Gli Stati nazionali che fanno parte dell'Unione Europea vanno cancellati dalla carta geografica e politica del continente. Questa è la tesi esposta dal sociologo Sabino Acquaviva. Per l'autore gli Stati nazionali sono i becchini dell'Europa, che, "se continuerà ad essere divisa, vedrà i nani da cui è composta demoliti dai colossi economici e demografici emergenti". Ma abolire gli Stati nazionali per sostituirli con cosa? La risposta è nella creazione di nuove aree politico-amministrative: le macroregioni, sul modello della "Padania", che, sostiene Acquaviva, permetteranno ai popoli "di esprimere in forme nuove le loro esigenze di libertà". Nella sua polemica, l'autore non risparmia nemmeno i partiti, "arcaici e fossilizzati strumenti", che non garantiscono più la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, ma sono espressione della "supercasta che ci domina". "Ma allora, mi ha chiesto qualcuno, la tua è una tesi di sinistra? Naturalmente non è né di destra né di sinistra, è una delle molte espressioni di una maniera differente di affrontare i problemi, che rinnega vecchie e arrugginite distinzioni politiche di cui è inutile servirsi".
Pagine senza prendere fiato, queste di Sabino Acquaviva. Pagine di rivolta, capaci di rivoltare gli schemi, che ci aiutano a non subire il rischio di una damnatio memoriae esistenziale ed etica, nella misura in cui quotidianamente continuiamo a chiederci, come antidoto alla cronica impercezione nei confronti dell'altro, per che cosa desideriamo essere ricordati. Non siamo di fronte a un libro di etica. Non vi è la preoccupazione di offrire indicazioni etiche su eutanasia, direttive di fine vita, obbligo di rianimare/idratare/nutrire... Eppure questo testo è "etico", in quanto richiama tutti al Senso di una direzione, che spesso scordiamo di cercare e di perseguire. Se si vuole, è un libro sull'Eterno che - dalla finestra assente di una stanza d'ospedale - fa capolino nel nostro Tempo determinato, chiuso, delimitato, scadente perché già apparentemente pre-fissato. Un tempo desideroso di giustizia, di riscatto, di parola finalmente ascoltata. E allora, la parola finale, non detta ma evocata, non è solo 'eternità' verso cui si tende, e nemmeno 'giudizio' verso il passato da cui si fugge. La parola non detta, capace di riconciliare i tempi con l'eterno, il singolo con gli altri, è finalmente un'altra: gratitudine. (Dalla Postfazione, di Giovanni Pernigotto)
Nell'ambito di una nuova civiltà che annuncia il futuro, il significato della parola "politica" cambia in maniera sostanziale. I politici amministrano, distruggono, fanno le guerre, ma non inventano il futuro. Il progetto globale, che costruisce la società di domani, è il risultato di una serie di microprogetti che si sviluppano in gran parte fuori della politica. Esiste quindi una politica, in gran parte nuova, che riguarda l'urbanistica, l'architettura, la cultura, l'editoria, la moda, l'arredamento, l'alimentazione, la salute, il ballo, la musica, ma anche fenomeni sociali come il porno di massa, la rivoluzione rock, il messaggio politico di internet e dell'iper-luogo, il design globalmente inteso. Diventa illogico continuare a parlare di destra e sinistra. Anche perché mutano (in parte) i luoghi del potere reale, nell'apparenza di una staticità del sistema. (Introduzione di Francesco Alberoni)
L'Europa è in declino e fiorisce un nuovo mondo cui gli europei diventano estranei. Vengono meno i valori che hanno guidato gli europei nell'itinerario della loro storia. Ma assistiamo anche al collasso demografico, al crollo dell'identità economica e dell'imprenditorialità. Contribuisce alla decadenza la crisi della giustizia e di un diritto che ha orientato la storia del mondo. La politica coagula tutto questo perché inadatta a una società cosi diversa. Bisognerebbe accelerare l'unificazione economica e politica e ridare vita a un sistema di valori e di ideali simili a quelli che garantirono il primato dell'Europa. È possibile che sia vicina l'ora della nostra scomparsa, o forse l'Europa può salvarsi dando origine a una civiltà diversa?