Oggi siamo di fronte a una grande frattura, a uno dei momenti storici che segnano una cesura del tempo e che in futuro continueremo a ricordare come una data fondante. E questo non soltanto per la dimensione epocale di quanto ci siamo trovati a vivere, ma anche perché la pandemia ha marchiato la fine di un tempo, i 75 anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale al 2020, che ha spostato definitivamente l'asse del mondo. Un tempo storico di un'intensità eccezionale, che ha conosciuto almeno quattro fasi di profonda trasformazione. La prima, dal 1945 ai primi anni '70, è la più nota e può definirsi 'l'età dell'oro'. La seconda fase, da metà anni '70 al 1991, si caratterizza per il dominio della finanza e la rivoluzione informatica. La terza, dal 1992 al 2010, è all'insegna dell'unificazione del mercato mondiale, la 'globalizzazione', con il grande sviluppo della Cina e dei paesi asiatici. La quarta fase, il secondo decennio del XXI secolo, inizia con la crisi profonda delle politiche neo-liberistiche che avevano dominato per un trentennio: è il tempo della seconda rivoluzione digitale. Il 'capitalismo dell'informazione' cede il campo al 'capitalismo della sorveglianza'. A Occidente si riducono e degradano il lavoro umano e la democrazia, crescono la disuguaglianza e il malessere diffuso. Con il bipolarismo Usa/Cina, le grandi entità statali riprendono potere a scapito del mercato. Al principio del 2020 esplode la pandemia da coronavirus: è il cambiamento più grande dalla seconda guerra mondiale.
La storia d’Italia è stata sempre immersa nella storia del mondo. Ma dalla fine della seconda guerra mondiale la sua storia è assolutamente incomprensibile se perdiamo di vista la dimensione internazionale e la analizziamo come una vicenda tutta interna. L’Italia ha saputo superare i traumi di una dittatura e di una disfatta proprio in quanto si è trovata a essere una frontiera della Guerra fredda. In vent’anni il paese è diventato uno dei più sviluppati al mondo e si è costituita una democrazia con una Costituzione molto avanzata. Negli anni ’60 e ’70 la strada delle riforme, del superamento degli squilibri interni e di una relativa autonomia nazionale incontrerà potenti ostacoli all’interno del paese e da parte delle potenze straniere. E verrà la stagione drammatica delle stragi e dei terrorismi. Il processo di globalizzazione successivo vede l’Italia restare ai margini della nuova fase storica. Mentre si assiste all’ascesa irresistibile delle potenze asiatiche e si completa la rivoluzione informatica e finanziaria, la Penisola affronta un trentennio di lungo declino economico e sociale e il conseguente deperimento delle pratiche democratiche. Sei lezioni che ci restituiscono una sintesi efficace della storia d’Italia. La testimonianza militante di un grande intellettuale sull’importanza della riflessione storica per comprendere il presente e restituire prospettiva al futuro.
La fine dell'ancien regime e i recentissimi eventi di un panorama internazionale dominato dalla globalizzazione e da nuove e violente tensioni segnano rispettivamente il termine a quo e ad quem di due secoli in cui l'identità del mondo contemporaneo ha assunto differenti connotazioni. Con un quadro di riferimento mondiale, l'autore mostra le interazioni tra i processi internazionali e le realtà nazionali e locali, pur privilegiando le vicende europee e italiane. Pensato come testo base per l'insegnamento della storia contemporanea nelle università, il volume ripercorre, in modo chiaro e sintetico, l'arco dei principali eventi e problemi che hanno attraversato l'età contemporanea. In questa terza edizione il panorama si allarga alle conseguenze della crisi mondiale del 2008 e al persistente predominio dei mercati finanziari, al tramonto dell'Unione europea, alle grandi migrazioni, alla riduzione della democrazia, ai nuovi conflitti nel Medio Oriente e in Africa, alla diffusione dei terrorismi, fino alle difficoltà attuali della situazione italiana.
