In questo libro l'Antigone di Sofocle funge da pretesto per una riflessione critica su alcune implicazioni fondamentali dell'istituzione delle leggi - della loro produzione e della loro esecuzione - all'interno dei regimi democratici, nei quali, almeno in linea di principio, esse non sono autorizzate da nessuna fonte extrasociale. L'esplicitazione della genesi sociale delle leggi fa emergere in termini radicali il problema della loro giustificazione o legittimazione, il cui fondamento è da ricondurre esclusivamente alla responsabilità dei consociati. Il conflitto tra Antigone e Creonte non contrappone la ragione al torto, ma l'unilateralità di due ragioni o di due torti, tra i quali la messinscena tragica dimostra che scegliere non solo è impossibile ma non avrebbe neanche senso. La ricerca difficile d'una mediazione giuridica efficace, che il teatro tragico segnala come esigenza pressante, senza tuttavia indicare i modi e le forme del suo soddisfacimento, si precisa nel corso del libro come l'unica legittimazione dell'ordine costituito adeguata a una società democratica.
Gli autori, che hanno formazioni disciplinari diverse, affrontano le implicazioni filosofico-giuridiche, le premesse sociologiche e le prospettive politiche dell'integrazione europea. I nuclei tematici intorno ai quali si sviluppano le loro analisi sono l'aspetto mitico-genealogico dell'idea di Europa, il suo ritagliarsi un ruolo propulsivo nell'economia-mondo globalizzata e il suo presentarsi come un luogo in cui si sperimenta criticamente la dialettica tra identità e differenza. Malgrado l'ampiezza dei contenuti trattati e la diversità delle metodologie utilizzate, il volume ha un unico filo conduttore: la costruzione politica della cittadinanza europea, compito arduo e difficile, ma necessario e urgente, al quale i popoli del Vecchio Continente non possono sottrarsi, se vogliono dare ancora un contributo originale alla storia umana.
Viviamo nell'epoca dello stallo del desiderio: una pubblicità pervasiva e perentoria propaga capillarmente immagini seducenti e affascinanti che dovrebbero suscitare e stuzzicare il desiderio e invece lo minacciano e lo annientano perchè vi vedono un semplice pretesto per la promozione di nuovi oggetti di consumo. Una figura monca del desiderio - protagonista e vittima sulla scena dominante del marketing - oscilla tra la sua negazione e il suo fallimento. Filosofia e psicoanalisi vedono in questa corsa verso l'appagamento immediato una deriva illusoria e pericolosa del narcisismo dei consumi che distrugge il legame sociale, accresce i disagi e le insicurezze tra individui isolati e spaesati e moltiplica l'aggressività.