Questo libro è un appassionante itinerario che si snoda nei risvolti più misteriosi della storia moderna – dal maggio 1917 fino ad oggi – attraverso gli eventi religiosi e civili che hanno costellato il XX secolo e che vengono letti alla luce del Segreto di Fatima: la situazione politica del Portogallo, l’incombente Rivoluzione in Russia, l’avvento del nazismo, la Seconda guerra mondiale, la guerra fredda che culmina nella lugubre « cortina di ferro », il muro di Berlino e la scossa profetica del Papa polacco.
Il segreto di Fatima. Salvati da una profezia racconta come l’ansia di penetrare nel recondito spazio del mistero abbia pervaso e al tempo stesso travagliato il popolo di Dio e contagiato il mondo intero. Da contraltare all’evolversi di questa profezia nel divenire della storia, ecco la prudenza della diplomazia e la curiosità morbosa allearsi per attenuare la forza propulsiva del messaggio di Fatima. Possiamo reagire alla crisi che affligge il nostro tempo solo a patto di comprendere i fatti che l’hanno provocata e la visione ideologica che li ha ispirati e giustificati, dalla diffidenza razionalista verso i veggenti alla fiducia eccessiva negli uffici diplomatici, alla crisi che succede al Concilio Vaticano II, alla più grave defezione di sacerdoti che la storia conosca, ai problemi dell’omosessualità e della pedofilia. Il compianto Giuseppe De Carli, autore con il Segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone del libro-intervista L’ultima veggente di Fatima. I miei colloqui con suor Lucia, commentò sorpreso: «Le pubblicazioni finora prodotte adombrano la crisi annunciata, questo studio la mostra».
Padre Giacobbe Elia, medico, specializzato in teologia dogmatica, esperto di bioetica, è il primo esorcista incaricato dalla diocesi di Roma dopo il servo di Dio P. Candido Amantini, suo maestro. Da anni a Roma è responsabile di un centro di ascolto rivolto alle famiglie e alle persone in difficoltà. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni tra cui: L’urlo muto (1987), Le preghiere del popolo di Dio (2007), Le preghiere della Tradizione Cristiana (2009).
Tra i tanti fenomeni emergenti di questi ultimi anni c'è sicuramente la crisi dell'uomo, inteso come maschio. È debole, demotivato, solo. Alcuni uomini sono depressi, ansiosi; sperimentano un senso di inadeguatezza in famiglia, sul lavoro, e con gli altri uomini. Hanno scarsa autostima e poca fiducia in sé e nelle proprie capacità; si sentono timidi, deboli. Le ricerche dicono che aumenta l'impotenza maschile, l'ansia da prestazione sessuale, l'infertilità maschile persino una graduale riduzione del desiderio sessuale e del livello di testosterone. È una crisi di virilità. Intesa come disponibilità a rischiare la vita per salvarla, per salvare l'onore (la dignità umana), per la fedeltà ai propri valori; intesa come assertività, coraggio, fortezza. La crisi della virilità è per l'uomo una crisi d'identità: egli non sa più chi è, come è, come dovrebbe essere e come lo vogliono gli altri. Ci prova, ad accontentare tutti, ma non funziona: sembra che nessuno sia contento di lui. È una crisi inedita nella storia dell'umanità. Non è mai accaduto che così tante persone restassero senza risposta davanti agli interrogativi: "Chi sono? Qual è il mio ruolo? Qual è il mio posto nel mondo?".
Nel cammino di fede per giungere a Cristo, lungo le strade della Chiesa, una «guida di viaggio» consente di marciare più in fretta e senza inciampi. È con tale obiettivo che viene riproposto questo intenso dialogo fra il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, e il giornalista Saverio Gaeta. Con la lucida chiarezza del teologo e il coinvolgimento appassionato del pastore, il cardinale Tettamanzi sollecita a un rinnovato incontro con il Risorto e propone la riscoperta del dono della salvezza cristiana, offerto agli uomini duemila anni fa e continuamente rinnovato dalla Chiesa. Come scrive nella prefazione il cardinale Gianfranco Ravasi, «è un itinerario che non teme di inerpicarsi sui sentieri d’altura della teologia, ma che ci riconduce soprattutto ai percorsi quieti della pianura, fatta di cose quotidiane, di scelte costanti e comuni, in una fedeltà che conosce il fluire dei giorni e delle stagioni della vita».