L'immagine predominante di Napoli, tra il 1860 e i1 1915, è quella di ex-capitale di un grande regno, 'città regià' in decadenza incapace di trasformarsi in 'città borghese', metropoli tra le più popolose d'Europa, il cui fascino è compromesso dalle miserabili condizioni di vita della gran parte dei suoi abitanti. Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici. Questa fase di grande fervore e di grande vitalità si interromperà con lo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra, infatti, si sarebbe rivelata un pessimo affare per la città e per tutto il Mezzogiorno, sempre più sfavoriti dalla spesa pubblica rivolta al Nord. Fino al 1915 Napoli è ancora una capitale europea. Dopo non lo sarà più.
Espressione di una politica fatta di passioni civili e di rigore intellettuale e morale, Enrico Berlinguer continua a rappresentare per molti una figura unica e affascinante. Al fallimentare sistema sovietico contrappose un modello che coniugava strettamente comunismo, libertà, democrazia e pluralismo. Insieme ai leader del socialismo nord-europeo, Willy Brandt e Olof Palme, comprese che i problemi più drammatici del mondo venivano dagli squilibri tra il Nord del benessere e il Sud della fame. La sua condanna del consumismo più sfrenato andò di pari passo con la costante denuncia della "questione morale", intesa quale degrado del sistema politico e istituzionale italiano. Non possiamo sapere come sarebbe andata la storia d'Italia se Berlinguer non fosse scomparso prematuramente nel 1984. Sappiamo com'è andata dopo la sua morte.
La fine dell'"ancien regime" e i recentissimi eventi di un panorama internazionale dominato dalla globalizzazione e da nuove e violente tensioni segnano, rispettivamente, il termine "a quo e ad quem" di due secoli in cui l'identità del mondo contemporaneo assume i suoi connotati peculiari e spesso contraddittori. Con un quadro di riferimento mondiale, l'autore mostra le interazioni tra i processi internazionali e le realtà nazionali e locali, pur privilegiando le vicende europee e italiane. Pensato come testo base per l'insegnamento della storia contemporanea nelle nuove lauree triennali, il volume ripercorre l'intero arco degli eventi e dei problemi che hanno attraversato l'età contemporanea. In questa nuova edizione dedica particolare attenzione agli eventi degli ultimi anni, dall'11 settembre 2001 alle guerre irachena e afgana, dalla forte crescita delle economie asiatiche e dei paesi emergenti all'ultimo quindicennio italiano.
Dopo 150 anni di unità nazionale, da più versanti vengono messe in discussione sia la validità che la prospettiva del processo unitario. Già la fine del sistema politico italiano nato con la Repubblica ha prodotto, sul finire del Novecento, sentimenti e riflessioni che ponevano in dubbio la saldezza del vincolo nazionale in una crisi acuta delle istituzioni, della rappresentanza politica, delle relazioni sociali. In un panorama tempestoso, solcato da processi disgreganti, può essere utile allontanarsi per un momento dall'informazione in tempo reale e tornare a riflettere sui tempi e le forme che hanno caratterizzato la formazione e l'evoluzione dello Stato nazionale italiano. Per provare a capire meglio, se possibile, qualche vecchia ragione dei problemi attuali. Poi, visto che la contrapposizione Nord-Sud pare l'unico punto capace di saldare una discorde concordia nazionale, si può tornare anche su tale questione, che molti hanno dato per superata e risolta trent'anni fa. Ma non è così. La centralità del Mezzogiorno nella storia dell'Italia unita non è stata una invenzione dei meridionalisti, tanto meno dei meridionali. Non per caso, il Sud è stato al centro della politica nazionale per tutto il quindicennio del dopoguerra, che ha visto l'Italia emergere dalla disfatta nazionale e ascendere tra i paesi più sviluppati del mondo. Oggi il Mediterraneo non è più un mare di retorica, ma è di nuovo al centro dei traffici globali.
