Nello Stato Pontificio la schiavitù fu non solo tollerata ma ebbe una lunga vita, almeno fino alla metà dell'Ottocento. Questo volume esplora la vicenda dei musulmani a Roma, poco analizzata a livello storiografico, delineando un nuovo approccio alla storia delle relazioni tra cristiani e islamici nella città alla luce della sua fisionomia plurietnica e multiculturale, che ne fa un autentico laboratorio europeo di gestione della diversità culturale e religiosa. Fondamentale in questa operazione è una fonte inedita: un piccolo quadernetto, il Libro dei turchi (riportato integralmente e commentato in appendice da Micol Ferrara), che annota gli arrivi presso la Casa dei catecumeni degli schiavi che intendevano convertirsi proprio nell'Urbe, probabilmente con la speranza, vana, di essere liberati. Emergono persone reali, vite che sarebbero restate ignote, voci che raccontano di sé: le peregrinazioni per tutta Europa, e perfino nel Nuovo Mondo o in Oriente, la fatica quotidiana (al remo nelle galere di Civitavecchia, la milizia a Castel S. Angelo o il servizio nelle case private), la costruzione di nuove identità dopo il battesimo. Restituire alla contemporaneità le loro storie rimosse e sepolte nel passato più lontano offre anche l'occasione per mettere in discussione l'idea che gli italiani siano, e siano sempre stati, europei, cattolici e bianchi: la popolazione è il risultato dei costanti mescolamenti etnici avvenuti nel corso dei secoli, e che continuano anche oggi.
La parabola del profetismo al femminile a partire dalla fine del Quattrocento fino al diciannovesimo secolo: rivelazioni, visioni, doni spirituali e taumaturgici sono stati per secoli strumenti finalizzati al raggiungimento dell'autonomia delle donne. Una storia che subisce una battuta d'arresto durante il secolo dei Lumi, quando l'esperienza mistica viene confinata tra le mura dei conventi o processata e condannata, per poi rifiorire in quel fenomeno che fu definito "la femminilizzazione del cattolicesimo". Si ricostruisce in queste pagine il controverso rapporto tra genere, religione e potere restituendo al lettore un modello di santità che abbandona la veste libera e trasgressiva delle origini e assume il senso di missione al femminile per la rigenerazione della Chiesa.
Il volume tratta di una figura tra le più importanti del mondo ebraico italiano ed europeo, Tranquillo Vita Corcos, rabbino e medico attivo a Roma tra fine Seicento e primi decenni del Settecento. Stranamente trascurato dalla storiografia sull’ebraismo, Corcos si muoveva abilmente tra le relazioni intrecciate con membri illustri della politica e della cultura romana e italiana – papi compresi –, e quelle con le comunità ebraiche europee, che si rivolgevano a lui come a una indiscutibile autorità. Il personaggio, la vita e le opere di Corcos rinviano a una serie di tematiche storiografiche che illumina il contesto storico-culturale, non solo ebraico, dell’Italia e dell’Europa tra XVII e XVIII secolo e chiarisce quale fu la natura, essenzialmente negoziale, dei rapporti tra ebrei e cristiani ma anche la loro trasformazione nel tempo. Quella esercitata indefessamente da Corcos, politico avveduto, intellettuale complesso, attratto dalla Kabbalah e dal sabbatianesimo, fu davvero un’“arte della mediazione” pur all’interno di una strenua difesa dell’identità ebraica. Siamo di fronte a un personaggio razionale e aperto e a uno sforzo di dialogo e di conciliazione che non impediva però il ricorso a più dure proteste e denunce rivolte agli stessi pontefici per difendere gli ebrei da preconcetti e accuse, come quella, temibilissima, di omicidio rituale.