Dionigi Tettamanzi arcivescovo di Milano dall’11 luglio 2002, dopo essere stato rettore del Pontificio Seminario Lombardo a Roma (1987-1989), arcivescovo di Ancona- Osimo (1989-1991), segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (1991-1995) e arcivescovo di Genova (1995-2002). Il 21 febbraio 1998 è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II. Negli ultimi decenni è stato più volte chiamato a svolgere prestigiosi incarichi in Vaticano, dove è anche membro di varie Congregazioni e Pontifici Consigli. Fra gli ultimi suoi libri ricordiamo: Etica e capitale; La bellezza della fede con i giovani in ascolto della vita; Scelte evangeliche del prete oggi; Come pietre vive. Catechesi.
Saverio Gaeta è caporedattore del settimanale Famiglia Cristiana, dopo essere stato redattore del quotidiano L’Osservatore Romano e caposervizio del mensile Jesus. Ogni sabato, alle 12.30, cura una rubrica su Radio Maria. Fra gli ultimi suoi testi il bestseller Giovanni Paolo II. Perché è santo (con monsignor Slawomir Oder) e, per Sugarco, Le preghiere che salvano; e con padre Livio Fanzaga: La firma di Maria, Medjugorje. In attesa del segno, Il tempo di Maria, La Divina Misericordia, Domande a Dio.
Monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), un nome che fa quasi sempre sobbalzare. Quanti errori, quante affabulazioni si costruiscono attorno alle persone che pensano, che ragionano, che avanzano verità scomode e perciò divengono loro stesse scomode. Scomode come Lefebvre. Conosciuto per lo più come il Vescovo ribelle, monsignor Lefebvre è stato, finora, posto sotto un cono di luce diffamante, non per il suo comportamento di vita, peraltro ineccepibile e altamente virtuoso, da tutti verificabile, ma per la sua forte presa di posizione contro un Concilio pastorale, il Vaticano II, nei cui dettami vedeva e denunciava le conseguenze scristianizzanti e relativistiche che ne sarebbero sorte. Oggi, a distanza di quasi vent'anni dalla sua scomparsa e a quarantacinque dalla chiusura del Concilio stesso, possiamo storicamente avvicinarci a lui con maggiore serenità e senza acrimonia, considerando quest'uomo, meglio, questo sacerdote, non come il nemico di qualcuno, bensì come un impavido e lungimirante soldato di Cristo, paladino dell'integrità della Fede e di Santa Romana Chiesa, del Primato Petrino e dell'Eucaristia. Lefebvre, grazie anche ai figli che ha lasciato, i sacerdoti della Fraternità san Pio X, è ancora lì a indicare che nella tradizione, nella dottrina cattolica, nella celebrazione del Santo Sacrificio della Messa di sempre, nella santità sacerdotale stanno le risposte ai problemi di un mondo che si è perso nel suo orgoglio e nella sua vanagloria, detronizzando Cristo Re.
Una sorta di affascinante viaggio ideale alla conoscenza del Concilio Vaticano II, in ascolto dei protagonisti e della loro autorevole interpretazione. Quasi un diario di bordo che consente di comprendere la genesi dei documenti, lo svolgimento delle Congregazioni, le acquisizioni dottrinali e pastorali della Chiesa del nostro tempo. Un manuale necessario all’approfondimento dell’evento ecclesiale più importante del XX secolo, che induce a « guardare al Concilio con riconoscenza a Dio e con fiducia per l’avvenire della Chiesa », senza dimenticare le radici di una lunga storia di fede (Paolo VI, discorso alla CEI, 23 giugno 1966).
Don Giuseppe Militello
(1965) è parroco nella diocesi di Savona-Noli. Dottore in Ecclesiologia presso la Pontificia Università Lateranense, è docente stabile presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Albenga-Imperia. Autore di saggi scientifici e spirituali, relatore in trasmissioni radiofoniche, è scrittore attento ed impegnato nel dare fondamenti storici alla spiritualità e alla dottrina cristiana. Tra i suoi scritti ricordiamo: Un vescovo al Concilio: Mons. G. B. Parodi (2001); San Giuseppe. Custode del Redentore (2003); Signore, perché? Via Crucis (2009); Chi legge le Letture? Introduzione al ministero del lettore (2009).
