Il volume presenta per la prima volta al lettore italiano due testi appartenenti all'ultima parte della produzione di Jean Baudrillard: Carnevale e Cannibale, ovvero il gioco dell'antagonismo globale (2004) e Il Male ventriloquo (2006). Scritti in uno stile rapido e graffiante, i due saggi si caratterizzano per un taglio polemico e provocatorio di perdurante attualità. L'analisi impietosa della società globale dei consumi e dello spettacolo, giunta allo stadio estremo e simulacrale, e la critica serrata al conformismo intellettuale e politico di ogni colore, soprattutto di sinistra - vere e proprie cifre dell'opera di Baudrillard -, si condensano nella brevità icastica di questi due folgoranti interventi, gettati come sassi nelle acque falsamente rassicuranti del dominio politico e tecnoscientifico di un Occidente in fase terminale.
«Perché esiste qualcosa, anziché niente?». Perché, nonostante tutti i nostro sforzi, nonostante la buona volontà e la meccanica, indomabile esistenza, continuiamo a distruggere noi stessi? Domande cui un patafisico non può emersi dal rispondere, perché forse, a nostra insaputa, questo accanimento su noi stessi può essere la più grande opera d'arte mai creata, la più estrema mai concepita da qualunque specie vivente di qualunque pianeta.
"L'enigma si è capovolto: una volta era la Sfinge che poneva all'uomo la domanda dell'uomo, che Edipo ha creduto di risolvere, che tutti noi abbiamo creduto di risolvere, oggi è l'uomo che pone alla Sfinge, all'inumano, la domanda dell'inumano, del fatale, della disinvoltura del mondo verso le nostre azioni, della disinvoltura del mondo verso le leggi oggettive. L'oggetto (la Sfinge), più sottile, non risponde. Ma bisogna pure che disobbedendo alle leggi, eludendo il desiderio, risponda in segreto a qualche enigma. Che cosa resta se non il volgerci dalla parte di questo enigma?"
Uno dei più radicali e influenti pensatori contemporanei ci dà le coordinate per mappare e decodificare l'assurdo quotidiano. Perché non siamo più nel Reale, ma nell'Iperreale. Non siamo più nella Storia, ma nella Non-storia. Non abitiamo più l'era del Politico, ma del Transpolitico.
"Baudrillard... ha segnato in modo profondo la vita intellettuale contemporanea e la rappresentazione culturale del nostro tempo" (Franco Volpi)
Il consumo è per Baudrillard un processo di comunicazione che trasforma gli oggetti in simboli di un codice inteso a classificare e contrassegnare. Nuove gerarchie sociali vengono così a rimpiazzare le vecchie differenze di classe. Il consumatore vive le proprie scelte come libere, e tuttavia egli stesso - vittima della coazione a distinguersi - cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli altri. Sullo sfondo, un sistema di produzione che postula la perpetua eccedenza dei bisogni rispetto ai beni. Un'opera fondativa che non ha perso nulla della sua forza profetica.
Jean Baudrillard (1929-2007) è autore di oltre cinquanta libri tra i quali ricordiamo, pubblicati in italiano, "Il sistema degli oggetti" (Bompiani, 1972), "Lo scambio simbolico e la morte" (Feltrinelli, 1979), "Della seduzione" (Cappelli, 1980), "Le strategie fatali" (Feltrinelli, 1983), "Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?" (Cortina, 1996), "Patafisica e arte del vedere" (Giunti, 2006).
Affascina Jean Baudrillard che a suo modo è stato ammaliato dal problema della debole realtà della realtà nel nostro tempo sempre più dominato dalla tecnica, dal mediatico, dallo sviluppo del virtuale, dal digitale e da Internet. È vano cercare una soluzione progressista, realista, come è stato per la cultura del secondo novecento sia francese che italiano, c'è soltanto la necessità di conservare uno sguardo che non è critico (Baudrillard ritiene superato il pensiero critico) ma aperto e lucido. Senza amarezza, in una tranquilla disperazione, con l'idea che la fine non si approssima, ma è già in atto, Baudrillard vive in queste pagine da noi scelte fra le opere un'apocalisse da padre sereno. Il valore del grande pensatore francese recentemete scomparso consiste nel suo lavoro di derealizzatore, eccellendo nel disgregare le evidenze, che ci risveglia, ci stimola.
Nel novembre del 2005 Jean Baudrillard è a Madrid per ritirare la Medaglia d'Oro conferitagli dal prestigioso Círculo de Bellas Artes. Per l'occasione, che giunge pochi mesi prima della sua morte, tiene due conferenze. Qui, con il suo proverbiale incedere aforistico, il più sfuggente intellettuale contemporaneo torna sui temi cari alla sua riflessione recente: l'egemonia, l'immagine, la fine della distanza, la sparizione. Un pensiero estremo che inchioda l'Occidente all'inevitabile inveramento del proprio Nulla.
In un mondo di copie e di cloni dove tutto può essere creato all'istante dalla tecnologia, tempo e spazio sembrano annullati e l'umanità proiettata in un futuro virtuale dove l'uomo non lascerà traccia di sé. Immortalità, omologazione e clonazione: questi sono, secondo Baudrillard, i valori fondanti del terzo millennio, il cui passaggio ha rappresentato un'occasione mancata, gettandoci verso un regresso storico, spirituale e culturale. Reso vivace dalle intuizioni, dalle visioni profetiche e dal sarcasmo che contraddistinguono lo stile di Baudrillard, L'illusione dell'immortalità esprime le contraddizioni che guidano la cultura contemporanea e regolano le nostre vite.
Contro le interpretazioni correnti dell'11 settembre, ma anche rispondendo alle letture «revisioniste» (le Torri sono crollate per un complotto interno della CIA), Baudrillard, sulla scia di «Lo spirito del terrorismo», riconsidera il fenomeno all'interno del Nuovo Ordine Globale. La potenza simbolica dell'attacco alle Twin Towers è moltiplicata dalla disperazione: quella dei dannati della Terra ma anche quella suscitata nel cuore stesso dell'Impero dalla sottomissione a una tecnologia integrale, a una realtà virtuale schiacciante. In questo senso il terrorismo «è il verdetto e la condanna che la nostra società pronuncia su se stessa».