Tratta da quel vero e proprio monumento letterario alla civiltà gastronomica francese che è "Le grand dictionnaire de cuisine", questa bizzarra catalogazione d'ingredienti, ricette e aneddoti è prima di tutto un'appassionata dichiarazione d'amore alla cucina. Alexandre Dumas, raffinato e vorace gourmet, costruisce un divertente viaggio culinario dove tutto mescola, con stile enciclopedico: storia, geografia, citazioni letterarie, fantasie, suggestioni poetiche, indirizzi, ricordi d'infanzia. Alexandre Dumas è stato maestro nel genere del romanzo storico e d'avventura, celebre soprattutto per capolavori come "Il conte di Montecristo" (1844-45) e "I tre moschettieri" (1844). Grande viaggiatore e incontenibile goloso, riflette la sua personalità debordante nel Grand dictionnaire de cuisine, uscito postumo nel 1873, da cui sono tratte le voci di questo alfabeto.
Scopri le fantastiche avventure di Robin Hood, il ladro "buono" che ruba ai poveri per dare ai ricchi, e divertiti ad ascoltare tutti i suoni del libro! Età di lettura: da 3 anni.
"Un giorno saprò senza dubbio chi sono, ma non saperlo non m'impedirebbe di dormire tranquillo né di risvegliami allegro e contento. Perdinci! Se ignoro il mio vero nome, nobile o plebeo che sia, non ignoro chi voglio essere, il più abile arciere che abbia mai scoccato una freccia contro i daini della foresta di Sherwood." Età di lettura: da 8 anni.
Da un maestro del romanzo storico d’appendice, I Bianchi e i Blu sono un’opera fluviale ambientata tra la Rivoluzione francese e il periodo napoleonico che, secondo le intenzioni di Dumas, doveva raccontare la storia recente della Francia mescolando fatti storici e inventati, personaggi noti e sconosciuti, e dare eguale importanza ai vincitori (i Blu, i rivoluzionari) e ai vinti (i Bianchi, i realisti) riconoscendone l’eroismo. Il romanzo è strutturato in quattro parti a sé stanti e separate nel tempo: la guerra contro i prussiani sul Reno durante il Terrore nel 1993, l’assalto alla Convenzione nazionale nell’ottobre 1795, il tentato colpo di Stato del settembre 1797 e la campagna d’Egitto del 1798-99. Sulla scena compaiono Saint-Just e Barras, Napoleone e Joséphine, Madame de Stael e Benjamin Constant, scioani e vandeani, incredibili e meravigliose, insomma tutto il variopinto e irrequieto mondo della Parigi degli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione francese. Senza dimenticare i valorosi Roland e Morgan, destinati a essere i protagonisti de I Compagni Jéhu dello stesso Dumas, e i tanti soldati verso cui va la simpatia dell’Autore che ne ammira la bontà, la spontaneità e il coraggio. Infatti, se è chiaro il suo sostegno alla causa rivoluzionaria e napoleonica, è altrettanto spietata la sua condanna nei confronti della violenza del popolo, della meschinità dei carnefici e degli inganni perpetrati da chi detiene il potere.
D'Artagnan, giovane guascone, parte per Parigi per unirsi ai moschettieri, la legione di spadaccini fortemente voluta dal re di Francia Luigi XIII e invisa al perfido cardinal Richelieu. Si trova per caso a combattere al fianco di Athos, Porthos e Aramis, dimostrando tutto il suo valore e il suo cuore, necessari per servire la corona e difenderla da nemici fuori e dentro la corte. D'Artagnan e il trio di moschettieri saranno costretti a ricorrere a tutto il loro ingegno e le loro abilità con la spada per preservare l'onore della regina Anna e contrastare gli schemi malvagi del cardinale. Con questa epopea di cappa e spada pubblicata nel 1844, Dumas ricama sulla storia un colorato mondo di combattimenti, intrighi e romanticismo. Un romanzo che ha ispirato decine di adattamenti cinematografici, parodie e seguiti letterari.
Parigi in subbuglio nel secondo capitolo della saga di Dumas sulla Rivoluzione francese e l’ascesa di Napoleone.
Parigi, ottobre 1795: il Terrore è passato e la società parigina vede affermarsi nuove tipologie sociali, gli incredibili e le meravigliose, giovani seguaci di un lusso ostentato e stravagante. La Convenzione termidoriana che si è insediata dopo la caduta di Robespierre è minacciata da un’insurrezione popolare legittimista. Sembra non esserci speranza per la neonata Repubblica, ma il giovane Napoleone è il predestinato per cambiare le sorti della sommossa e del nuovo governo. Con Attacco alla Convenzione, secondo capitolo della saga de I Bianchi e i Blu, Alexandre Dumas racconta il periodo della Francia che precede la creazione del Direttorio mescolando personaggi noti e sconosciuti, storia e finzione, politica e complotti.
