Nel costante dibattito sulle trasformazioni della democrazia, riemerge spesso la tentazione di dare forma a un nuovo modello di organizzazione del potere che faccia a meno delle mediazioni, così da consentire a ogni cittadino di essere direttamente in contatto con il decisore politico. Questo libro cerca di discutere problematicamente tale ipotesi, sottolineando come la distanza tra rappresentanti e rappresentati sia un elemento indispensabile per il funzionamento della democrazia. L'obiettivo principale è infatti quello di riportare l'attenzione della teoria politica sull'area intermedia tra chi governa e chi è governato, a partire da una ricostruzione del tortuoso percorso di sviluppo e di legittimazione dei corpi intermedi e dalla discussione delle principali teorie della mediazione (e della disintermediazione). Uno spazio particolare verrà riservato alla «democrazia immediata»: un'espressione usata in tempi recenti per indicare un modello politico fortemente influenzato dai processi di disintermediazione che, in verità, ha una lunga storia alle spalle, intrecciata con i processi di sviluppo della democrazia rappresentativa.
Nel corso della sua carriera Gianfranco Miglio percorse sentieri spesso inesplorati, imboccò piste di ricerca originali e formulò ipotesi eterodosse, mostrando ben poca considerazione per le convenzioni accademiche e le mode intellettuali. La libertà che sperimentò nelle diverse stagioni della sua carriera lo fece apparire come un ricercatore raffinato, colto e indubbiamente originale, ma fu spesso considerato anche come un personaggio «scomodo», «irritante» e «solitario». Sono invece proprio questi elementi che rendono ancora oggi Miglio una sorta di 'moderno classico', e che inducono a trovare nelle sue opere e nel nitore delle sue eleganti costruzioni un modello di rigore teorico. Il volume nasce dal convegno organizzato all'Università Cattolica, in occasione dei cento anni dalla nascita dello studioso comasco. Tornando a esplorare le molteplici direzioni in cui si mossero le ricerche di Miglio, le diverse voci ne valorizzano le intuizioni e l'audacia prospettica, ma non esitano a segnalare nodi critici. E proprio l'eterogeneità delle posizioni da cui la riflessione di Gianfranco Miglio viene interpretata dimostra quanto l'eredità di quell'avventura intellettuale continui a rivelarsi vitale.
Nel presente volume si propone l’espansione del modello della democrazia rappresentativa alla sfera della politica globale. Nell’epoca della globalizzazione sempre più i cittadini subiscono le conseguenze di decisioni prese oltre confine senza avere la possibilità di esprimere il proprio consenso o piuttosto il proprio dissenso. Come risposta a tale deficit di partecipazione politica negli affari internazionali, il libro sviluppa un progetto di democrazia globale che intende restituire voce politica agli individui e legittimità alle istituzioni pubbliche. Questa originale posizione è sviluppata attraverso una critica analitica delle più significative teorie pro e contro la democrazia globale. Le principali posizioni rivali (realismo, nazionalismo, civilizzazionismo e internazionalismo liberale) sono respinte sulla base della loro limitata capacità di inclusione democratica. Utilizzando una nozione di giustizia interazione-dipendente, tali teorie forniscono infatti un supporto ideologico cruciale all’esclusione che è tipica dell’attuale sistema internazionale. Contro tali paradigmi esclusivisti, il libro sostiene un modello cosmo-federalista che si presenta come inclusivo, multilivello e radicato. Il testo adotta una prospettiva interdisciplinare che unisce tre principali aree di ricerca: la teoria politica internazionale, le relazioni internazionali e la sociologia politica. All’interno di esse vengono analizzate le più importanti controversie sulle questioni politiche globali oggi al centro della discussione pubblica: la disputa etica sulla giustizia globale, il dibattito istituzionale sul sovra-nazionalismo e la discussione sulle lotte politiche transnazionali. Da questa prospettiva interdisciplinare deriva un testo che sarà di interesse per gli studenti e i ricercatori impegnati negli aspetti politici della discussione sulla globalizzazione e sull’ordine democratico globale.
Il concetto di ‘legittimità’ ricorre spesso nel vocabolario dei professionisti delle relazioni internazionali. E la questione della legittimità, a lungo dibattuta dalle opinioni pubbliche di tutto il mondo, è oggi più che mai oggetto di controversie legate a episodi della storia recente, come le guerre in Kosovo e in Iraq o la lotta al terrorismo dopo i fatti dell’11 settembre. Eppure, nonostante la rilevanza del concetto, la disciplina delle relazioni internazionali se n’è interessata assai poco. Questo libro di Ian Clark, il secondo di una trilogia che l’autore dedica al tema della legittimità, si distingue proprio perché propone un approccio solido e sistematico al tema all’interno delle relazioni internazionali, tenendo come punto di riferimento l’idea che lo sviluppo dei principi di legittimità stia al cuore di ciò che si intende per società internazionale.
La prima parte del testo traccia l’evoluzione storica della pratica della legittimità in diversi contesti, dall’età delle scoperte geografiche, sul finire del XV secolo, ai grandi trattati di pace della storia moderna. La seconda parte propone invece un’incisiva analisi della legittimità nella società internazionale contemporanea.
La conclusione cui ci conduce Clark è che la legittimità è un concetto complesso, che difficilmente si fa ridurre alla semplice applicazione di altre norme, quali la legalità o la moralità. È piuttosto una condizione estrinsecamente politica, resa più o meno attuabile dalla situazione politica generale della società internazionale.
