Il volume è un'analisi dei temi e delle figure letterarie che fondano nei secoli l'unità della nazione in cammino. L'Italia nasce linguisticamente e letterariamente con Dante, battezzata dal poeta come "giardin dell'impero" e fin dal principio trasfigurata in un'allegoria letteraria. In seguito più volte battezzata e visualizzata in figura di donna, il "bel corpo" petrarchesco martoriato dalle "piaghe mortali", di giovane matrona sventurata percorsa e violata dagli eserciti stranieri. Da Petrarca a Bembo a Carducci, l'Italia viene effigiata come un'espressione letteraria, alla quale la rude realpolitik di Metternich opponeva quella sprezzante e politicamente obiettiva di espressione geografica. L'unità linguistico-letteraria, preesiste all'Unità politica, la sostituisce a lungo nel tempo, la prepara, attivandosi allorché il moto politico del Risorgimento innesta anche la marcia della poesia, del racconto e romanzo epico, della letteratura. Anche Mazzini era un letterato. E Garibaldi leggeva e imitava Foscolo e scriveva versi e romanzi non poi così disprezzabili. Raramente la letteratura ha avuto un ruolo così centrale e anche fattivo, pragmatico, di vera e propria utilità, come in quella circostanza storica. Il Risorgimento è anche un evento letterario, ed è al contempo una manifestazione del romanticismo.
Questa storia della critica su Renato Serra rappresenta un contributo sostanziale alla definizione della produzione letteraria del grande critico cesenate. Storia della critica per aree tematiche e storielle, l'opera segue l'articolazione in "temi" che furono cari a Serra e ne scandirono la biografia: il ritorno al classicismo nella produzione letteraria del Novecento; la biblioteca, cui fu intimamente legato sotto il profilo professionale, in ragione del suo status di bibliotecario, e come critico militante, che ne individuava la funzione come luogo della custodia dell'enciclopedia materiale del passato; la storia, come ricerca costante e sempre inappagata di una conoscenza autentica che parta dalla ricerca d'archivio e dalle testimonianze documentarie; infine, la guerra, verso la quale il critico dimostrò una radicata e consapevole coscienza interventista, elaborandone tuttavia allo stesso tempo una concettualizzazione come sacrificio inutile e senza compenso.