Nelle società della tarda-modernità esistono forme differenziate di coppia, ognuna sembra dar luogo a una coppia mista: non c'è la famiglia, ma una vera e propria polifonia di famiglie. Se questa è la realtà, alla quale si accompagna l'affermarsi crescente del single come ideale di vita, è possibile parlare della famiglia come di un «esistenziale», come un tratto costitutivo del vivere umano? È la domanda-guida del libro che, nella prospettiva di una pedagogia e di una filosofia della persona, indaga il poter essere e dover essere dell'amore e del "famigliare", segnato dal principio-generosità. In ogni grado - la relazione erotica, il legame coniugale e l'alleanza sponsale - in questione è un modo d'essere che è offerta di libertà: permette nuove conquiste nel viaggio alla scoperta di sé e dell'altro. In questo orizzonte si può comprendere come l'amore di coppia possa diventare cifra dell'esistenza personale, e in che senso la comunità familiare possa custodire la genealogia della persona: dona a ogni soggetto una mente, un desiderio. Soprattutto - se definita dalla disponibilità ad accogliere «chi viene sempre da altrove» - apre una chiara intuizione della logica del dono, ritmo originario della vita. Chiave della famiglia come esistenziale è una relazionalità riconoscente. È un'antropologia che vede ed intende l'amore e la vita di famiglia come operatori di felicità e di senso; permette di poter oggi «scorgere il sacro insediarsi stabilmente nei cuori», quasi fosse profezia di un inedito umanesimo dell'intimità.
Cosa intendiamo dicendo che l'essere umano è persona? L'idea contiene più di quanto si possa spiegare: l'intuizione stessa dell'umanità di ogni uomo. La svolta antropologica nelle riflessioni del secolo scorso ha dato alla filosofia e alla pedagogia un'evidente impostazione personalistica, della quale il volume traccia un bilancio critico per approdare a una nuova fondazione filosofica, attraversando i percorsi fenomenologici di Husserl, Scheler, Heidegger, Fink, Ricoeur e Marion, i personalismi cattolici di Guardini, Stein e Maritain e le tradizioni italiane di Stefanini, Capograssi e Pareyson. Una storia inedita del pensiero novecentesco: il personalismo, nella sua stessa pluralità di prospettive, diventa nuova fonte di senso nella società di oggi, che appare come un "villaggio dei diversi", attraversato dalle sfide della tecnoscienza, delle questioni di genere e del postumano. Introduzione di Antonio Bellingreri Contributi di Alberto Anelli, Stefano Biancu, Malte Brinkmann, Carla Canullo, Giuseppina D'Addelfio, Emmanuel Falque, Paul Gilbert, Massimo Naro, Giorgio Palumbo, Livia Romano, Giuseppe Tognon, Angelo Tumminelli.
Nell'epoca di una grandiosa metamorfosi della condizione umana, la persona sembra ridiventata problema a se stessa. Il testo assume questo compito urgente e tenta di porre nuovamente la domanda sul senso dell'essere persona. Un'ontologia fenomenologica che permette di tracciare le linee di una vita interiore per l'educazione e la pedagogia contemporanea e sulla quale s'innesta una lettura ulteriore, più radicale dell'esperienza, il cui principio è espresso dall'affermazione la persona è paradigma dell'essere: la persona è tensione a diventare sestese, ad essere in prima persona o come spirito, consapevole di sé e libero; é la forma più intensa dell'essere, il suo significato primo.
Una proposta pedagogica particolarmente adatta al passaggio storico verso l'epoca ultramoderna: l'impegno educativo è rivolto a non far morire lo spirito in noi, a far salva «l'anima dell'anima». L'evento della persona è il destarsi di questa sua parte più intima e più viva; porta l'acquisto del sentimento della realtà, l'apprendere a percepire ogni ente nella sua qualità d'essere e di bene. Il volume è articolato in tre parti. La prima contiene i Segnavia, percorsi di pedagogia fondamentale che elaborano una concezione dell'educazione definita da due istanze: una esistenziale, la realizzazione di una vita piena e totale; l'altra storica, la personalizzazione di un'eredità di senso. La seconda parte apre Sentieri, attraverso modelli di antropologia pedagogica che esplicitano quanto apprendiamo sulla persona nei mondi dell'educazione. La terza parte raccoglie Tracce, testimonianze che dispiegano le parole-chiave della prospettiva pedagogica dell'autore e contengono indizi chiari del suo incontro col Mistero cristiano. Il filo rosso che lega tutti i capitoli è lo stile fenomenologico-ermeneutico, un uso critico della ragione che tiene insieme la spiegazione scientifica e l'argomentazione filosofica e, applicato alle scienze pedagogiche, ne esalta la costitutiva intonazione etica.
