"Nella storia della pittura il nome di Manet ha un significato a parte. Manet non è soltanto un grandissimo pittore: in rotta con coloro che l'hanno preceduto, aprì il periodo in cui stiamo vivendo, armonizzandosi con il mondo attuale, il nostro, e in dissonanza con il mondo in cui visse, che scandalizzò. La pittura di Manet operò un subitaneo cambiamento, un sovvertimento corrosivo a cui converrebbe il nome di rivoluzione, se non desse luogo a un equivoco: il cambiamento visibile dello spirito di cui questa pittura è il segno differisce almeno per l'essenziale da quelli che la storia politica registra. Tale cambiamento ha peraltro un aspetto duplice. Da un lato, una tela di Manet rompeva di per se stessa con quell'idea della pittura che era allora radicata negli spiriti. Non meno sorprendente è l'altro aspetto del cambiamento a cui la pittura di Manet risponde. Mai prima di lui era stato così radicale il divorzio tra il gusto del pubblico e la mutevole bellezza che l'arte rinnova attraverso il tempo. Manet apre la serie nera; è a partire da lui che la collera e il dileggio del pubblico hanno così apertamente designato il rinnovarsi della bellezza. L'unità relativa del gusto dell'età classica era in quel momento compromessa: il romanticismo l'aveva spezzata, suscitando reazioni irose. Delacroix, Courbet, e lo stesso Ingres, così profondamente classico, avevano suscitato ilarità. Ma l'Olympia è il primo capolavoro di cui la folla abbia riso di un immenso riso."
"L'azzurro del cielo" fu scritto da Georges Bataille nel 1935 ma non fu pubblicato perché ritenuto dall'autore troppo limitatamente personale (uscì nel 1957 grazie al consiglio di alcuni amici dell'autore). Il romanzo porta i "segni premonitori" di una tragedia storica imminente, rappresentando i mali che sarebbero dilagati con la guerra. Predominano il colore nero del lutto dei paramenti funebri per la morte di Dolfuss e il rosso delle bandiere con la svastica di Hitler. Ma è da un tormento privato che la vicenda prende avvio, ispirandosi a incontenibili pulsioni scandite in "mostruose anomalie". Londra, Parigi, Barcellona disegnano una topografia della perdizione, una cornice nella quale il protagonista Troppman, attraverso sbronze, notti in bianco e strani riti, si avvicina a una nuova forma di purezza, alla comunione con la morte grazie allo scoperta illuminante del sordido.
Georges Bataille fa sfilare davanti agli occhi del lettore le prime figure create dall'uomo non per perseguire uno scopo utile, bensì al solo fine di corrispondere alla sua essenza spiritualmente libera: la caverna dipinta di Lascaux rappresenta la nascita assoluta dell'arte. Questo "miracolo" coincide però con l'apparizione nel mondo dell'uomo stesso e con il congedo dal suo passato animale; arte, umanità ed espressione del sacro compaiono insieme all'origine, concentrate in questa eccezionale testimonianza figurativa. Attraverso una sapiente considerazione delle manifestazioni di queste prime origini (la festa, il gioco, il sacrificio, il divieto e la trasgressione), Bataille ci avvicina a quegli uomini che, come viene affermato nel testo, furono nella storia coloro che cominciarono.
Oltre che dell'eros e dell'eccesso, Georges Bataille fu anche un singolare teorico dell'economia, ed è in questo ambito delle sue speculazioni che si situano alcune delle sue scoperte più preziose. Non diversamente da Ricardo e da Marx, egli vedeva nella categoria del "sopvrappiù", e nel modo in cui una determinata civiltà la tratta, la chiave di volta per capire la fisionomia nascosta della civiltà stessa. Studiando le società primitive e confrontandole con la nostra, Bataille riconobbe in tutto il mondo moderno una sorta di fatale cecità legata al predominio indiscusso della categoria dell'utile, a cui tutto viene subordinato, oscurando così la necessità del superfluo.