Normalmente si pensa al mondo di Galileo come ad un mondo diviso tra innovatori e una Chiesa arretrata e culturalmente arida, che difende, contro ogni evidenza, un sapere ormai superato. Secondo le categorie della cultura dominante a tutti i livelli – da quelli accademici fino ai manuali scolastici e ai mass media – si ha la sensazione che quella della Chiesa sia sostanzialmente la storia di un’istituzione inguaribilmente reazionaria, controcorrente nel senso deteriore, che non sa assecondare i ritmi dell’evoluzione intellettuale,morale, politica, sociale ed economica. Se si guarda con serietà al contesto culturale dell’epoca, ci si accorge invece che siamo di fronte ad uno dei periodi più ricchi per l’Occidente, all’interno del quale il ruolo della Chiesa è stato sicuramente decisivo ed estremamente positivo. Per leggere la vicenda galileiana senza pregiudizi, occorre tenere presente l’intrecciarsi di molteplici dimensioni: quella storico-sociale, quella culturale-filosofica, quella scientifica, quella esegetica e quella ecclesiale. Ecco perché si è voluto dare spazio sia all’analisi del lavoro scientifico, evidenziando i meriti grandissimi di Galileo in tal senso, sia alla contestualizzazione e alla spiegazione dello scontro tra Galileo e la Chiesa. Quale rapporto esiste tra la scienza ed il destino dell’uomo, tra la scienza e la fede? Particolarmente interessante è rileggere il «caso Galileo» all’inizio del Terzo Millennio, mentre su tutta la cultura stende la sua ombra negativa quel tecno-scientismo che pretende di manipolare la realtà e l’uomo senza ammettere alcun limite al proprio potere.
Luigi Negri, già docente di Introduzione alla Teologia e di Storia della filosofia presso l’Università Cattolica di Milano, è vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro e presidente della Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il Magistero sociale della Chiesa. Fra le sue opere ricordiamo: Ripensare la modernità; Pio IX. Attualità e profezia; Per un umanesimo del terzo millennio. Il Magistero sociale della Chiesa.
Franco Tornaghi, laureato in storia della matematica, è docente di matematica con interessi in ambito statistico.
Il delicato tema delle date storiche del cristianesimo merita di essere affrontato senza lasciarsi influenzare da affermazioni frettolose e prendendo sul serio quanto riportato dalla Sacra Scrittura. Lo sguardo sulla storia è sempre doveroso: la Verità è l’ultima a temere un’onesta ricerca della verità. Il cristianesimo è tutto basato sulla storia: proviene da una serie di eventi fondativi di cui i presenti si sono fatti testimoni. Nella storia i cristiani, talora attraverso misteriosi accadimenti, smascherano la falsa autosufficienza dell’uomo che tende a mettere Dio ai margini. Da questa prospettiva, scientifica e meticolosa, unita ad una fede considerata luce all’intelletto e non certo tenebra della ragione, scaturisce il desiderio di conoscere meglio i fondamenti storici e cronologici del cristianesimo.
L’autore percorre un proprio originale itinerario, che non dà nulla per scontato e sfida qualche acritica certezza. Un lavoro paziente ha permesso di raccogliere ed inanellare date, fatti e loro reperti. Innovative sono la passione e la volontà di indagare come in un laboratorio riscontri, correlazioni, concordanze e discordanze tra le informazioni disponibili, spesso trascurate o ignorate da chi vedrebbe smontate tante teorie attualmente circolanti.
I risultati sono stati tanto fruttuosi quanto inattesi e il lettore, sia quello profano che quello ormai certo delle proprie conoscenze, verrà messo in condizione di verificare in autonomia, pagina dopo pagina, l’articolarsi cronologico degli avvenimenti con i quali il Creatore ha scelto di farsi incontro alle creature. Le conclusioni delineano i contorni di tanti particolari che qualcuno vorrebbe far scadere in favola, mentre nulla sembra casuale nella storia intessuta di segni come pietre miliari lungo la via.
Ruggero Sangalli, nato a Milano nel 1961, sposato, due figli, è laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche. Avvicinatosi alla Chiesa durante gli anni dell’università, grazie alla sollecitazione ricevuta nelle varie realtà pastorali che ha via via frequentato si è progressivamente appassionato allo studio della Bibbia.
