Il libro racconta la terapia condotta con una famiglia adottiva in crisi. Sono state trascritte le parti più signifi cative delle sedute, seguite dal commento dell'autore. Incontro straordinario fra la realtà di due famiglie diverse, quella di origine e quella adottiva, la terapia della famiglia K apre prospettive di grande interesse. Dal punto di vista pratico, per dare risposte effi caci alle diffi coltà di molte famiglie adottive. Dal punto di vista più concettuale, per dimostrare come l'elaborazione del trauma e l'intervento sulle relazioni in corso non solo siano compatibili ma costituiscano ingredienti fondamentali di ogni lavoro terapeutico. In termini culturali, infi ne, per ribadire il valore, l'importanza e la complessità di un passaggio di consegne da chi non ce la fa a esercitare la genitorialità a chi invece aspira a una responsabilità così profondamente umana come amare e crescere un fi glio.
In questo libro, che è il seguito naturale di "La cura delle infanzie infelici", Luigi Cancrini propone cinque storie, raccontate in prima persona dai bambini che le hanno vissute. Presentate nel modo in cui sono emerse all'interno di una situazione terapeutica dedicata espressamente a loro, le storie aprono scenari in vario modo terribili o affascinanti e fino a oggi del tutto sconosciuti anche per gli addetti ai lavori. Chi si prende cura oggi dei bambini maltrattati o infelici poco si preoccupa, abitualmente, di dare loro l'ascolto su cui sarebbe giusto basare il proprio intervento, e poco o nulla esiste in letteratura, tranne che per i traumi legati all'abuso, sul modo in cui il bambino riflette dentro di sé, nei suoi vissuti e nelle sue esperienze, la complessità dolorosa delle situazioni in cui è costretto a crescere. Naturale e straordinariamente semplice risulta, da questo modo di procedere, l'integrazione delle esperienze elaborate dagli psicoanalisti dell'infanzia, da Klein a Winnicott fino a Bowlby, con quelle dei terapeuti sistemici della famiglia, mentre chiara si presenta, anche per i non professionisti, la necessità di riconoscere il diritto alla psicoterapia per tutti i bambini che soffrono troppo. Evitando lo sviluppo di quelli che sarebbero, in mancanza di questo intervento, i gravi disturbi di personalità dell'adulto.
Con questo nuovo lavoro, Luigi Cancrini muove dai territori a lungo esplorati delle manifestazioni psicopatologiche del giovane adulto per avventurarsi nel mondo dell'infanzia ferita. Un viaggio imprevedibile nei pensieri e negli stati d'animo del bambino che gli sta davanti in carne e ossa o di quello che viene evocato, "come un fantasma dai contorni incerti", nel momento in cui si accosta alla sofferenza dell'adulto. Un viaggio che si traduce in un racconto appassionante e commovente: non una sintesi o frammenti di terapie, ma un resoconto accurato dei molti e difficili passaggi affrontati nel corso del lavoro terapeutico o di supervisione. Storie di bambini "reali" e di bambini imprigionati, con il loro dolore e la loro confusione, nel corpo e nell'anima dei pazienti con gravi disturbi di personalità. Storie di bambini non ascoltati e non curati, capaci di condizionare drammaticamente, dall'interno, i giovani e meno giovani nei quali continuano a vivere, finché il lavoro terapeutico non riesce a raggiungerli, "perché quelli che curiamo anche quando curiamo pazienti adulti sono, alla fine, i bambini feriti che ancora piangono dentro di loro". Su questo sfondo emerge un altro punto di forza del libro che, partendo dalla clinica, denuncia l'applicazione acritica dei criteri diagnostici convenzionali e della terapia farmacologica in neuropsichiatria infantile.
Con questo nuovo, importante lavoro, Luigi Cancrini muove dai territori a lungo esplorati delle manifestazioni psicopatologiche del giovane adulto per avventurarsi nel mondo dell’infanzia ferita. Un viaggio imprevedibile nei pensieri e negli stati d’animo del bambino che gli sta davanti in carne e ossa o di quello che viene evocato, “come un fantasma dai contorni incerti”, nel momento in cui si accosta alla sofferenza dell’adulto. Un viaggio che si traduce in un racconto appassionante e commovente: non una sintesi o frammenti di terapie, ma un resoconto accurato dei molti e difficili passaggi affrontati nel corso del lavoro terapeutico o di supervisione. Storie di bambini “reali” e di bambini imprigionati, con il loro dolore e la loro confusione, nel corpo e nell’anima dei pazienti con gravi disturbi di personalità. Storie di bambini non ascoltati e non curati, capaci di condizionare drammaticamente, dall’interno, i giovani e meno giovani nei quali continuano a vivere, finché il lavoro terapeutico non riesce a raggiungerli, “perché quelli che curiamo anche quando curiamo pazienti adulti sono, alla fine, i bambini feriti che ancora piangono dentro di loro”.
Su questo sfondo emerge un altro punto di forza del libro che, partendo dalla clinica, denuncia l’applicazione acritica dei criteri diagnostici convenzionali e della terapia farmacologica in neuro-psichiatria infantile.
La parola borderline ha un uso sempre più vasto: tra i professionisti della salute mentale e nel parlare comune della gente. Secondo Luigi Cancrini ciò è dovuto al fatto che lo spazio occupato dalle situazioni di sofferenza legate a un funzionamento borderline della mente è molto più ampio (l'oceano) di quelli occupati dalle nevrosi e dalle psicosi (i continenti che dall'oceano sono separati). Il libro discute inizialmente i diversi significati che al termine borderline sono stati dati nel tempo sottolineando la necessità di legarlo a una modalità ben definita di funzionamento della mente: cui tutti abbiamo accesso (seppure in misura diversa) e che deve essere considerata sempre reversibile (mai, dunque, strutturale). Basandosi su un'ampia esperienza personale, il lavoro dell'autore si concentra successivamente sulle situazioni in cui la regressione a questo livello di funzionamento della mente si verifica in modo più chiaro e più drammatico: nell'infanzia dei bambini a rischio e nella vita infelice o sbagliata di quelli che a questo rischio soccombono. Proponendo quelli che sono, nell'intenzione dell'autore, dei veri e propri racconti di viaggio. Del tipo di quelli fatti un tempo da Marco Polo e da Ferdinando Magellano: senza pretesa di completezza, dunque, ma capaci di fornire osservazioni utili a chi vuole iniziare una mappatura di luoghi ancora poco conosciuti e un minimo di orientamento a chi quegli stessi luoghi vuole esplorare dopo di lui.
Questo libro nasce dall’esigenza di proporre una lettura critica della nosografia, della psicopatologia e della terapia in psichiatria nell’intento di gettare un ponte tra la visione, a volte un po’ semplicistica, dei manuali tradizionali (dove l’impostazione tutta medica propone classificazioni obsolete e poco collegate alla clinica) e la posizione, spesso polemica, di alcuni testi più moderni nei confronti della psichiatria medica e classificatoria da cui hanno preso le distanze. Questa scissione, che attraversa la psichiatria da molti anni, è motivo di grande confusione per lo studente che si avvicina alla materia a che spesso non sa nulla del vaso di Pandora che si accinge a studiare. Ed è appunto guardando agli studenti, e alle domande da loro poste durante le lezioni di psichiatria, che è nato il progetto ambizioso di proporre una visione più critica, integrata e comprensibile - anche attraverso l’uso di numerosi esempi clinici - della psichiatria e della psicopatologia.