Per poter scrivere i vangeli era decisivo dimostrare che il rifiuto, le sofferenze e la morte cui era andato incontro Gesù non deponevano a sfavore della sua identità di Messia, di glorioso Inviato di Dio. I primi cristiani raccolsero questa sfida editoriale e rivisitarono le Scritture di Israele per trovarvi figure di uomini di Dio perseguitati e rifiutati: Gesù, vero profeta, aveva vissuto un destino tragico in tutto simile al loro.
Descrizione
Voler scrivere una vita di Gesù, nella cultura del I secolo d.C., era in buona sostanza una pretesa assurda: occorreva assolutamente dimostrare che le sofferenze e la morte del Nazareno non mettevano affatto in discussione la sua qualità di Inviato di Dio. Per gli autori dei vangeli sinottici era dunque decisivo giustificare questa anomalia, superare questo handicap.
In effetti, se per i discepoli la risurrezione aveva reso Gesù una gloriosa figura messianica, il rifiuto di cui era stato oggetto e la sua morte ignominiosa smentivano nella maniera più radicale che egli fosse un messia: la sua fine era anzi quella di un ribelle, di un impostore o di un bestemmiatore – insomma, la fine di una figura lontanissima dalle vie di Dio.
Matteo, Marco e Luca raccolsero questa autentica sfida editoriale. Rivisitarono le Scritture di Israele per trovarvi figure di inviati divini perseguitati e rifiutati. Avvalendosi delle tecniche della tipologia, essi mostrarono così che Gesù – essendo veramente un profeta – aveva vissuto un destino tragico del tutto simile al loro.
Aletti, docente solido, internazionalmente apprezzato, ci guida a scoprire i segreti di questa sfida, affrontata dai credenti delle prime comunità cristiane.
«Questo saggio, rivolto agli esegeti del Nuovo Testamento, non è scritto in modo astruso: il mio auspicio è che i teologi, ma anche le donne e gli uomini dotati di una certa cultura biblica, vi trovino gustosa materia per riflettere» (Jean-Noël Aletti).
Dodicesimo volume della collana Lectio, in coedizione con la Gregorian and Biblical Press. L'autore si interroga su quali rapporti esistano tra tipologia e cristologia. La prima indica il processo con cui i primi cristiani interpretarono situazioni e figure dell'Antico Testamento come antecedenti (tipi) di senso della persona e vicenda di Gesù. Comprendere a fondo come i primi cristiani utilizzarono questa tecnica interpretativa e la misero in atto nella stesura dei vangeli equivale a far luce sul processo di elaborazione della cristologia primitiva. L'autore va oltre l'abituale prospettiva apologetica con cui si affronta(va) il discorso della tipologia.
Nel contesto culturale del I secolo della nostra era, scrivere una vita di Gesù, quello che noi chiamiamo un vangelo, costituiva una sfida apparentemente impossibile da accettare. Non c?era soltanto da ispirarsi al precedente biblico: le vite di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Giuseppe, di Mosè e di altri eroi. Bisognava anche affrontare il genere greco-romano della biografia, i cui protagonisti erano esclusivamente dei grandi uomini, che godevano di un ampio riconoscimento sociale. Ora, Gesù, rifiutato dai suoi correligionari perché morto in croce come bestemmiatore e approfittatore della buona fede popolare, non poteva a priori pretendere di avere una biografia di questo tipo. I vangeli sinottici hanno, perciò, riconfigurato il genere «biografico» dell?epoca avvalendosi in modo inedito e creativo del riconoscimento. Dietro alla nascita del genere evangelico c?è, dunque, l?invenzione di un modello narrativo di insieme, il cui punto focale è il riconoscimento di Cristo nel suo paradosso pasquale. Questo modello è la ragione d?essere dei racconti attribuiti a Matteo, Marco e Luca.