Le comunità ebraiche nell'Italia moderna erano numerose e per la maggior parte, a partire dal 1516 con il prototipo di Venezia, erano rinchiuse in un ghetto, "invenzione" della Controriforma cattolica. In nessun altro paese europeo la Chiesa e il papato riuscirono a conseguire un simile successo, che indica la persistenza di una politica di esclusione, ma che ebbe anche l'esito paradossale di mantenere una identità precipua rimasta sempre, tra varie oscillazioni, sostanzialmente compatta. Le vicende delle comunità italiane possono essere ben comprese solo entro un più vasto sistema relazionale europeo, anzi mondiale, di popolazioni ebraiche, trattandosi di una storia fatta di immigrazioni; una storia da analizzare inoltre all'interno della rete di relazioni con il contesto non ebraico. Ben prima dell'emancipazione tardosettecentesca e ottocentesca e della fine del sistema dei ghetti, infatti, si realizzarono legami, scambi, interazioni tra società ebraica e società cristiana. La vicenda degli ebrei italiani fa dunque parte integrante della storia d'Italia e dei suoi snodi ed è significativa di una realtà oggi attualissima: quella della difficile convivenza di religioni e culture diverse e dei problemi legati al rapporto con le minoranze e con le alterità.
La storia degli ebrei e dei loro rapporti con i cristiani costituisce un capitolo centrale della storia più ampia della diffìcile convivenza di religioni e culture diverse. In Italia la scarsa comunicazione tra storia degli ebrei e storia generale ha fatto si che essi siano diventati "invisibili" sul piano storico. Si trascurano cosi le indicazioni che l'analisi delle istituzioni, delle norme e dei comportamenti che li riguardavano offre per la ricostruzione storica complessiva della società europea. Questo volume esamina, per l'età moderna, caratteri dell'intreccio delle relazioni tra il mondo ebraico e quello cristiano, senza ignorare i conflitti e le paure ma inserendo anch'essi nell'ottica dell'interrelazione costante. E posto cosi in discussione il paradigma interpretativo consueto, sostanzialmente falsificatorio, della separatezza e dell'incomunicabilità. La definizione dell'eresia e degli eretici, la caccia ai libri proibiti, le condanne della stregoneria e anche dei vietatissimi rapporti affettivi e sessuali tra ebrei e cristiani, il lessico del pregiudizio e della discriminazione, il discorso dei diritti e della cittadinanza, sono le questioni affrontate nel volume che delineano un quadro storico nuovo, tale da incidere sulle interpretazioni consuete di ciascuno di tali fenomeni. Ne nasce una storia unica, non più divisa, fatta di gruppi e di individui che parlano tra di loro e operano spesso insieme.
Nel 1798, per effetto dei grandi rivolgimenti prodotti a scala europea dalla Rivoluzione francese, si verificò a Roma un evento del tutto straordinario: l'espulsione del papa dalla città e la nascita di un regime repubblicano. Improvvisamente, la fine della peculiare mescolanza del potere temporale e di quello spirituale restituivano a Roma il ruolo di città "normale", non più segnata dalla sacralità di un potere teocratico. Il libro di Marina Caffiero indaga in modo originale e inedito questo episodio della nostra storia, e con esso i temi della costruzione di una nuova mentalità e di una nuova identità politica, alle soglie dell'età contemporanea, a partire dagli aspetti più quotidiani delle pratiche e dei discorsi della democratizzazione.
Ebrei battezzati clandestinamente in tenera età, ebrei denunciati con il pretesto che avessero espresso la volontà di convertirsi, ebrei "offerti" alla religione cristiana: quello dei battesimi forzati fra XVI e XIX secolo fu un fenomeno sociale e culturale di grande rilievo che si colloca all'origine di numerosi pregiudizi antisemiti. L'analisi di questo tema contribuisce a comprendere le radici storiche dell'antisemitismo politico otto-novecentesco e solleva questioni cruciali per la storia della società europea, quali quelle relative ai problemi politici e ideologici innescati dalla convivenza tra religioni diverse o al ruolo svolto dalle autorità e dai tribunali ecclesiastici.