturali e artistici si fondono con «uno scenario “di cartapesta”, un fondale teatrale, una scena da operetta, più che con una sacra rappresentazione connessa a un autentico sentimento religioso» (dall’introduzione di Roberto Carnero).
Dal suo apparire sulla ribalta del Novecento ai nostri giorni la poesia di Gozzano è stata volta per volta catalogata come residuo ottocentesco, come anticipo delle avanguardie, come pendant sarcastico di D'Annunzio, o come caposcuola del 'crepuscolarismo': ma resta irriducibile ad ognuna di queste classificazioni. Come per primo vide Serra, Gozzano non va confuso con i suoi travestimenti: fu un narratore capace di trasferire in versi tutto un mondo, trattandolo con l'arte giocosa dell'illusionista e con l'ironia profonda del contemporaneo di Pirandello e Pessoa. In questo volume, alle sue poesie più belle si affiancano le prose dell'osservatore attentissimo ai fenomeni della società moderna e del sapiente rievocatore di quella passata. Una scelta di lettere documenta l'itinerario esistenziale dello scrittore, dalle scorribande giovanili in bicicletta nel Canavese, al viaggio in Oriente, al contrastato legame con la Guglielminetti. Introduzione di Pier Paolo Pasolini.
Il volume presenta criticamente l'intera produzione poetica di Gozzano. E' introdotto dalla prima raccolta in versi pubblicata dal poeta, La via del rifugio (1907), che gli assicurò successo di pubblico e di critica. A questa segue I Colloqui, del 1911, contenente alcune delle sue composizioni più note e dove meglio si definisce la poetica di Gozzano. Una terza parte riguarda le Poesie sparse, raccoglie versi rimasti manoscritti, o apparsi su periodici e giornali, oppure di incerta attribuzione ancora in tempi recenti. L'ultima sezione comprende le Epistole entomologiche, poemetto in endecasillabi rimasto incompiuto.