Nelle società della tarda-modernità esistono forme differenziate di coppia, ognuna sembra dar luogo a una coppia mista: non c'è la famiglia, ma una vera e propria polifonia di famiglie. Se questa è la realtà, alla quale si accompagna l'affermarsi crescente del single come ideale di vita, è possibile parlare della famiglia come di un «esistenziale», come un tratto costitutivo del vivere umano? È la domanda-guida del libro che, nella prospettiva di una pedagogia e di una filosofia della persona, indaga il poter essere e dover essere dell'amore e del "famigliare", segnato dal principio-generosità. In ogni grado - la relazione erotica, il legame coniugale e l'alleanza sponsale - in questione è un modo d'essere che è offerta di libertà: permette nuove conquiste nel viaggio alla scoperta di sé e dell'altro. In questo orizzonte si può comprendere come l'amore di coppia possa diventare cifra dell'esistenza personale, e in che senso la comunità familiare possa custodire la genealogia della persona: dona a ogni soggetto una mente, un desiderio. Soprattutto - se definita dalla disponibilità ad accogliere «chi viene sempre da altrove» - apre una chiara intuizione della logica del dono, ritmo originario della vita. Chiave della famiglia come esistenziale è una relazionalità riconoscente. È un'antropologia che vede ed intende l'amore e la vita di famiglia come operatori di felicità e di senso; permette di poter oggi «scorgere il sacro insediarsi stabilmente nei cuori», quasi fosse profezia di un inedito umanesimo dell'intimità.
L'empatia è un'esperienza ricorrente nella nostra vita relazionale e già da sempre sappiamo che porta una qualche immedesimazione col modo di sentire di chi ci sta accanto e una speciale percezione emozionale del suo universo soggettivo. Le discipline psicologiche ne descrivono la complessità, come fenomeno che presenta molti elementi e forme differenziate nei diversi stadi dello sviluppo umano. Una pedagogia fondamentale di stile fenomenologico ed ermeneutico, come quella presentata in questo saggio, analizza le intenzionalità costitutive dell'empatia autentica; permette di intenderla quale virtù essenziale nei processi di formazione dell'esistenza personale, pertanto qualità determinante per vivere e pensare l'educazione. La prospettiva antropologica delineata consente di vedere che la possibilità di pervenire a se stessi, il privilegio di conoscersi e di scegliersi, è nella sua sostanza un dono. Il "dialogo centrato sull'empatia" e la proposta educativa "microcomunità empatiche" concretizzano il senso di una proposta pedagogica particolarmente idonea nel presente momento storico: è il reciproco riconoscimento, all'interno di un più vasto orizzonte condiviso di senso.
Un'introduzione filosofica e pedagogica alla vita interiore, un piccolo manuale di idee ad uso degli educatori. Nella prima parte, quella filosofica, l'Autore si concentra sull'essenza della vita interiore: il dialogo ininterrotto con quanto di prezioso è custodito nel "cuore", la parte più intima di noi stessi. La seconda parte, quella pedagogica, presenta l'azione educativa come un modellamento etico che attiva nella persona la tensione a conoscersi e a iniziare un'esistenza autentica. La terza parte, infine, vuole esplicitare l'approccio seguito dall'Autore, che conduce l'argomentazione con il massimo del rigore e dell'oggettività, rimanendo sempre "in prossimità" del Mistero cristiano, accogliendo le suggestioni che da esso provengono, come un'immensa riserva di senso.
Il volume, che si rivolge tanto ai pedagogisti quanto agli educatori, si divide in tre parti. La prima parte presenta una riflessione sul bisogno di riconoscimento, definito primario e costitutivo per la persona. È ad esso che tentano di portare una qualche risposta tutte le imprese umane di cura che chiamiamo educative; costituisce pertanto il tema e il problema proprio di una pedagogia fondamentale. La seconda parte disegna le linee di una fenomenologia dell’esperienza educativa. Il fenomeno originario è descritto come avvenimento della persona, generato però sempre da una relazione interpersonale di reciproco riconoscimento; l’intenzionalità costitutiva di questo evento è denotata con la dizione intenzionalità vicariante. Nella relazione educativa si tratta sempre di una definita proposta di vita buona, che l’educatore consegna all’educando. All’origine della consegna e a determinarne l’invio, c’è l’attestazione dell’educatore: egli si fa testimone responsabile della proposta e spera che la consegna lasci almeno intravedere a chi voglia accoglierla quanto promette, una possibile piena fioritura della persona. Per parte sua, l’educando conquista la virtù dell’educazione quando, mosso da questa promessa, cerca di dare un senso al suo desiderare, facendolo diventare desiderio di pervenire a una pienezza di vita. Può riconoscersi allora nell’ideale di vita buona che gli è proposto, vedendovi in trasparenza una figura meno impropria di sé: ora egli è in grado di giudicarla come approssimazione a una vita autentica. Perché l’ideale informi la vita, portando una fioritura nuova davvero vitale, è necessario però che l’educando lo incarni in una forma nuova, che ne esprima potenzialità latenti. La terza parte del volume è dedicata al metodo empatico, movendosi nell’orizzonte di un’ermeneutica del testo. Si tratta di una forma di dialogo esistenziale ed esige, nel concreto, di dar vita a microcomunità etiche: ambiti educativi di socialità ristretta, ricchi di amicizia e di cura benevolente, segnati soprattutto da una comune ricerca veritativa di senso per l’esistenza. Il suo fine è di aiutare la persona a maturare, apprendendo una competenza esistenziale: la disposizione abituale a porsi domande sul senso, e sul senso assoluto – non relativo, dell’essere e dell’esistenza. La cura dell’anima è appunto questo evento d’essere e di senso: messa in questione dell’io concreto e riappropriazione del sé autentico, che rendano il soggetto capace di vedere e intendere ogni realtà particolare nel suo nesso col tutto (il finito nell’infinito – oppure, anche, nell’Infinito). L’esito è l’esistenza in prima persona, che nel testo è detta massima personalizzazione dell’essere: esercizio attivo, autonomo, sempre in qualche modo consapevole e libero, dell’essere che la persona è, al cospetto della totalità.
