Il potere è di per sè un male? E' utopico immaginare che l'uomo di governo possa agire onestamente? Il sogno erasmiano di un principe cristiano in un classico della riflessione politica europea del Cinquecento. (a cura di Davide Canfora)
La celebre operetta di Erasmo immagina che la Follia sia una dea, la quale, davanti a una piccola folla meravigliata, mostra quanti e quali benefici riceva dalla sue mani e come, senza il suo intervento, nulla nella vita sia piacevole, conveniente o sopportabile. Dall'alto del suo podio, la Follia delinea così un quadro immortale dell'umanità, passando in rassegna tutti i vizi incarnati in varie categorie di persone e personaggi, non risparmiando né re né papi, con una satira feroce che colpisce ogni tempo.
Testo decisivo per il pacifismo contemporaneo, il "Lamento della Pace" (1517) fu steso nel contesto di un'Europa insanguinata da violenti conflitti armati tra gli Stati - compreso lo Stato della Chiesa - ma divenne ben presto un vero e proprio manifesto etico-politico. Secondo il"principe degli umanisti" l'uomo potrà raggiungere una pace autentica e completa soltanto se mediterà e praticherà l'amore nei confronti del Creatore e di ogni creatura. Con vigore espressivo e nobiltà di pensiero non comuni, Erasmo parla anche al nostro tempo confuso e dilaniato da troppe guerre assurde: esule e violata forse come non mai, la sua Pace personificata continua a invocare una fratellanza universale che l'uomo postmoderno non pare ancora in grado di vivere.
L'"Elogio della Follia", dedicato dall'autore a Tommaso Moro, è certamente il più noto e il più letto tra gli scritti di Erasmo; uno dei più grandi libri dell'umanesimo rinascimentale, è opera solo apparentemente facile. In questa edizione sono pubblicate le lettere tra Dorp, Erasmo e Tommaso Moro, raffinate nello stile e puntuali nelle precisazioni, che chiariscono il senso profondo del testo e documentano la vivacità intellettuale e cristiana dell'epoca. Inoltre, è riportato il commento di Listrius, voluto dallo stesso Erasmo per una corretta interpretazione dell'opera, che scatenò una polemica vivace dopo la sua pubblicazione.
Il trattato "De civtilitate morum puerilium" fu pubblicato per la prima volta da Erasmo a Basilea nel marzo del 1530. Quest'opera, che costituisce la base della pedagogia dell'Europa moderna fino al XIX secolo, è pressocché ignota in Italia. Presentando qui il testo latino, criticamente fondato, con note esplicative e traduzione italiana a fronte, il De civilitate appare inserito nel quadro del programma pedagogico di Erasmo e nell'evoluzione della società borghese dell'Europa fra Quattro- e Cinquecento. "Il Galateo dei ragazzi", di lettura facile e piacevole, costituisce un'essenziale introduzione al pensiero di colui che può essere considerato tra i massimi esponenti della cultura europea.
Quest'opera di Erasmo non è un trattato sull'educazione ma un'orazione polemica contro la scuola della violenza, contro quella pedagogia dell'umiliazione e della penitenza che aveva caratterizzato tutto il Medioevo fino ad arrivare al primo Rinascimento. L'ideale umanistico del grande riformatore di Rotterdam introduce il principio di un'educazione liberale, senza l'ombra minacciosa di un maestro tiranno, che con l'affetto, la dolcezza e la passione, ma anche il rigore e il metodo, possa guidare il bambino verso il completo sviluppo delle sue potenzialità. Anche se il fine ultimo della pedagogia erasmiana è quello della formazione del 'cittadino utile alla repubblica' la grandezza e la vitalità del suo messaggio valgono ancora oggi.
Autore del noto "Elogio della follia", Erasmo considerava come sua opera principe questi "Adagia", una raccolta di motti in lingua latina, in gran parte risalenti al mondo classico, dei quali s'impegnò a ricostruire l'origine fornendo note esplicative che andavano anche al di là della mera illustrazione filologica. Erasmo si dedicò per tutta la vita a più riprese alla creazione di questa sorta di "enciclopedia" di adagi classici: in alcuni casi le sue note sviluppano poche righe, mentre a volte l'autore si cimenta in spiegazioni più ampie.
Il meglio dello spirito degli umanisti del secolo XVI da parte di uno di quegli intellettuali cristiani, insieme critici e idealisti, che credono nella forza dell'educazione. Questi Colloqui, in forma quasi teatrale, erano destinati a far riflettere, senza annoiare, studenti e un più vasto pubblico.