La gaia scienza: raramente l’espressione nietzschiana è stata così azzeccata per un libro... un libro sui libri. Dal papiro ai supporti elettronici, percorriamo duemila anni di storia del libro attraverso una discussione contemporaneamente erudita e divertente, filosofica e aneddotica, colta e personale. Passiamo attraverso tempi diversi e diversi luoghi; incontriamo persone reali insieme a personaggi inventati; vi troviamo l’elogio della stupidità, l’analisi della passione del collezionista, le ragioni per cui una certa epoca genera capolavori, il modo in cui funzionano la memoria e la classificazione di una biblioteca. Veniamo a sapere perché “i polli ci hanno messo un secolo per imparare a non attraversare la strada” e perché “la nostra conoscenza del passato è dovuta a dei cretini, degli imbecilli o degli avversari”. Insomma, godiamo della “furia letteraria” di due appassionati che ci trascinano nella loro folle girandola in cui ogni giro sorprende, distrae, insegna. In questi tempi di oscurantismo galoppante, forse è il più bell’omaggio che si possa fare alla cultura e l’antidoto più efficace al disincanto.
Novela folletinesca que abarca desde los inicios del siglo XIX hasta los primeros años del siglo XX.
Estamos en marzo de 1897, en París, espiando desde las primeras páginas de esta magnífica novela a un hombre de sesenta y siete años que escribe sentado a una mesa, en una habitación abarrotada de muebles: he aquí al capitán Simonini, un piamontés afincado en la capital francesa, que desde muy joven se dedica al noble arte de crear documentos falsos.
Hombre de pocas palabras, misógino y glotón impenitente, el capitán se inspira en los folletines de Dumas y Sue para dar fe de complots inexistentes, fomentar intrigas o difamar a las grandes figuras de la política europea. Caballero sin escrúpulos, Simonini trabaja al servicio del mejor postor: si antes fue el gobierno italiano quien pagó por sus imposturas, luego llegaron los encargos de Francia y Prusia, e incluso Hitler acabaría aprovechándose de sus malvados oficios.
Treinta años después de publicar El nombre de la rosa, Umberto Eco vuelve para mostrarnos que en la literatura y en la vida, nada es lo que parece y nadie es quien realmente dice ser: todo es según convenga, y quien triunfa, ahora y siempre, es el rufián que desconfía de todos y se mantiene alerta, aunque no se mueva casi de esa mesa donde lo vimos al principio, cuando quizá no sabíamos que Simonini y los hombres como él aun están aquí, entre nosotros, y han venido para quedarse.
"Una novela donde todos los personajes, excepto el protagonista, existieron realmente. Es más: algunos de ellos están todavía aquí, entre nosotros"
Umberto Eco
Il libro nasce da una serie di conferenze e seminari sulla traduzione tenuti da Umberto Eco a Toronto, a Oxford e all'Università di Bologna negli ultimi anni e dell'intervento orale cerca di mantenere il tono di conversazione. I testi si propongono di agitare problemi teorici partendo da esperienze pratiche, quelle che l'autore ha fatto nel corso degli anni come correttore di traduzioni altrui, come traduttore in proprio e come autore tradotto che ha collaborato con i propri traduttori. La questione centrale è naturalmente che cosa voglia dire tradurre, e la risposta - ovvero la domanda di partenza - è che significhi "dire quasi la stessa cosa". A prima vista sembra che il problema stia tutto in quel "quasi" ma, in effetti, molti sono gli interrogativi anche rispetto al "dire", rispetto allo "stessa" e sosprattutto rispetto alla "cosa". Dato un testo, che cosa di quel testo deve rendere il traduttore? La semplice superficie lessicale e sintattica? Troppo facile, ovvero troppo difficile, come si vedrà.