Le due opere di Luca - Vangelo e Atti degli apostoli - si aprono con un prologo di taglio storico. Ci si può allora domandare: Luca ha un progetto teologico? E prima ancora: Luca è uno storico o un teologo? Quesiti che possono sempre più precisarsi: la sua teologia è forse subordinata a un'intenzione storica? Perché e come racconta Gesù di Nazaret? E se a Gesù è dedicato il Vangelo, quale Gesù emerge dagli Atti? Gli Atti sono una conferma o un approfondimento, una variazione o una correzione? Il volume affronta questi interrogativi, ricostruendo la cristologia narrativa di Luca, le sue tecniche e le sue linee portanti, dalle quali emerge la costruzione del "personaggio Gesù" in un crescendo di forza che si dispiega in un dittico: il Vangelo e gli Atti degli apostoli. Per Luca raccontare significa soprattutto "valorizzare la coerenza di un itinerario, mettendo gli eventi vissuti da Gesù e dai suoi discepoli in relazione con il passato biblico: le allusioni del tipo promessa/compimento strutturano il racconto. Raccontare significa per Luca manifestare la logica di una storia" (dal cap. 1).
«La lettera ai Romani è considerata giustamente uno tra gli scritti più significativi del periodo apostolico; per Lutero essa è addirittura la testimonianza per antonomasia resa al vangelo della grazia e della salvezza in Cristo. Da Lutero in poi, d’altronde, è certamente il libro del Nuovo Testamento che ha suscitato, per vari secoli, le più vivaci discussioni e polemiche tra le diverse chiese, dato che era in gioco la loro identità. Oggi le divergenze si sono attenuate, ma la posta in gioco resta certo importante come allora, giacché quella che viene rimessa in discussione è la coerenza stessa del discorso paolino: sulla legge mosaica, su Israele e il suo ruolo storico, sulla giustificazione mediante o senza le opere, e via dicendo. Nessuna presentazione può esimersi dal segnalare tali discussioni, pur se renderne conto non risulta così facile. Determinare i motivi di queste ultime equivale in realtà ad evidenziare la scrittura ricca ma complessa dell’apostolo Paolo: non è più possibile leggere questa lettera senza tenere conto delle numerose e varie tecniche letterarie con cui essa è stata redatta. In poche parole, bisogna evitare una lettura immediatamente teologica, a rischio di far dire a Paolo il contrario di quanto dice. È indispensabile qualche precauzione per gustare tutta la bellezza di questo scritto, che è massimamente ispirato»
Jean-Nohel Aletti, gesuita, è professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È noto per i suoi libri, studi e commenti sulle ricerche di san Paolo. Per le edizioni Borla ha già pubblicato i volumi Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamento? (Roma, 1995) e La lettera ai Romani e la giustizia di Dio (Roma, 1997).
Il volume costituisce la seconda edizione riveduta e accresciuta di un saggio dall'omonimo titolo, da tempo esaurito. Dall'uscita della prima edizione (1996), gli studi narrativi sui Vangeli e sugli Atti degli apostoli hanno compiuto enormi progressi.
Anche a motivo di ciò, la nuova edizione presenta un intero capitolo - il primo - dedicato alla teoria lucana della testimonianza, che divide piuttosto nettamente gli Atti degli apostoli in due parti. Con i suoi riferimenti all'attualità, esso aiuta fin dal principio il lettore a scoprire alcune idee fondamentali del narratore lucano, invitandolo a entrare nella dinamica del suo racconto.
Sommario
Prefazione alla seconda edizione. Introduzione. 1. Una teoria della testimonianza. 2. Quale posto per Dio nel racconto lucano? 3. Gesù e i discepoli. Le ragioni di un parallelismo. 4. Il Vangelo e l'implicazione dei suoi araldi. Una certa idea di testimonianza. 5. Il Vangelo e i suoi destinatari. Israele e le nazioni in Luca/Atti. 6. Il racconto come teologia. Il padre e i due figli: Lc 15,11-32. Conclusione. Quale tipo di racconto in Luca? Allegato 1: La composizione del libro degli Atti. Allegato 2: Griglia di lettura. Bibliografia. Indici dei passi studiati.
Note sull' autore
Jean-Noël Aletti è docente di Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, ove è stato anche decano. È noto per la sua competenza in narratologia, della quale il presente volume è un frutto; specialista di san Paolo, presso le EDB ha pubblicato Lettera ai Colossesi. Introduzione, versione e commento (1994).