Nel 1994 la nuova classe dirigente leghista e berlusconiana calava su "Roma Ladrona" con il preciso intento di risolvere la questione settentrionale e con essa tutti i mali del Paese. Celebrando le virtù del libero mercato, del lavoro e dell'imprenditoria, il nuovo potere nordista proclamava di voler cancellare decenni di centralismo, inefficienza e corruzione partitocratica. A vent'anni di distanza non solo i leader del Nord non hanno imposto i loro presunti valori al resto d'Italia ma paiono averli dimenticati. Alla meritocrazia si è sostituito il nepotismo, alla concorrenza i favori personali, al libero mercato i sistemi di potere foraggiati con i soldi pubblici, all'austera operosità borghese una sfacciata rincorsa alle ricchezze, all'onestà i legami più o meno consapevoli con la criminalità organizzata. Passando da Maroni a Formigoni, da Monti a Tosi e Ponzellini, dalla Lega a Comunione e Liberazione; tra banche che finanziano gli amici anziché le piccole imprese, grandi aziende pronte a fuggire all'estero, ricchezze accumulate a scapito della salute dei cittadini e amministratori che antepongono gli interessi privati al bene collettivo, Filippo Astone sfata il mito dell'efficienza settentrionale. La disfatta del Nord ripercorre passo dopo passo l'inesorabile corsa verso il declino economico, politico e morale delle regioni che pretendevano di guidare il riscatto del Paese ma hanno finito per scoprire che Meridione e Settentrione non sono poi così diversi.
Il giro d’affari del low-cost ha raggiunto quota 5 per cento del pil italiano, con ricavi di 62 miliardi di euro e un tasso di crescita dell’8 per cento. E in futuro riserverà altre sorprese.
Perché questo fenomeno non è solo voli Ryanair, auto Dacia o mobili Ikea. Investe anche banche, assicurazioni, mercato immobiliare, ristorazione e spesa di tutti i giorni. Perfino gli studi legali, dentistici e d’architettura. Ormai, gli italiani stanno imparando a scegliere con la testa per riaccendere il proprio desiderio. Il low-cost è un inarrestabile fenomeno di massa. Non riguarda solo la nuova classe media impoverita. Ma convince anche chi vuole consumare di più (viaggiare Ryanair permette di godersi due weekend all’estero al mese, cosa impensabile prima), chi cerca l’acquisto intelligente e chi, più ricco, compra low-cost per mixarlo con oggetti di lusso.
Sì, l’Italia sta diventando low-cost. Una rivoluzione che investe l’economia, gli stili di vita, le abitudini di consumo e la cultura. Un po’ giocoforza, uomini e donne stanno imparando a dare il giusto valore alle cose.
La prima parte del libro è una serrata e agile inchiesta giornalistica, che racconta come cambia l’Italia low-cost. Un viaggio tra outlet e voli aerei, per mostrare chi ci perde e chi ci guadagna, come gli italiani reagiscono alla crisi e mutano le loro abitudini.
La seconda parte è una guida all’acquisto intelligente, per coniugare neosobrietà e piacere di vivere. Non tratta solo del low-cost dominato dalle multinazionali, ma contiene spunti e indirizzi per un approccio innovativo e a buon mercato anche in settori della vita in cui le marche non entrano o possono essere tenute fuori (la spesa, l’orto, perfino l’acquisto della casa a metà prezzo).
E dà suggerimenti su come spendere meno a parità di qualità e su come non farsi fregare dai grandi brand.
"Dopo averci raccontato negli Affari di famiglia le molte miserie e la poca nobiltà dei figli dei padroni, Filippo Astone svela i segreti di Confindustria, un partito come tutti gli altri, con tanto di scandali, guerre interne e conflitti di interesse, ma anche ricco (circa un miliardo di ricavi all'anno), potentissimo e ramificato sul territorio. Di Confindustria si è sempre saputo poco o niente. In questo libro, Astone ne esamina la gigantesca struttura svelandone i meccanismi interni e le complesse e oscure alchimie. Spiega perché è così influente e come funziona il suo potere, quali sono le leggi che ha imposto e in che modo vuole ridisegnare il Paese, delegittimando il sindacato e ottenendo mano libera sui contratti.
Il Partito dei padroni racconta inoltre segreti, trame e strategie dei signori dell’economia italiana e gli scontri sotterranei che ne squassano il tessuto. Scoperchia il santuario dell’establishment economico mettendone in luce la mancanza di ricambio, i compensi incredibili e slegati dai risultati, il parassitismo e la tendenza a comportarsi in modo del tutto analogo, se non peggiore, a quello della "casta" politica.
Un impietoso affresco del capitalismo italiano che ritrae un sistema economico in declino attraverso le sue figure più fragili: i rampolli delle grandi famiglie imprenditoriali, tutte alle prese col passaggio generazionale. Sottolineando un male tipicamente italiano, quel "tengo famiglia" che secondo Leo Longanesi avrebbe dovuto essere scritto sulla bandiera tricolore, Filippo Astone passa in rassegna le storie di molti "tesori di papà"; ne racconta vizi e virtù, senza sconti per nessuno, e li classifica in base ai risultati che hanno prodotto. C'è chi ha distrutto le aziende del padre e rovinato la vita ai dipendenti. Chi è sotto inchiesta per aver contribuito a provocare lo scandalo dei rifiuti a Napoli. Chi - pur in assenza di giustificazioni economiche e di merito - riceve compensi e incentivi pari a decine di milioni di euro. Chi (pochi per la verità) è riuscito a fare meglio del padre. Chi si è dedicato anima e corpo a Confindustria. E infine chi è entrato in guerra con il potente genitore che in modo plateale l'ha pubblicamente rinnegato. È il caso, quest'ultimo, di Giuseppe Caprotti e di Roberto Berger, fortemente criticato in "Falce e carrello" il primo, e additato al pubblico ludibrio in "Disonora il padre" il secondo. "Gli affari di famiglia" è anche una risposta a questi due libri che confuta completamente, ribaltandone tesi e conclusioni.