Il fascino dell’eremita e del suo mondo interiore. Si dice che tocchi tutti o quasi, se non altro per la domanda che inevitabilmente pone: che cosa può spingere una persona a fare una scelta così radicale e difficile che immette in una solitudine pressoché totale? Queste pagine di suor Maria Eustella Gregorat, una religiosa della Congregazione di don Orione che ha trascorso gli ultimi sette anni della sua vita – dal 1999 al 2006 – in un eremo vicino al santuario mariano di Montespineto, nella diocesi di Tortona, ce ne fanno intravedere le ragioni. Non certo una forma di misantropia oppure una sorta di unione mistica con la natura. Piuttosto, una chiamata irresistibile a seguire Gesù in un «luogo appartato» (come quelli nei quali anch’egli ogni tanto si ritirava) per trovarlo ancor meglio e sempre di più in una donazione totale della propria vita. Non per sé, ma per i fratelli. Un «olocausto», come scrive Madre Anna Maria Cànopi – badessa del monastero «Mater Ecclesiae», isola di S. Giulio d’Orta –, che lei, di origine ebrea, sopravvissuta per caso da bambina alle persecuzioni, ha volontariamente scelto per amore. Una accettazione consapevole di una vita di croce, tuttavia confortata fin da subito dalla luce e dalla gioia della risurrezione. Uno sviluppo, non una rottura con la sua precedente vocazione religiosa – come ci spiega bene Fra Luigi Fiordaliso, superiore dell’eremo di Sant’Alberto di Butrio, anch’egli eremita orionino – portato avanti proprio con lo spirito di don Orione che viveva egli stesso in una azione continuamente immersa nella contemplazione.
Una donna dalla personalità forte, amante della vita, ricca di intelligenza che il dono della sapienza ha vieppiù reso acuta e penetrante. Ma anche una religiosa che lo Spirito ha reso bambina, donandole quell’infanzia spirituale di cui parla il Vangelo. E per questo, alla fine, una madre, che, in questi suoi scritti (frutto di un dialogo profondo e continuo con Dio), ci prende per mano e, dai vertici spirituali ai quali è giunta, dolcemente ci conduce su una via carica di grazia e di gioia. Pagine intense che ci avvicinano al grande mistero divino, mostrandoci come l’umiltà, la semplicità e l’abbandono fiducioso all’amore riescano a penetrarlo.
L'operetta di padre Raoul Plus, gesuita francese (1882-1958), parte dalla constatazione secondo cui "pensare sempre a Dio è impossibile" ma "pensare spesso a Dio è utilissimo". Padre Plus passa, poi, a presentare modi adeguati per "fare bene la propria preghiera", preparando la propria orazione ed essendo attivi e perseveranti in essa; quindi suggerisce di "trasformare tutto in preghiera", attraverso la purezza dell'intenzione e la ricerca della perfezione dei nostri atti; e, infine, propone di "seminare in tutto un po' di preghiera". Semplicità di esposizione ed efficacia di argomentazione fanno di Come "pregare sempre" uno strumento utilissimo a quanti si pongono il grande problema di trovare l'equilibrio fra contemplazione e azione, e di una soluzione non puramente dottrinale ma anche pratica, "tecnica". La soluzione di questo problema costituisce il presupposto per ricomporre, nella vita del singolo e della società, l'unità fra fede e vita, orientando a vivere una vita che si possa dire spirituale anche in senso lato e non soltanto specifico, ma assolutamente non "spiritualistica" e disincarnata.
Una lunga battaglia navale di quelle antiche, con sangue, scrosci d’acqua, clamori e grida ovunque. Una battaglia navale che, per di più, si svolge nella notte, "dove nessuno più conosce l’altro, ma tutti sono contro tutti". Non solo: una battaglia navale notturna su un mare che è in tempesta. È questa la metafora che san Basilio (330-379) usa per descrivere la situazione della Chiesa dopo il Concilio di Nicea del 325, e che Benedetto XVI ha evocato due volte a proposito degli anni successivi al Concilio Vaticano II. Che quella del cosiddetto postconcilio sia stata una lunga notte oggi non è più messo seriamente in dubbio da nessuno. Ma che c’entra esattamente con questa notte il Concilio? I suoi testi e documenti ne sono responsabili? Oppure, come insegna Benedetto XVI e come sostiene l’autore di questo volume, i documenti del Concilio sono stati traditi da un’ermeneutica errata e spesso maliziosa? E davvero la notte è scesa solo dopo il Vaticano II? Andava proprio tutto bene in quei decenni preconciliari che qualcuno oggi tende a idealizzare?