Dove sta la magia? Nella forza del plot? Nella qualità possente dello scenario storico che è in grado di evocare? Nella suspense? Forse, più di tutto, nella gioia del raccontare. Questo capolavoro dell'intrigo cattura a ogni pagina il lettore, lo spiazza, lo depista, lo inganna e lo rende complice, per poi coinvolgerlo in uno strabiliante "effetto meraviglia". A partire dal titolo: non solo I tre moschettieri sono quattro, ma - come ha osservato Umberto Eco il romanzo è palesemente "la storia del quarto", di d'Artagnan, che è l'assoluto protagonista non solo di questo libro, ma degli altri due che seguiranno: Vent'anni dopo e Il visconte di Bragelonne. "Immaginatevi un Don Chisciotte a diciott'anni": è questo il primo impatto del lettore con d'Artagnan, e attorno a questo virtuoso della spada, a questo campione di lealtà, di dedizione assoluta alla regina, si dipanerà la storia dei tre romanzi, la storia di una vita. L'altra figura decisiva, antagonistica, è Milady, quintessenza dell'inganno, maschera erotica della perfidia e del tradimento, di cui porta il segno indelebile inciso nelle carni. C'era bisogno di una nuova edizione dei Tre moschettieri per riportare il romanzo all'altezza della sua scrittura: attraverso una nuova traduzione che unisce rigore e respiro narrativo, un'Introduzione del più grande studioso vivente di Dumas e un dettagliatissimo Dizionario dei personaggi.
Da capolavoro del romanzo popolare a capolavoro del romanzo: la storia della fortuna de "Il conte di Montecristo" si potrebbe condensare nella lenta caduta di un aggettivo. Fin dal suo primo apparire, in quella Francia degli anni Quaranta dell'Ottocento che era il più fervido e convulso laboratorio delle rivoluzioni europee, la storia dell'eroe borghese Edmond Dantès, eponimo della sfortuna e dell'ingiustizia, che si trasforma in spietato giustiziere, fu accolta dalle migliaia di avidi lettori di feuilleton come la più iperbolica incarnazione dello spirito del tempo. Un successo fulmineo, sancito dall'immediato passaggio all'edizione in volume e da un incredibile numero di ristampe e traduzioni. Ma fin da subito, quell'aggettivo, "popolare", suonò, in tutta una parte della critica colta, come una netta discriminazione, se non come una condanna. Al contrario, il "Montecristo" deve oggi essere situato nel posto che merita: all'apice della più felice stagione del romanzo europeo. Condotta sul testo francese meticolosamente stabilito da Claude Schopp, questa edizione comprende, oltre alla prefazione di Schopp, un apparato di note al testo, nonché un dizionario dei personaggi e delle persone storiche e un Indice dei luoghi.
Ha centosettant'anni, ma non perde un colpo. Pubblicato a puntate fra l'agosto 1844 e il gennaio 1846 sul "Journal des Débats", mentre Dumas lo stava ancora scrivendo (con l'aiuto di un ghost-writer, Auguste Maquet), senza sapere nemmeno lui come l'avrebbe concluso, e intanto metteva in cantiere altri due o tre romanzi, "Il conte di Montecristo" ha lasciato, e lascia tuttora, col fiato sospeso folle di lettori di ogni estrazione sociale e di ogni paese. Nessun romanzo, forse, ha avuto tante edizioni (settantasei solo in Italia, già dal 1846), tanti adattamenti cinematografici (il primo nel 1922) e televisivi; è diventato un musical, un fumetto con Paperino, è stato immortalato sulle figurine Liebig e condensato nelle strisce della Magnesia San Pellegrino; oggi ispira la serie americana Revenge. Tutti quindi possono dire di conoscerne almeno a grandi linee la trama e il protagonista, anche chi non lo ha mai letto. Ma non c'è trasposizione, necessariamente lacunosa, data la mole del romanzo, che valga il godimento di aprirlo e rimanere intrappolati senza scampo nel suo inesorabile ingranaggio narrativo, che funziona sempre anche se si sa già come andrà a finire la vicenda. I suoi stessi difetti, le ripetizioni, le digressioni, le zeppe, sono funzionali al piacere della lettura.
En “Los tres mosqueteros”, novela llena de peripecias e intrigas y quintaesencia del género de aventuras, se puede apreciar ese sabor único e inolvidable que poseen las obras animadas por el mero gusto de contar. Enfrentados a su tenebrosa enemiga Milady, el gascón d’Artagnan y los mosqueteros Athos, Porthos y Aramis tienen presentes los conceptos del honor y la caballerosidad, pero no inspiran menos sus actos la astucia y el afán de poder y riqueza, así como la búsqueda del triunfo que encarna la célebre divisa «Todos para uno y uno para todos».