IL LIBRO
Francesco Barbagallo è stato il primo a raccontare il potere della camorra come potere imprenditoriale quando nessuno osava farlo, ancorandolo a un passato indispensabile per interpretare il presente. Storia della camorra è un libro fondamentale perché frutto degli studi di uno dei più grandi storici italiani, di un intellettuale che declina le dimensioni economica, criminale e imprenditoriale della camorra, attraverso il tratto umano che le è proprio e che la condannerà all’estinzione. Dalle catastrofi – dice Barbagallo – per fortuna si può emergere. Roberto Saviano
Soffusa di racconti e leggende sulle sue origini, sulle sue forme organizzative e sui riti di accesso, a distanza di quasi due secoli dalla sua nascita nei vicoli di Napoli, la storia della camorra non è mai stata raccontata per intero. Questa è la prima ricostruzione complessiva dall’ 'onorata società' dell’Ottocento alla criminalità globalizzata di oggi. Francesco Barbagallo descrive i suoi costumi, le regole, la mentalità, gli affari, gli intrecci con la politica e le altre organizzazioni criminali, necessari per tessere la rete con cui oggi gestisce un patrimonio enorme. Al tempo dei Borboni, quando inizia la sua attività delinquenziale e si dà un’organizzazione, la camorra controlla le estorsioni su quasi tutte le attività produttive, i mercati, le case da gioco, la prostituzione. Si rappresenta come una sorta di aristocrazia della plebe ed entra nel vivo del tessuto sociale, praticando una forma di amministrazione, privata e illegale, della fiscalità, della sicurezza, della giustizia. La storia sembra non scalfirla, nonostante le repressioni postunitarie e l’impegno dei grandi intellettuali che hanno lottato per portare la questione meridionale al centro dell’interesse del nuovo Stato unitario, nonostante ogni tentativo di farle terra bruciata attorno. Nel corso degli anni non cessa di evolversi tra corruzione e clientele, accaparrando nuovi spazi di azione e nuove forme ben più consistenti e di più ampio respiro rispetto ai suoi tratti storici. Oggi la camorra è attiva su scala mondiale, ha circa 6000 affiliati, i suoi utili sono calcolati in 13 miliardi di euro, in un quindicennio il suo fatturato si sarebbe quintuplicato. Manovra le tecnologie più avanzate, sa sfruttare al meglio le garanzie di impunità di mercati sempre meno controllati, è parte integrante della finanza globale. Chi la pensa come il frutto del sottosviluppo, prende un abbaglio.
INDICE
1. La camorra al tempo dei Borbone - 2. Alle luci della ribalta, tra Garibaldi e l’Italia - 3. “Questione di Napoli”, “questione meridionale”, bassa camorra e clientele borghesi - 4. La città ammodernata, la “camorra” amministrativa, l’inchiesta Saredo - 5. Successo e disfatta della camorra nella “belle époque” - 6. Dai camorristi ai guappi, tra il fascismo e la repubblica - 7. La nuova criminalità organizzata in Campania - 8. Le guerre tra le nuove camorre - 9. Le imprese economiche dei clan e la politica degli anni ’80 - 10. Camorra, società e politica nei primi anni ’90 - 11. La criminalità campana verso il terzo millennio - 12. L’espansione globale di un sistema criminale moderno - 13. Gli ultimi anni: il potere della camorra, lo sfacelo dei rifiuti - Conclusioni - Bibliografia - Cartine - Indice dei nomi
All'indomani della guerra e della dissoluzione dello stato monarchico-fascista,la nuova classe dirigente democratica e il mondo del lavoro, pur tra profondi contrasti politici e sociali, riuscirono a trasformare una nazione disfatta in un grande paese avanzato. Poi, dagli anni sessanta, i forti conflitti interni e i pesanti condizionamenti internazionali, in un clima avvelenato dal terrorismo e dalle stragi, frenarono quell'impulso, facendo prevalere le resistenze alle riforme sociali e al governo dello sviluppo. Con la fine del mondo bipolare, un sistema politico estenuato dalla corruzione è crollato insieme ai partiti democratici fondati con la repubblica. Ma neanche la fine di quella che è stata chiamata impropriamente la "prima repubblica" ha portato ad una vera rigenerazione del sistema, lasciando il campo, invece, a una sempre più pronunciata personalizzazione e spettacolarizzazione della politica. Con il risultato che l'identità della nostra democrazia repubblicana, pur avendo ormai un'età superiore all'Italia liberale e una durata tre volte più lunga del regime fascista, rimane ancora incerta. E non sembra fuori luogo oggi, all'alba di una crisi di dimensioni mondiali, riconsiderare la storia più recente del nostro paese al fine di individuare le questioni tuttora irrisolte, alla ricerca di soluzioni che ci portino ad affrontare il futuro con spirito costruttivo.