Il Brasile, il più grande Paese cattolico del mondo e per anni il centro della "teologia della liberazione" d’ispirazione marxista, offre a Massimo Introvigne, uno dei più noti studiosi italiani di religioni, un punto di partenza originale per riflettere sui decenni precedenti al Vaticano II, sul Concilio e sul postconcilio, seguendo l’itinerario spirituale e dottrinale di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) e delle varie associazioni da lui fondate o che da lui derivano, fra cui la TFP, la Società Brasiliana di Difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà. Sulla base di una vastissima documentazione in gran parte inedita, Introvigne mostra come un confronto con questo pensatore cattolico brasiliano — che ha avuto e mantiene una grande influenza in tutto il mondo, ma in Italia è spesso conosciuto (quando non misconosciuto) soltanto per sentito dire — può costituire un punto di vista nuovo per comprendere lo scenario storico e sociologico in cui è maturata la crisi nella Chiesa postconciliare, e le prospettive di un suo superamento alla luce del Magistero sul Concilio di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Mentre l’Occidente vive l’ormai plurisecolare agonia della Cristianità, esito della dialettizzazione fra fede e vita e fra fede e cultura, la stessa Modernità va dissolvendosi: con il malato viene morendo anche il virus che lo sta uccidendo. Di fronte all’ambigua postmodernità, tempo insieme di accelerazione finale di tale processo e di potenziale inversione di esso, si può immaginare una Cristianità Nuova nel terzo millennio, forse realizzazione della promessa della Madonna a Fatima: "Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà"? Una cristianità che fronteggi la sfida del mondo multipolare, rivelato dal 1989, e che combatta la quarta guerra mondiale, scoppiata l’11 settembre 2001? La risposta positiva e profetica è di Papa Giovanni Paolo II. Perciò, mentre Papa Benedetto XVI auspica un’autocritica della Modernità e dello stesso cristianesimo moderno, Giovanni Cantoni suggerisce prospettive e riflessioni intese a promuovere – in metodico confronto con il Magistero della Chiesa Cattolica – tale Cristianità Nuova, a partire dalla consapevolezza della Cristianità in agonia e dalle sue dimensioni culturali, cioè dalla coscienza della Magna Europa. Quindi propone, per flash, un’operazione di raccolta e di utilizzo di quanto ha conservato, rielaborato e trasmesso la "provincia" di tale grande area culturale – è privilegiata l’Iberoamerica –, provvidenziale, anche se non unica, portatrice di ciò che, spesso, il centro, irresponsabile o colpevole, ha già abbandonato o di cui si viene ancora "liberando" perfino con orgoglio. Cioè indica un suggestivo percorso definito dal filosofo argentino Alberto Caturelli come "quinto viaggio di Colombo", dunque un ritorno dalla periferia al centro, una riconciliazione del mondo occidentale e cristiano con le proprie radici culturali.
Giovanni Cantoni, fondatore e reggente nazionale di Alleanza Cattolica, è direttore della rivista Cristianità. Animatore di diverse iniziative culturali e traduttore dal francese, dallo spagnolo e dal portoghese, ha pubblicato quattro volumi e oltre trecento fra articoli e studi in materia di religione, di politica e di cultura. Fra i suoi scritti, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (1973), La lezione italiana (1980) e Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam (2000); con Massimo Introvigne è coautore dell’opera Libertà religiosa, "sette" e "diritto di persecuzione" (1996), e con Francesco Pappalardo ha curato e ha collaborato a Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa (2006).
Non si tratta di auspicare un ritorno al passato, né di assolvere un fenomeno che tante ferite ha lasciato nel corpo sociale. Il libro di Enzo Peserico esamina con cura il Sessantotto, il suo fallimento politico-militare e il suo successo come rivoluzione culturale che ha cambiato gli ambienti – la famiglia, la scuola, l’università e i rapporti sociali in generale – nei quali sarebbero cresciute le generazioni successive. Per questo il Sessantotto è ancora in mezzo a noi, come una specie di malattia latente che può essere curata soltanto da una attenta educazione permanente.
Ma come accade per ogni peccato, anche il Sessantotto è stato l’occasione di una possibile rinascita, di una conversione sociale, di una "nuova evangelizzazione". Il libro coglie questo aspetto nelle pagine conclusive, aperte a una speranza di cui si cominciano a vedere i primi effetti, in particolare nel mondo giovanile, grazie anche al lungo e fecondo pontificato di Giovanni Paolo II.
Enzo Peserico (1959-2008), sposato, padre di quattro figli, professionista stimato nel campo della consulenza del lavoro e gestione risorse umane, docente di master della medesima materia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e collaboratore alla cattedra di Istituzioni di Diritto del Lavoro all’Università Statale di Milano, militante esemplare di Alleanza Cattolica, ha raccolto in queste pagine decenni di apostolato culturale rivolto a giovani, studenti e famiglie, minacciati dal protrarsi nel tempo dei guasti provocati dalla rivoluzione culturale che si richiama al Sessantotto.
Dopo aver distinto tra magia e religione, l'autore identifica nelle tendenze occultiste di una parte divenuta misnoritaria della massoneria i lfilo conduttore che lega fra loro i nuovi movimenti magici, di cui prende in considerazione tre filoni principali: lo spiritismo, la magia e il satanismo.