Fra i documenti del Vaticano II, "Nostra Aetate" è quello che ha rappresentato un esempio di ricezione accrescitiva: non solo ha rovesciato la catechesi del disprezzo, ma ha aperto una via nella quale sono passati sia i rapporti teologici fra chiesa ed ebraismo, sia i rapporti politici fra Santa Sede e Stato di Israele, sia le occasioni di scambio culturale e accademico. Questo libro dà il senso di quanto sia stato lungo e fecondo il cammino che da "Nostra Aetate" ad oggi ha trasformato le relazioni fra Israele e la Chiesa e offre sia allo studioso sia al lettore un accesso a quei documenti così recenti e così importanti che gettano le basi per un cinquantennio di fraternità e speranza (Alberto Melloni). Il volume - che raccoglie studi e documenti, in inglese e in italiano, ed è corredato da un inserto fotografico a colori - è frutto della collaborazione tra l'Ambasciata d'Israele presso la Santa Sede e la Pontificia Università Urbaniana.
Il testo si sofferma sul significato del perdono nella religione ebraica: la richiesta di "perdono" non avviene per delega, ma può partire solo dai responsabili viventi, esige il loro pentimento, e va rivolta a quanti sono stati da loro offesi, comportando la riparazione delle conseguenze arrecate sul piano morale, penale, civile ed economico. Nel dialogo col cristianesimo emergono interessanti punti di convergenza: il Dio della Bibbia ebraica, dice il rabbino Di Segni, "è giustizia e amore [...]. Nulla avrebbe senso nell'ebraismo senza il perdono. E l'esortazione 'ama il tuo prossimo come te stesso' è anche evangelica ma viene dalla legge mosaica".
DESCRIZIONE: Memoriale della creazione e della libertà – e per questo cuore della vita ebraica – il sabato (Shabbat) acquista nelle parole di rav Benedetto Carucci Viterbi il sapore di una conoscenza che cerca di dar conto di quale sia il rapporto di Dio con le sue creature, di quale “progetto” abbia Dio stesso per tutta l’umanità.
Rav Carucci Viterbi si addentra nel significato dei versetti biblici, nei movimenti della vita quotidiana, nella sapienza di maestri antichi e moderni, per cercare di avvicinare il lettore alla complessità della celebrazione del sabato, ma anche alla sua assoluta centralità nella vita degli ebrei di tutti tempi. L’immagine, proposta da Abraham Joshua Heschel, del sabato come di una «architettura del tempo» è sufficiente a farci comprendere anche l’insegnamento antiidolatrico racchiuso nell’idea del sabato. Le pietre si consumano, le case costruite sulla terra sono destinate a crollare, a ritornare polvere. Sulla polvere non è possibile edificare qualcosa di eterno. Pretendere di farlo sarebbe sovvertire l’ordine delle cose, idolatrare lo spazio. Il sabato, dice Heschel, è fatto «per celebrare il tempo», non per idolatrare un luogo.
(Gabriella Caramore)
COMMENTO: Un'intervista al preside delle Scuole ebraiche di Roma sul significato e il culto del sabato per gli ebrei.
BENEDETTO CARUCCI VITERBI è preside delle Scuole ebraiche di Roma e insegnante del Corso di laurea in Studi ebraici del Collegio rabbinico di Roma. Tra le sue opere: Il qaddish (Marietti 1992); Rabbi Aqivà (Morcelliana 2009).