Gli autori
Antonio Bellingreri è professore ordinario di Pedagogia generale all’Università degli Studi di Palermo; vi insegna anche Pedagogia della famiglia. Con Vita e Pensiero ha pubblicato i volumi Per una pedagogia dell’empatia (2005), Il superficiale il profondo. Saggi di antropologia pedagogica (2006) e Scienza dell’amor pensoso. Saggi di pedagogia fondamentale (2007). È inoltre autore dei testi «L’autorità genitoriale: fondamento e metodo» (Milano 2008) e «I nonni e la cura del patto intergenerazionale» (Brescia 2009).
L’empatia è esperienza ricorrente nella vita quotidiana e il sapere spontaneo ne comprende in qualche modo i tratti caratterizzanti. Dalla riflessione delle discipline psicologiche ne emerge già l’importanza pedagogica: la valenza educativa della conoscenza empatica, ma anche il significato empatico di ogni rapporto educativo.
L’autore, proponendo una pedagogia fondamentale di stile fenomenologico ed ermeneutico, istituisce l’empatia come categoria pedagogica. Analizzandone le intenzionalità costitutive, la riflessione fenomenologica perviene alla definizione di «interiorità personale oggettiva» e consente d’interpretarla come virtù educativa per eccellenza. Essa forma infatti tanto la qualità dell’educatore quanto la dote che l’educando acquisisce, imparando a rapportarsi all’altro da sé (al tu) e all’altro di sé (il proprio autentico poter essere).
Approfondendo questi risultati in una prospettiva poietico-pratica, la riflessione ermeneutica intende la relazione educativa empatica come narrazione autobiografica sotto forma dialogica, che è opera della veracità del sé concreto e insieme esegesi veritativa del sé autentico. A un primo livello, la comunicazione educativa è studiata in quanto sistema dialogale, che assume una singolare configurazione in virtù del codice empatico. A un secondo livello, è interpretata quale caratteristica figura dell’esistenza, modo d’essere e d’abitare un mondo, secondo uno stile amicale e solidale. Il concetto di ermeneutica del cuore porta forse a sintesi questa riflessione, costantemente rivolta alla comprensione del contenuto fondamentale e del metodo di un lavoro educativo, che può svolgersi in «microcomunità empatiche»: segnate da un clima emotivamente caldo, da un tono morale elevato e da un’istanza veritativa contemplante, esse dispongono ad accogliere e a custodire l’universo personale dell’altro.
Si profila, da ultimo, una proposta pedagogica particolarmente attuale nelle società occidentali della tarda modernità, caratterizzate piuttosto da «disincontri»: un’assenza della persona a se stessa, che genera sottoalimentazione emotiva e un diffuso, opaco senso d’indifferenza.
Antonio Bellingreri è professore ordinario di Pedagogia generale all’Università degli Studi di Palermo.
Nelle società della tarda-modernità esistono forme differenziate di coppia, ognuna sembra dar luogo a una coppia mista: non c'è la famiglia, ma una vera e propria polifonia di famiglie. Se questa è la realtà, alla quale si accompagna l'affermarsi crescente del single come ideale di vita, è possibile parlare della famiglia come di un «esistenziale», come un tratto costitutivo del vivere umano? È la domanda-guida del libro che, nella prospettiva di una pedagogia e di una filosofia della persona, indaga il poter essere e dover essere dell'amore e del "famigliare", segnato dal principio-generosità. In ogni grado - la relazione erotica, il legame coniugale e l'alleanza sponsale - in questione è un modo d'essere che è offerta di libertà: permette nuove conquiste nel viaggio alla scoperta di sé e dell'altro. In questo orizzonte si può comprendere come l'amore di coppia possa diventare cifra dell'esistenza personale, e in che senso la comunità familiare possa custodire la genealogia della persona: dona a ogni soggetto una mente, un desiderio. Soprattutto - se definita dalla disponibilità ad accogliere «chi viene sempre da altrove» - apre una chiara intuizione della logica del dono, ritmo originario della vita. Chiave della famiglia come esistenziale è una relazionalità riconoscente. È un'antropologia che vede ed intende l'amore e la vita di famiglia come operatori di felicità e di senso; permette di poter oggi «scorgere il sacro insediarsi stabilmente nei cuori», quasi fosse profezia di un inedito umanesimo dell'intimità.