Grandi classici, raccontati da grandi nomi della letteratura così come potrebbero raccontarli ai figli o nipoti, una sera, nel loro salotto. "Save the story": frutto della collaborazione tra Scuola Holden e Gruppo Editoriale L'Espresso, è anche un ciclo di reading affidati a grandi scrittori presentato all'Auditorium Parco della Musica e coprodotto con la Fondazione Musica per Roma. Non un'operazione di riscrittura, ma un appassionato omaggio ai libri che più abbiamo amato. Umberto Eco, Alessandro Manzoni: un matrimonio che s'ha da fare. Il racconto di Umberto Eco traghetta il romanzo più studiato e ingiustamente odiato della storia della letteratura italiana alle nuove generazioni. Le disavventure di Renzo e Lucia, in una Lombardia dominata da un'oligarchia di prepotenti, e sballottata dalle forze incontrollabili della peste, della rivoluzione, e da quelle imperscrutabili della provvidenza. Il tutto, utilizzando parole come bullismo e mafia, per traghettare quella storia nel tempo, e farla cadere con precisione dentro l'oggi dove viviamo coi nostri figli. Età di lettura: da 8 anni.
Omonimi, omofoni e acronimi: in questo libretto originale e divertente, i giochi linguistici del grande scrittore e semiologo. Un divertissement di Eco, che ha modificato radicalmente il senso dell'opera dantesca fino a portarlo all'opposto dell'originale.
La parola che da arma difensiva e offensiva si riduce a "merce" (Del Giudice); la parola che si piega a strumento di "prevaricazione", come dimostrano gli eccessi tragici degli ultimi tempi (Eco); la parola dell'uomo che si contrappone a quella di Dio e si fa "diabolica", divenendo veicolo di odio e divisione (Ravasi). Tre autori contemporanei dialogano con i testi di Gerusalemme, Atene e Roma, riuniti qui in un'antologia che ripercorre alcuni momenti esemplari della riflessione antica sulla parola e sul suo rapporto con il potere, dalla Genesi alle Nuvole di Aristofane alle Confessioni di Sant'Agostino.
"La bomba e il generale": gli atomi malinconici chiusi dentro una bomba e un generale che vuole fare la guerra a tutti i costi. "I tre cosmonauti": i tre cosmonauti sospettosi che incontrano un marziano con sei mani. "Gli gnomi di Gnù": un imperatore presuntuoso che pretende di portare la civiltà su un piccolo pianeta innocente e felice. Tre storie raccontate da Umberto Eco e illustrate da Eugenio Carmi, per i bambini, per i grandi, per chi ha bisogno di fiabe.
Questa raccolta di scritti può essere vista come una naturale continuazione delle "Sei passeggiate nei boschi narrativi". Si tratta infatti di discorsi rivolti in genere a un pubblico abbastanza vasto e vertono tutti sulle funzioni della letteratura, su autori che Eco ha frequentato a lungo, sull'influenza di alcuni testi più o meno letterari sullo sviluppo degli eventi storici, su alcuni problemi tipici del narrare e su alcuni concetti chiave della scrittura "creativa". In alcuni di questi, e specialmente nell'ultimo ("Come scrivo"), Eco sceglie come esempio e oggetto di riflessione la sua stessa attività di narratore, ma anche i saggi in cui non parla direttamente di sé gettano una luce sul suo fare letterario.
Organizzati secondo una logica tematica, questi saggi, apparsi su quotidiani e riviste tra il 1973 e il 1976, ripropongono Eco come semiologo del quotidiano, attento e curioso critico del costume e del linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa. Eco riferisce quanto avviene alla periferia dell'impero americano, cioè nei paesi dell'area mediterranea, analizzando in modo apparentemente divagante gli slogan pubblicitari, le conversazioni della gente in treno, il discorso di Paolo VI sulla pillola, le invettive di Fanfani contro la pornografia. Tanti brevi racconti di un'Italia in trasformazione, ma ancora un po' bigotta e provinciale.
In viaggio tra la semiosi ermetica dell'antichità e le fatiche di Gabriele Rossetti alla ricerca di un Dante massonico rosacrociano, tra le attuali pratiche di lettura post-strutturaliste e decostruzioniste fino alla riflessioni suscitate dai commenti ai suoi stessi romanzi, Eco affronta alcuni dei luoghi più problematici di una teoria del testo e dell'interpretazione: la finitezza o meno delle possibili letture, i risvolti di un pensiero del sospetto e del segreto, la differenza tra uso e interpretazione, l'apertura dei testi e la proliferazione dei contesti.