Le democrazie contemporanee non godono di buona salute. Già minacciate dal progressivo indebolimento della politica prodotto dalla spietata competizione globale, oggi devono fare i conti con un nuovo spettro: diventare la "democrazie del pubblico". Nella società dei nuovi media i cittadini rischiano di trasformarsi in un "pubblico" sempre più passivo, acritico, influenzabile, con scarse possibilità controllare le informazioni, senza occasioni di confronto critico, piuttosto istintivo nei giudizi e quindi con basse difese immunitarie per difendersi dalle tante forme di manipolazione e da populisti e imbonitori sempre in agguato, soprattutto nei momenti di crisi. Contro tale preoccupante degenerazione, questo volume propone una difesa filosofica, storica, sociologica ed economica della democrazia, intesa come "società aperta", fondata sulla discussione critica, che trova le sue origini nella filosofia greca e nella tradizione cristiana. Per far fronte alle sfide del terzo millennio, è questa la tesi degli autori, la democrazia ha bisogno di una articolazione poliarchica, di istituzione inclusive, di uno Stato in grado di regolare i processi economici e di garantire le libertà dai nuovi nemici e i diritti sociali dalle nuove disuguaglianze. Per le sorti della democrazia diventa inoltre decisivo che il cittadino democratico, soprattutto attraverso gli studi umanistici, acquisisca quella capacità critica e quella autonomia di giudizio che rappresentano gli anticorpi necessari affinché il "demos" non sia declassato a "pubblico" e la "democrazia dei cittadini" possa trovare nuovo slancio nel mondo globalizzato.
Contro la diffusa tendenza a considerare la propria civiltà oggettivamente superiore alle altre e contro l'opposta convinzione che le culture siano tutte uguali, in quanto "mondi incommensurabili" tra i quali non vi sarebbe possibilità di confronto critico ma semmai il rischio di scontro, questo volume propone una serrata difesa epistemologica ed ermeneutica del dialogo tra individui appartenenti a culture e religioni diverse. Esplorando le ragioni filosofiche del dialogo e proponendo strumenti metodologici che permettono di comprendere anche quelle che sembrano le più assurde ragioni altrui, questo lavoro vuole dimostrare come il dialogo, a prescindere dalle differenze culturali tra gli interlocutori, sia sempre in linea di principio possibile e rappresenti un insostituibile dispositivo per incrementare la capacità di problem solving. L'autore delinea l'identikit di un homo dialogicus epistemologicamente conscio che nessun valore può essere dimostrato assoluto e che interpreta il politically correct non con sospensione del giudizio su chi considera diverso, ma come libero esercizio della discussione critica. Consapevole che quella del dialogo è una scelta di vita, l'homo dialogicus rifiuta la critica ad hominem e intende trasformare le differenze in opportunità, vedendo nell'apertura a ciò che è "altro" una straordinaria occasione per ampliare il proprio orizzonte culturale, per conoscere meglio se stesso e il proprio mondo.