La prima cantica della "Commedia" è sempre stata letta e apprezzata per i grandi personaggi, gli incontri frontali, gli episodi drammatici, i sentimenti corposi che la attraversano e la interpretano. Anche se questi sono tratti più vistosi che distintivi del mondo infernale rispetto alle dimensioni degli altri due, sin dal suo primo apparire, la rappresentazione dantesca del male è stata visitata ed esaltata come una galleria storico-romanzesca di quadri firmati, antichi e recenti. Ed è nelle loro sculture e raffigurazioni che troveremo le ragioni di un successo d'impressionante continuità.
"Un'illustrazione di vastità universale, un'illustrazione che sia anche un microcosmo": così Jorge Luis Borges descrive il poema di Dante, e aggiunge: "non c'è cosa sulla terra che non sia anche lì, ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà, la storia del passato e quella del futuro". Come non pensare che lo scrittore argentino avesse in mente, parlando della Commedia, le incisioni di Gustave Doré? Questo volume le riproduce in forma integrale, legando le immagini con didascalie narrative che consentono di ripercorrere il viaggio dantesco "leggendo" le tavole. Pubblicate, grazie all'opera di decine di artigiani incisori, tra 1861 e 1868, le centotrentacinque illustrazioni (più una, il ritratto di Dante) riscossero da subito un grande, meritato successo, tanto da disegnare i regni d'oltretomba nell'immaginario di più generazioni. Forse solo Michelangelo, nelle sue illustrazioni perdute per la Commedia, aveva saputo rendere con energia paragonabile la plasticità tormentata dei corpi dei dannati, solo Botticelli la grazia e la leggerezza angelica dei beati. Impareggiabile resta la capacità di Doré di creare paesaggi inediti, dai mostruosi antri infernali mai toccati dal sole alla luminosità rarefatta dell'Empireo.
"Non mi nascondo che l'allestimento di un nuovo commento alla Commedia oggi possa parere operazione temeraria o quanto meno inutile. E certamente lo sarebbe, a meno che non si verifichino due condizioni: quella di intercettare un pubblico le cui esigenze di lettura non sono ancora del tutto appagate, e quella di dire qualcosa di nuovo". Così si apre l'introduzione all'Inferno di Bellomo che, oltre ad offrire spunti interpretativi originali, vuole soprattutto essere nuovo nell'esposizione e nelle linee di lettura suggerite. Tre sono i livelli su cui il curatore impronta questa novità: un'introduzione a ogni canto, di tipo istituzionale, sulla struttura del poema, sui personaggi e sulle allegorie trattati; una rete di note a piè di pagina che spiegano il testo, parafrasandolo; e infine una "coda" in cui vengono commentate le sottigliezze formali e gli snodi di senso più sotterranei. Il risultato è un'opera che, grazie al rigoroso lavoro del curatore, si rivela un efficace strumento didattico che ha il pregio di seguire i ritmi e le necessità naturali della lettura.
Composto probabilmente tra la fine del 1302 e i primi mesi del 1305, il trattato sull'eloquenza volgare, lasciato interrotto al secondo libro, è certo tra le voci più importanti del Dante della maturità, contributo fondamentale per capire l'evoluzione del suo pensiero in tema di lingua e di poesia volgare, forse già in fase di ideazione, se non di preparazione, della Commedia, maturata più tardi. Il curatore, Enrico Fenzi, proponendo interessanti varianti di lezione al testo corrente, ne offre una nuova impegnativa edizione corredata di una originale traduzione e di un ampio commento, che cerca di cogliere le suggestioni del discorso dantesco su un tema nuovissimo per il tempo e nel contesto storico in cui veniva affrontato, indagandone le "fonti". Importante novità di questa edizione sono le due serie di testi franco-provenzali e italiani che riproducono integralmente i documenti poetici citati e talvolta discussi da Dante e la seconda appendice con il volgarizzamento del trattato di Giovan Giorgio Trissino, che nel 1529 ha offerto la prima edizione a stampa (tradotta) dell'opera, prima di fatto sconosciuta. Completano l'edizione una preziosa "Nota su La geografia di Dante" di Francesco Bruni, corredata di una serie di cartine geografiche che vogliono offrire un quadro della visione dantesca dell'Europa e dell'Italia geolinguistica, nonché "politica", in base alle conoscenze geografiche del suo tempo, e vari Indici.
