Vi sono luoghi che la maggior parte degli uomini ha evitato per millenni e di fronte ai quali ha provato paura e sgomento: le montagne, gli oceani, le foreste, i vulcani, i deserti. Inospitali, ostili, desolati, evocano la morte. Eppure, dagli inizi del Settecento tali loci horridi cominciano a essere frequentati intenzionalmente e percepiti come "sublimi", dotati di una più intensa e coinvolgente bellezza. Come tali, hanno fatto sentire l'uomo più vivo, lo hanno fatto resistere alla banalità dell'esistenza. Sebbene gli sviluppi delle tecniche, la diffusione del turismo di massa e lo scempio del paesaggio abbiano smussato tale sentimento del sublime, sottraendogli parte di quegli ingredienti essenziali costituiti dall'incertezza e dalla paura, vi sono oggi fattori che ne favoriscono la rinascita. L'egemonia della tecnica, le prime spedizioni interplanetarie hanno aperto all'umanità nuove frontiere del sublime. Tuttavia, il nostro rapporto con la natura è completamente cambiato, travolto dalla modernità. Cosa ne è in questo nuovo contesto delle antiche paure che i paesaggi incutevano? Siamo ancora capaci di avvertire, di fronte alla natura, il senso dei nostri limiti? Cosa ci dicono oggi i paesaggi di noi e delle nostre debolezze?
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Le passioni, a lungo condannate come fattori di turbamento, oggi si puntano a controllare dal punto di vista dell'individuo, mentre si mirano a forgiare come strumenti di dominio politico, dal punto di vista sociale. L'opposizione tra ragione e passione fa parte di una costellazione di senso culturalmente condizionata.
Chiude con una domanda Remo Bodei la sua lucida e distesa riflessione sull'ateismo. E il fatto stesso che un percorso di pensiero termini con una interrogazione deve farci cogliere tutta la portata della complessità del tema. La domanda è rivolta alle sentenze contenute nel libro di Geremia, in cui il Signore dice: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e il cui cuore si allontana dal Signore... Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia..." (Ger 17,5-11). Davvero, si chiede Remo Bodei, è maledetto l'uomo che non confida in Dio? Davvero non vi è speranza per lui di vita umana sulla terra? Bodei ha ben presente che l'ateismo non è qualcosa di radicalmente estraneo alla fede, ma è piuttosto ad essa legato da una parentela profonda, e con questo suo alter ego innesta una sorta di corpo a corpo, di "lotta con l'angelo" che, se non è mortale, può essere portatrice di nuovo e di futuro. (Gabriella Caramore)
In questo libro, la analista interroga il filosofo. La discussione affronta le problematiche connesse allo sviluppo scientifico, alla dimensione religiosa e alla crisi del senso di autorità. Vengono riproposti e riproblematizzati i legami classici tra psicoanalisi e società, tra psiche e sofferenza umana, mentre assumono un rilievo di primo piano gli interrogativi intorno alle possibilità terapeutiche e al futuro scientifico della disciplina.
"Noi possiamo fare del mondo un inferno, anzi siamo sulla strada", affermava Marcuse. Il dolore sembra dominare il paesaggio del mondo contemporaneo. Eppure è possibile anche l'opposto, anche se spesso la ricerca della felicità o, almeno, di una vita priva di grandi sofferenze e paure tende a staccarsi dalla progettualità politica. La difficoltà di accettare il nesso tra politica e felicità è presente sia che si parta dall'idea di una natura comune agli uomini o da quella della loro irriducibile individualità. Ritornano antiche domande: può il mondo bastare alla felicità? Esistono bisogni che la vita biologica e quella associata non riescono a soddisfare? E' attorno a tali interrogativi che si snoda la riflessione contenuta in queste pagine.
Operando distinzioni appropriate, ricostruendo teoreticamente, geneticamente e linguisticamente le idee di "bello" e "brutto", Bodei delinea i principali modelli della "costellazione della bellezza", così come si è venuta configurando nel corso dei secoli. Dal bello come idea di ordine, di misura e di armonia, al bello imponderabile che si esprime nella valorizzazione del gusto; dalle teorie e pratiche della bellezza finalizzata a uno scopo, alla rivendicazione della semplicità del bello, del bello come luminosità e folgorazione o del sublime. L'erosione degli ideali classici conduce infine al completo rovesciamento dei ruoli: il brutto diventa l'autentico bello e assume la parte del protagonista, anche se oggi, da vari sintomi, il suo trono sembra vacillare.