Ian Clark è professore di Politica internazionale presso l’Aberystwyth University nel Galles, che vanta la più antica cattedra di Relazioni internazionali, istituita dopo la fine della prima guerra mondiale. Membro della British Academy, rivolge i suoi interessi di ricerca ai temi della legittimità, dell’egemonia, della teoria delle relazioni internazionali. Ha pubblicato, tra l’altro, Globalization and Fragmentation: International Relations in Twentieth Century (1997; trad. it. Globalizzazione e frammentazione: le relazioni internazionali nel XX secolo, 2001), Globalization and International Relations Theory (1999), The Post-Cold War Order: The Spoils of Peace (2001), International Legitimacy and World Society (2007).
Gli effetti della globalizzazione sui mercati economici e finanziari sono stati radicali e manifestamente visibili. Non altrettanto può dirsi riguardo all’assetto politico-istituzionale in Occidente. La celebre teoria del villaggio globale di McLuhan viene smentita dai trend di analisi dei sistemi politici europei che evidenziano una marcata reviviscenza dei fattori identitari, culturali, etnici, territoriali e religiosi.
Ciò si traduce, sotto il profilo istituzionale, nella predilezione per il ruolo delle autonomie locali territoriali, in quanto meglio incarnano il senso delle comunità coniugato alla buona amministrazione. Nella UE un preciso segnale di conferma a questo orientamento è stato il fallimento del Trattato per la Costituzione europea, che dimostra la difficoltà dell’Europa nell’individuare piattaforme comuni di governo che sappiano conciliare le radici identitarie del Vecchio Continente. Come evidenziato da Todorov e da Amartya Sen, uno dei principali elementi di instabilità che mina la società politica occidentale sorge dall’eclissi di identità, che è invece fattore di inclusione e integrazione sociale, dunque di stabilità politica.
In questo libro la tematica del fattore identitario nell’organizzazione politica europea viene declinata secondo quattro prospettive di cogente attualità: la tutela delle minoranze, il ruolo delle autonomie locali, lo sviluppo del principio di sussidiarietà e il rapporto tra libertà religiosa e diritti politici, alla luce, in particolare, del massiccio fenomeno di migrazione entro i territori della UE di popolazioni di fede islamica. Le autonomie territoriali e locali appaiono in Europa uno strumento privilegiato per la tutela del fattore identitario, confermando l’analisi di uno dei maggiori giuristi italiani, Costantino Mortati, secondo il quale a ogni comunità intesa in senso socio-culturale deve corrispondere un ente in chiave giuridico-costituzionale, e non viceversa.
Luca Galantini è docente di Diritto internazionale all’Università degli Studi La Sapienza di Roma ed è specializzato in Diritto internazionale umanitario e dei conflitti armati. Ha insegnato Istituzioni sociali europee all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha partecipato ai lavori del Trattato per la Costituzione europea in qualità di componente del Gruppo di supporto per le riforme istituzionali europee costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. È stato consigliere esperto presso il Ministero degli Affari Esteri, curando le politiche istituzionali e culturali di integrazione europea. Dal 2007 è docente di Diritto internazionale e diritti umani a Sarajevo, nell’ambito dei programmi di cooperazione per l’associazione della Bosnia-Erzegovina alla UE.
All’inizio del XXI secolo, dopo più di trecento anni, la religione torna a essere ‘pubblica’. Il tramonto del sistema che la modernità aveva costruito sulle ceneri delle guerre di religione riapre il capitolo dei rapporti tra credo religioso e politica. Una convinzione teorica molto radicata all’interno della stessa disciplina delle Relazioni Internazionali considera la politicizzazione della religione come una minaccia alla sicurezza e alla risoluzione dei conflitti. Si lamenta il ritorno del fanatismo religioso sulla scena nazionale e mondiale; si denuncia, soprattutto dopo l’11 settembre, il legame tra terrorismo e religione; si afferma il ruolo destabilizzante della pratica religiosa nelle dinamiche di politica interna dei singoli Stati.
In questo libro, ricco e documentato, autorevoli studiosi propongono una prospettiva diversa, originale e orientata al futuro. Rileggendo criticamente la controversa tesi dello ‘scontro di civiltà’, il ruolo della religione viene posto come elemento di forza sostanziale per la politica, interna e internazionale; ciò consente di esplorare percorsi inusuali e controcorrente rispetto al pregiudizio diffuso, per affrontare le domande cruciali sulla guerra, la pace, la sicurezza, l’etica, la sovranità. La religione, ‘esiliata’ dalla costituzione delle relazioni internazionali, fatta sparire perché potesse nascere la politica internazionale moderna, torna oggi dall’esilio. Le strade di questo ritorno sono differenti, eppure tutte mirano al centro della vita di uomini e donne, così come delle comunità civili e politiche. In tale prospettiva, questo libro, senza minimizzare i rischi né sottovalutare i pericoli della commistione tra politica e religione, avvia un’indagine sui possibili modi in cui la ‘rinascita religiosa’, che tante sfide pone alla nostra epoca, può giocare un ruolo fondamentale nella difficile opera di costruzione di un nuovo ‘ethos’ politico globale.
Fabio Petito è professore affiliato di Relazioni Internazionali, ESCP-EAP a Parigi e insegna Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Napoli ‘L’Orientale’.
Pavlos Hatzopoulos è dottore in Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Relazioni Internazionali della London School of Economics.