Accanto alla poesia altissima e senza tempo della Divina Commedia è stata riunita in questo volume l'intera produzione dantesca, dalla Vita nuova (1292-93), l'intimo memoriale in rime e prosa poetica dell'amore di Dante per Beatrice, alle Rime, mai raccolte da Dante in un corpus unitario; dal Convivio, scritto in volgare tra il 1304 e il 1307 per rendere accessibili anche al pubblico più vasto temi scientifici e filosofici, al trattato latino De vulgari eloquentia; dal Monarchia, trattato politico in tre libri, alle due Egloghe latine composte tra il 1319 e il 1320, fino alle 13 Epistole latine, scritte tra il 1304 e il 1319, e alla Quaestio de aqua et de terra, tesi filosofica letta a Verona nel 1320.
Il commento alla Commedia qui proposto, destinato prevalentemente alle scuole medie superiori e alle università ma anche a tutti gli studiosi e cultori di Dante, è caratterizzato da una parafrasi integrale del poema che per la prima volta mira - verso dopo verso - a mantenere fino a un estremo limite possibile l'ordine originario dei periodi in modo tale che il numero delle righe della parafrasi corrisponda esattamente al numero dei versi per ogni canto. E vengono anche restituite soluzioni semanticamente equivalenti a innumerevoli parole del poema che hanno molto o del tutto trasformato - nel corso dei secoli - peculiari, originari significati imprescindibili dalla cultura e dalla forma mentis del Medio Evo. Un lavoro che ha richiesto pure una particolare cura linguistica e filologica nelle note in margine, condotte con sobria misura e con massima chiarezza, nell'intento di offrire al lettore notizie utili in modo sufficientemente completo. Con una introduzione allo studio della Commedia.
Relación de un viaje a lo largo del cual el autor encuentra su propia identidad, la “Divina Comedia” es una obra de enorme fuerza expresiva en la que el pensamiento filosófico se funde con las ideas políticas y los conocimientos literarios, y en la que cada personaje, cada episodio, tiene un profundo significado que va más allá de la simple anécdota. La versión poética de Abilio Echeverría ha logrado respetar plenamente el sentido, el metro y el ritmo de la obra de Dante Alighieri (1265-1321), sin despojarla de su grandeza épica. Completa la presente edición un prólogo a cargo de Carlos Alvar que recrea la biografía de Dante e ilustra el proceso intelectual que subyace en la obra.
A metà dell'Ottocento l'America è ancora alla ricerca della propria identità culturale, fatalmente divisa tra le rotte battute e sicure del Vecchio Mondo e quelle incerte e affascinanti del Nuovo. In questi anni il filosofo Ralph Waldo Emerson, che aveva proclamato l'indipendenza dalle muse europee, scopre il valore universale della poesia di Dante e fa di lui un autentico moderno mito americano. A Emerson si deve la prima traduzione in inglese della Vita nuova, ancora inedita in Italia e qui presentata in edizione critica on a fronte l'editio princeps del libello. Introduce il volume un saggio storico che pone in contesto il lavoro traduttorio di Emerson e ricostruisce le tappe della sua lettura di Dante, restituendo al lettore una tra le più belle pagine delle origini ottocentesche del dantismo americano.
Agli antipodi di Gerusalemme, da un emisfero di acque oceaniche si leva verso la luna una montagna altissima. Sulle sue balze le anime salve affrontano le pene purificatrici e le meditazioni che le renderanno degne di "salire ale stelle". È questa la scena della seconda cantica dantesca. Il pellegrino che ha visitato i gironi della dannazione ascende ora, sotto la guida di Virgilio, "dolcissimo patre", dall'una all'altra schiera di penitenti: condivide le loro speranze, le loro preghiere, l'accusa e il ripudio del peccato, il sentimento vivissimo della fraternità umana; condivide il loro tempo, che è terreno come il suo, fatto dunque di albe, tramonti e notti stellate. Anche per questo il Purgatorio è la cantica dell'amicizia. Ed è la cantica della poesia, che parla di sé: "I' mi son un che, quando Amor mi spira, noto e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando". Giunto fra le delizie dell'Eden, il pellegrino piange la separazione da Virgilio e ritrova Beatrice: nel "santo riso" di lei, finalmente si perde "a disbramarsi la decenne sete". Diverso dall'Inferno delle grandi passioni mondane, come dalla sublime visione del Paradiso, il Purgatorio è il poema dell'uomo in cammino: "libertà va cercando, ch'è sì cara...".