In questo saggio Philip Ball racconta la storia dei colori, dai pigmenti minerali ai coloranti organici all'artificio dei prodotti della chimica. Grazie alla sua interpretazione del linguaggio cromatico, scopriamo che un particolare pigmento "parla" di sangue e clorofilla, mentre un altro rievoca lo zolfo e il mercurio degli alchimisti; impariamo le ragioni fisico-chimiche per cui il tempo ridipinge le tele; ci rendiamo conto di come spesso sia stata la quantità dei colori sulla tavolozza a limitare la creatività dei pittori, tanto che è possibile collegare la rivoluzione del Rinascimento veneziano alla disponibilità di nuovi pigmenti, e la comparsa dei prodotti chimici applicati all'industria alla nascita dell'Impressionismo.
Se l'uomo potesse essere invisibile, cosa farebbe? Probabilmente qualcosa che ha a che fare con il potere, la ricchezza o il sesso. Magari le tre cose insieme. Non dovrebbe però sentirsi molto in colpa. Questi impulsi sono sempre stati al centro dell'attrazione che il genere umano nutre per l'invisibilità: riguardano ciò che è al di là dei nostri sensi, servono a comprendere ed esorcizzare paure sogni, alludono a mondi governati da altre leggi. L'invisibilità è un grande potere e una terribile maledizione, un gioco seduttivo, una condizione spirituale. Philip Ball ha scritto la storia dei molteplici rapporti tra l'umanità e l'invisibile: dai miti delle narrazioni platoniche alle ossessioni medievali per l'occulto, dai trucchi e illusionismi dei maghi all'aura e all'etere della fisica vittoriana, dalle strategie difensive degli animali e dei militari alla scoperta di mondi invisibili alternativi al nostro. Muovendosi con la stessa curiosità tra le magiche suggestioni delle fiabe o le tecnologie delle telecomunicazioni, svelando i brividi del soprannaturale o la misteriosa esistenza dell'energia oscura della fisica contemporanea, Ball ci fa scoprire, e persino intravedere, l'immenso universo dell'invisibile.
Durante il nazismo alcuni fisici cercarono di dar vita a una fisica ariana che escludesse ogni "idea giudaica", molti altri fecero compromessi e concessioni pur di continuare a lavorare. Tra questi vi erano tre fisici di levatura mondiale, attraverso i quali Philip Ball racconta la storia della fisica tedesca sotto Hitler. Max Planck, il pionere della teoria dei Quanti, universalmente stimato per la condotta morale che seppe mantenere durante il regime; Peter Debye, un fisico nederlandese che arrivò a dirigere il più importante istituto di ricerca del Reich prima di andarsene negli Stati Uniti nel 1940; Werner Heisenberg, lo scopritore del principio di indeterminazione, che ebbe un ruolo di primo piano nella corsa tedesca alla bomba atomica. Alla fine della guerra molti scienziati tedeschi rivendicarono la propria apoliticità e la propria opposizione al regime: Debye affermò di essere andato in America per fuggire dalle interferenze naziste alle sue ricerche; Heisenberg sostenne, insieme ad altri, di aver deliberatamente rallentato la fabbricazione della bomba atomica... Muovendosi tra storia, biografia e storia della fisica, l'autore inquadra le difficili e ambigue scelte morali di tre vite intrappolate tra gli ideali della scienza e un'ideologia tirannica; illuminando di nuova luce i vari modi in cui la maggioranza degli scienziati, tra complicità e resistenza, fece i conti con il regime nazista.
L'idea che la creazione artificiale della vita sia una cosa perversa e blasfema - in una parola "innaturale" - è essenzialmente un costrutto culturale. Affrontare le attuali controversie su staminali, clonazione, modificazioni del corredo genetico e biotecnologie in generale senza studiare la storia culturale della "creazione della vita" è impossibile. Solo esaminando i miti e le leggende, da Aristotele a Paracelso, da Mary Shelley ad Aldous Huxley, dal Golem della tradizione ebraica al replicanti di "Blade Runner" e i modi in cui sono mutati nelle varie epoche possiamo capire i timori e i preconcetti che pullulano sotto la superficie di queste discussioni. Una ricerca che ha un punto d'arrivo: le ragioni per creare o meno esseri umani con mezzi "artificiali" si devono concentrare sulle intenzioni e sui risultati, sul loro effetto sulla vita di tutti noi e sulla società.
In questo libro, Ball esplora i meccanismi che ci consentono di dare un senso alla musica e di emozionarci di fronte alla più semplice melodia come alla più elaborata composizione. In modo esauriente e documentato, l'autore avvicina il neofita e gli appassionati ai misteri di un'arte presente in tutte le culture, illuminandoci sull'incredibile lavoro che il nostro cervello compie per interpretare i messaggi sonori. Con il piglio dell'esperto, ma soprattutto dell'amante della musica, Ball conduce il lettore in un viaggio attraverso discipline che vanno dalla psicologia alla filosofia, dalla matematica alla neurologia e alla teoria musicale, di cui ripercorre l'evoluzione dai tempi di Pitagora ai nostri giorni. Ricco di esempi che spaziano da Bach a Jimi Hendrix, dal jazz al gamelan indonesiano e dalle filastrocche per bambini fino ai più arditi esperimenti dei compositori contemporanei, il volume affronta senza pregiudizi accademici o culturali gli aspetti che fanno della musica un'arte a sé stante, della quale non possiamo fare a meno. Introduzione di Franco Fabbri.
Theophrast Bombast von Hohenheim (1493-1541), più noto come Paracelso, è una delle figure più note della cultura rinascimentale. Nato in Svizzera e cresciuto in Austria, Paracelso studiò medicina in Italia e viaggiò in tutta Europa. Lavorò nelle miniere e approfondì la conoscenza dei metalli, impiegati anche per la creazione di medicine. Fu alchimista, mago e profeta, teorizzò le relazioni tra microcosmo e macrocosmo, e per questo sarebbe stato riscoperto come precursore delle medicine alternative. Il nuovo libro di Philip Ball inserisce la vita e il pensiero di Paracelso nel contesto di un'Europa dove divampava la Riforma protestante e si fronteggiavano le diverse scuole di pensiero filosofico.
In questo saggio Philip Ball racconta la storia dei colori, dai pigmenti minerali ai coloranti organici all'artificio dei prodotti della chimica. Grazie alla sua interpretazione del linguaggio cromatico, scopriamo che un particolare pigmento "parla" di sangue e clorofilla, mentre un altro rievoca lo zolfo e il mercurio degli alchimisti; impariamo le ragioni fisico-chimiche per cui il tempo ridipinge le tele; ci rendiamo conto di come spesso sia stata la quantità dei colori sulla tavolozza a limitare la creatività dei pittori, tanto che è possibile collegare la rivoluzione del Rinascimento veneziano alla disponibilità di nuovi pigmenti, e la comparsa dei prodotti chimici applicati all'industria alla nascita dell'Impressionismo.
Una biografia completa sull'elemento più importante presente sulla Terra, tracciata con rigore scientifico ma anche con leggerezza di tocco.