Dal 1960 il programma scientifico SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) scandaglia lo spazio siderale nella speranza di intercettare un segnale, un qualsiasi segnale, che ci confermi l'esistenza di una civiltà extraterrestre. Finora però ogni sforzo si è tradotto in uno strano, e un po' inquietante, silenzio. Significa che dobbiamo arrenderci all'idea che siamo davvero soli nell'universo, e che non esistono altre forme di vita? Non necessariamente, secondo Paul Davies. Il silenzio che ci circonda forse vuol dire che stiamo cercando la cosa sbagliata nel modo sbagliato, e che un buon inizio per affrontare la probabilità dell'esistenza di ET è affrontare l'eccezionalità nell'universo della presenza umana. "Uno strano silenzio" è un libro provocatorio e coraggioso, dove il rigore della scienza non ruba la scena ma anzi alimenta la riflessione sociale e filosofica su un tema capace di toccare le corde più profonde dell'inquietudine umana.
Da qualche tempo, fisici, astronomi e cosmologi hanno iniziato a rendersi conto di quanto molti dei parametri fondamentali dell'universo - dalla velocità della luce, alle caratteristiche dell'atomo di carbonio - siano calibrate in modo apparentemente miracoloso per permettere l'esistenza della vita: spostamenti anche minimi nei valori di queste costanti porterebbero ad universi altrettanto fisicamente realistici del nostro, ma senza alcuna speranza di ospitare qualcosa di simile a uomini, piante e animali. Nel suo nuovo libro, il fisico Paul Davies esamina la possibilità che esistano infiniti universi paralleli al nostro, ipotesi presto scartata: secondo Davies, non esistono universi alternativi, ma solo questo, in cui le osservazioni che l'uomo compie oggi potrebbero contribuire a modellare la natura della realtà nel passato remoto. La vita e la coscienza umana non sarebbero casuali sottoprodotti dell'evoluzione cosmica, bensì i suoi attori decisivi.