Chi si accosta alla cultura indiana non può che essere subito assalito da interrogativi: a quali canoni artistici obbediscono le immagini, che paiono di proposito così poco naturalistiche? Come mai, quasi sempre, non si sa nulla della biografia degli autori di opere d'arte e componimenti letterari? Quali sono le basi di una musica così rigorosamente improvvisata? Su quali presupposti si fonda l'assetto, scandalosamente non egualitario, del sistema delle caste? Perché la donna è così sottomessa e al tempo stesso così celebrata? Come possono convivere l'uso dei matrimoni combinati e l'esaltazione dell'amore? E ancora: come possono stare fianco a fianco aspetti ascetici e altri di prorompente sensualità? Nella raccolta di saggi che qui presentiamo Coomaraswamy risponde a ciascuna di queste domande, delineando un mondo remoto in cui l'artista non si propone di esprimere se stesso né ambisce all'originalità, e in cui l'organizzazione sociale non mira a soddisfare le pulsioni di ciascuno, a incoraggiare la competizione e massimizzare il profitto economico: un mondo dove la perfezione consiste nel trascendere se stessi, nel superamento dell'io, nell'abbandono dei desideri, sicché lo svolgimento impeccabile della propria funzione all'interno della società diventa occasione di esercizio spirituale, e l'arte e l'amore mezzi per attingere quella realtà divina da cui sgorgano ogni bene e ogni bellezza - e che è accessibile solo dimenticando se stessi.
In “La filosofia dell'arte cristiana e orientale” sono raccolti alcuni importantissimi saggi di Ananda K. Coomaraswamy (1877-1947), il più grande storico dell'arte indiana e lo studioso che ha saputo realizzare al livello più alto l'incontro tra le civiltà dell'Oriente e dell'Occidente. Con immensa erudizione Coomaraswamy illumina in questi saggi i fondamenti della concezione indiana dell'arte, ma anche di quella dell'Occidente soprattutto medioevale, individuando le molteplici risonanze simboliche esistenti tra di esse. Secondo la concezione di Coomaraswamy, che intende rinnovare una verità antichissima e ormai perduta, l'opera d'arte è innanzi tutto «supporto per la contemplazione del sacro e dei princìpi eterni e immutabili che reggono il Tutto, e se questo suo carattere vien meno - come in gran parte dell'arte moderna, soprattutto in Occidente - essa si rende inutile e persino nemica dell'evoluzione spirituale dell'uomo e dei princìpi metafisici che devono improntare la sua esistenza». Uscito nel 2002, da anni esaurito e continuamente richiesto, “La filosofia dell'arte cristiana e orientale” viene ora riproposto con uno scritto di Grazia Marchianò, la massima studiosa italiana dell'opera di Coomaraswamy.
L'albero della vita e del risveglio alla conoscenza liberatrice; il fiore di loto quale trono regale del Buddha; la ruota, antico simbolo solare; il Vajra, folgore-diamante, nucleo luminoso del cuore che possiede la vera conoscenza, indisturbato dalla mutevole danza dei fenomeni. Questi i simboli fondamentali del buddhismo che Coomaraswamy esamina in queste pagine, in stretta aderenza ai testi e al ricco repertorio iconografico, con la consueta immensa erudizione e l'ampio respiro metafisico. Il libro mette in luce alcuni aspetti essenziali della simbologia buddhista, il più importante dei quali è l'impossibilità di dividere l'esperienza estetica dall'esperienza religiosa. Le immagini, ricorda Coomaraswamy, prese di per sé e in modo isolato non hanno valore. Sono piuttosto un supporto per la contemplazione e per la realizzazione spirituale. Si tratta, nell'ambito della tradizione buddhista, di realizzare interiormente ciò che il simbolo racchiude e indica. In questo senso l'immagine ha un valore fondamentale, come via da percorrere.
Il disegno della lepre che Visnu impresse nella luna attingendo al succo delle montagne, i dispetti del Buddha bambino, gli amori di Siva, i viaggi iniziatici nel regno dei morti, le grandi metamorfosi cosmiche, le intramontabili storie d'amore, le grandi epopee di eroi, sovrani e demoni narrate nel Ramayana e nel Mahabharata, i due più grandi racconti epici della civiltà indiana. Le pagine di questo libro guidano il lettore, storia dopo storia, a una piena comprensione della mentalità e della civiltà indiane. Per cogliere l'anima dell'india e della sua cultura è infatti indispensabile assorbirne i miti: narrare e ascoltare le antiche leggende è ritenuto dagli indiani un atto di profonda religiosità, capace perfino di abbreviare il transito nel giro doloroso delle rinascite.