Non potendo costruire hanno scritto. Di case, di città, di quartieri in trasformazione. Tenute lontane dall'architettura si sono dedicate alla fotografia, trovando mille modi per raccontare le persone e gli spazi della città. Escluse dalla pianificazione urbanistica si sono dedicate alla scala minuta, granulare, del design dell'abitare e della vita quotidiana, progettando spazi di prossimità e di benessere. Sono state più giardiniere che progettiste, più pedagogiste che ingegnere. Quando hanno potuto hanno generato pensiero e visioni lungimiranti, presto dimenticate; hanno osservato da vicino le città - nelle loro pratiche quotidiane - con il distacco che solo chi è escluso dai giochi può avere. Le donne, in forme varie e sempre eclettiche, hanno maturato un pensiero pratico sulla città che oggi non possiamo trascurare e di cui peraltro loro stesse non sono ancora pienamente consapevoli. Oggi che dobbiamo ripensare la relazione tra spazi e vita, tra tempi quotidiani e aspettative di benessere, tra natura e città, la prospettiva da cui guardano il mondo appare cruciale.
P come Placemaker. Dal politico-pedagogista, all'imprenditore-artista, dall'informatico-ambientalista all'architetto-giardiniere: gli innovatori dirompenti per pensare la nuova città. Artisti che si improvvisano scienziati per risolvere problemi di mobilità di una grande città. Architetti che individuano soluzioni innovative osservando piante e animali. Designer che lavorano sui comportamenti e la psicologia delle persone. Ciascuno di loro è capace di incursioni al di fuori del proprio campo, senza perdere di vista l'obiettivo iniziale. Un pugno di innovatori urbani sta operando nelle città, ripensando la relazione tra città e natura, tra spazi pieni e vuoti, sui servizi, le reti, la mobilità. Sono professionisti ibridi, capaci di conciliare bisogni con immaginazione, creatività quotidiana con la salute del corpo sociale che vive la città. Sono mossi da una curiosità libera e creativa e per questo trovano le soluzioni più adatte. Osano pensare di poter fare qualcosa che non è mai stato fatto prima e soprattutto lo fanno. Elena Granata li ha chiamati «placemaker» perché la loro attitudine è saper trasmutare una buona idea in un progetto vivo che trasforma un luogo.
"Immaginate un tavolo pieno di libri aperti, di fotocopie, di appunti, e poi ancora tazze di caffè e bicchieri d'acqua. Immaginate una montagna di libri in disordine e poi moltiplicate per tre e avrete un barlume d'idea del lavorio e del disordine che c'è dietro a questo libro". È con queste parole che Elena Granata, architetto e docente del Politecnico di Milano, Chiara Granata, musicista e dottore in filosofia, Anna Granata, ricercatrice in pedagogia interculturale all'Università di Torino, aprono il racconto del loro approccio felice al sapere. Un originalissimo libro che nasce dall'insofferenza verso un'idea convenzionale di sapere che ignora le relazioni e le comunanze e si trincera dietro codici e discipline, una ricerca che fa vibrare la bellezza e l'emozione della scoperta culturale partendo da un'intuizione feconda: tutte le idee sono sorelle, non ha senso recintare il sapere in orticelli chiusi.
La città contemporanea è un luogo della sintesi im-perfetta tra opposti: l'alto e il basso, il singolare e il molteplice, il poco e il troppo, il mescolato e il distinto. È il luogo in cui si moltiplicano esperienze di partecipazione dal basso, di condivisione di tempi e di beni. In cui si radicalizzano comportamenti individuali, chiusure e atteggiamenti difensivi verso lo straniero e il diverso, alla ricerca di comunità tra simili, rassicuranti e protette. Sono il luogo più sensato dove andare se si vuol capire come gira il mondo; qui le tensioni e le trasformazioni sono più evidenti e accelerati. E sono le prime responsabili dei cambiamenti climatici, da cui dipendono molti dei comportamenti più distruttivi per il pianeta; d'altro canto, sono proprio le città a essere oggi il laboratorio possibile di ogni cambiamento ecologico. Per questo ragionare su di loro è non solo utile, ma ormai indispensabile. Attraverso una galleria di ritratti inediti di città e di personaggi che ne hanno tracciato il destino, quest'opera racconta di esperimenti, di follia creativa e di opposizione ostinata ai modelli assodati, così come racconta di occasioni in cui il banale buonsenso scardina regolamenti asettici per preservare preziosi contesti locali. Esperienze singole e disparate, ma capaci di inaspettate ricadute planetarie.
Il volume nasce con la volontà di offrire un approccio non convenzionale ad un tema oggi sempre più importante: il territorio. L'autrice parte da una analisi lucida dell'evoluzione che nel nostro Paese hanno avuto le politiche di sviluppo territoriale troppo spesso incentrate sull'edilizia, mettendone in luce disequilibri, manchevolezze, sprechi, convenienze. Per riaffermare la necessità di una rinnovata attenzione all'armonia ed alla bellezza dei nostri spazi urbani, capace di ricollegarsi alla grande tradizione dell'economia civile cui si rifà la logica della cooperazione.
Le case ricordano tutto. Trattengono i gesti, le parole, i silenzi, i segni del tempo, le nascite e le partenze, gli odori e persino i rumori. S'imbevono delle nostre vite e dei nostri pensieri, come il pane nel mosto. Parlano di noi e del nostro modo di abitare la terra. Riflettere sul tema della casa è quindi un modo per riflettere sul cambiamento delle nostre vite, del lavoro, dei nostri legami familiari, del nostro rapporto con la natura. E sulla crisi economica che sembra minare per la prima volta il bene per eccellenza, fonte di stabilità per la famiglia. Il libro, attraverso storie, aneddoti e racconti, è uno strumento agile di riflessione sul tema dell'abitare che non rinuncia ad indicare piccole strategie di sopravvivenza per abitanti consapevoli.
Quali emozioni nasconde la lettura? Per scoprire o riscoprire il piacere di leggere.
Ci sono libri che ci accompagnano per una vita intera, entrati nella nostra pelle e nei nostri pensieri. Ci sono libri che la scuola ci ha insegnato ad amare, libri che abbiamo comprato perché avevano un bel titolo e una bella copertina, libri che ci hanno fatto viaggiare, che hanno lenito il nostro dolore e libri in disordine sulle nostre scrivanie. È il mistero dei libri…
"Questo libricino parla del ridere, una delle energie più misteriose e importanti della vita. Ridere è esporsi, scoprirsi, lasciarsi spiazzare, aprirsi alla relazione, non voler tenere tutto sotto controllo. È trasformare una giornata storta in una riuscita. È un modo per rimanere piccoli, guardare le cose da un'altra angolatura, uscire da una strettoia e ritrovare la strada maestra."