Gli autori, che hanno formazioni disciplinari diverse, affrontano le implicazioni filosofico-giuridiche, le premesse sociologiche e le prospettive politiche dell'integrazione europea. I nuclei tematici intorno ai quali si sviluppano le loro analisi sono l'aspetto mitico-genealogico dell'idea di Europa, il suo ritagliarsi un ruolo propulsivo nell'economia-mondo globalizzata e il suo presentarsi come un luogo in cui si sperimenta criticamente la dialettica tra identità e differenza. Malgrado l'ampiezza dei contenuti trattati e la diversità delle metodologie utilizzate, il volume ha un unico filo conduttore: la costruzione politica della cittadinanza europea, compito arduo e difficile, ma necessario e urgente, al quale i popoli del Vecchio Continente non possono sottrarsi, se vogliono dare ancora un contributo originale alla storia umana.
Mai come oggi la parola ha perduto ogni connotazione sostanziale, ed è divenuta esclusivamente uno strumento tecnico. Questo processo costituisce l'ultima conseguenza del dominio maschile del Iogos, affermatosi nella filosofia classica e moderna grazie all'enorme potenza dell'astrazione concettuale e alla sua capacità di sottrarsi a ogni legame con l'esistenza concreta dei corpi. In questo modo, l'attacco del Iogos all'affettività dell'esistenza sopprime la dimensione femminile del vivente, e perciò spesso impedisce di cogliere nella costituzione dell'io il ruolo dell'alterità. In questa fantasia di autogenerazione viene a galla il significato più profondo dell'individualismo proprietario. In realtà, l'attacco del Iogos alla vita è un attacco alla natalità generazionale. Dopo il dominio maschile sul femminile, si compie oggi l'alleanza dei figli contro la coppia genitoriale. La società senza padri è una società dell'indifferenziato. Ogni dualismo, ogni scarto è colmato nel monismo autarchico del Iogos maschile che soprawive alla morte del vivente, rispecchiandosi compiaciuto nel capitale che si autoriproduce.
Questo libro analizza in termini al tempo stesso spietati e appassionati l'atto deliberato e irresponsabile con cui, nella fase attuale, l'Europa si sta arrendendo alla propria dissolvenza. La "coscienza infelice" si lascia sedurre dalle sirene di un'utopia ipertecnologizzata, che promette di soddisfare a comando la fame universale di piacere e conoscenza, mentre l'"edonismo cognitivo" costituisce la nuova sintesi sociale che soppianta gli elementi fondamentali della tradizione europea. Ma l'uomo occidentale potrà curarsi solo mantenendo aperta la tensione tra l'Io e il mondo. La partita decisiva si gioca, dunque, sul piano culturale.
Secondo un ricorrente adagio la storia è finita; chi propugna questa tesi vede nell'accelerarsi degli eventi, nel contrarsi delle epoche come spazi unitari di senso e nel prevalere della dimensione della simultaneità sulla sequenzialità, altrettanti argomenti a favore di essa. Alla fine del mondo storico si accompagna inesorabilmente la fine dell'uomo come centro di imputazione di scelte e come donatore di senso, le azioni dei singoli non veicolando più alcuna sintesi o incarnando alcun universale, ma riducendosi a puro medium di un operare sistematico anonimo e reticolare. Anche il fondamento della democrazia muta.