È necessario rivedere le nostre idee, le nostre categorie, la nostra interpretazione del passato oltre che del presente. Perché anche le categorie e le interpretazioni, come tutti gli oggetti storici, deperiscono e alla fine si inabissano, o cambiano talmente di significato da diventare creature nuove, malgrado portino il vecchio nome. Il Covid e l'invasione russa dell'Ucraina hanno illuminato di colpo l'evoluzione e la crisi delle società occidentali e facendo ciò, hanno reso evidente quanto le categorie con cui siamo cresciuti e abbiamo interpretato il Novecento, e, le nostre stesse vite, siano ormai logore. Andrea Graziosi riflette sulle cause e le conseguenze dei mutamenti che hanno progressivamente trasformato l'Occidente scaturito dal secondo conflitto mondiale. Fine del mondo contadino, individualizzazione, crollo delle nascite e straordinario balzo in avanti nell'attesa di vita che ha reso e rende tutte le società più vecchie e meno vitali, coagularsi di nuove istanze reazionarie, ricomposizione faticosa di collettività plurali dal punto di vista etnico e del colore, crisi dell'azione e delle forme della politica sono alcuni degli aspetti sui quali si sofferma. Su che cosa potremmo far leva per salvare, innovando, un tipo di Occidente e di Modernità che è in crisi ma era riuscito, pur con tutti i suoi difetti, ad aumentare libertà e dignità umane più di ogni altro sistema conosciuto, e il progetto europeo che ne è uno nei nuclei fondamentali?
Perché Putin ha pensato di poter conquistare in pochi giorni l'Ucraina con il consenso dei russi ma anche degli ucraini? Cosa vuol dire 'denazificazione'? Per spiegare questa tragedia che cambia il mondo occorre ritornare ad alcuni passaggi essenziali della storia del Novecento prima e dopo il 1991. Una vicenda complessa, che parte dal rapporto dell'Ucraina con il potere sovietico di Lenin e che passa dall'Holodomor, la terribile carestia provocata da Stalin che nel ?32-?33 fece in Ucraina più di quattro milioni di vittime. Una storia che continua con la seconda guerra mondiale e l'occupazione nazista e prosegue con la fine dell'Urss e le difficoltà degli Novanta, cui l'Ucraina ha risposto guardando all'Unione Europea mentre in Russia si affermava la svolta autoritaria di Putin, fondata sul consenso a una ideologia di potenza radicata nella storia russa e condivisa da una classe dirigente formatasi tra declino sovietico e riaffermazione del potere dello Stato. Una ideologia che spinge Putin a disprezzare un Occidente opulento e corrotto in declino economico e demografico. E che gli fa pensare che sia arrivato il momento per ridare alla Russia il suo ruolo di grande potenza mondiale.
Trump, la Brexit, i risultati delle elezioni in molti paesi europei, la Turchia di Erdogan, l’India di Modi...: prendono forza a livello globale tendenze che paiono sancire il divorzio fra la democrazia e i principi liberali che l’hanno innervata, soprattutto in Occidente. Eppure viviamo in un mondo che non vede affatto, come si crede, un peggioramento socio-economico o un aumento delle diseguaglianze. Il libro ragiona su questa crisi, mettendone in luce in primo luogo le diverse cause, dalle trasformazioni demografiche all’invecchiamento della popolazione, alla perdita di rango globale dell’Occidente, per poi interrogarsi sulle debolezze della democrazia liberale che, forte in fasi di crescita, si dimostra inadeguata in fasi di ristagno e risorse calanti. Particolare attenzione è riservata al caso italiano, che ha anticipato questa crisi mondiale della democrazia liberale, e a ciò che sarebbe ragionevole fare per costruire un futuro migliore.
L'Italia vive da tempo una questione della lingua che tocca problemi d'identità e orgoglio nazionali. Ma il dominio dell'inglese è ormai un dato di fatto. Il linguaggio quotidiano ne fa un uso disinvolto e invasivo, mentre sempre più numerosi sono i corsi universitari tenuti in lingua inglese. Che cosa implica per il nostro patrimonio culturale l'ascesa dell'inglese come lingua veicolare? Un destino di subalternità? O viceversa l'opportunità di un arricchimento? Sul tema discutono uno storico contemporaneo e un italianista. Il primo prende atto del tramonto delle lingue nazionali come lingue scientifiche, ma coglie in questo processo anche la possibile, vitale affermazione di un plurilinguismo europeo. Il secondo difende con vigore l'uso dell'italiano a tutti i livelli, come dispositivo utile a promuovere una comunicazione diffusa e non solo d'élite.
Il grande slancio e i sogni generati dal miracolo economico ci hanno fatto credere che una crescita indefinita avrebbe permesso di garantire senza aggravi fiscali i diritti sociali ed economici. In realtà, dagli anni settanta in poi l'Italia ha pagato benessere e diritti anche ipotecando il proprio futuro. Secondo la stringente interpretazione proposta in questo volume, fenomeni come l'industria di stato, il crollo delle nascite, il Servizio sanitario nazionale hanno avuto un peso maggiore di quello del terrorismo o del compromesso storico nelle vicende di un paese che ha scelto di rinviare finché possibile il faccia a faccia con il declino demografico, il ristagno e ora la decrescita, la perdita di posizioni dell'Occidente. Appendice statistica a cura di Carlo d'Ippoliti.
"Una novità rilevante sul piano delle fonti... un importante contributo dal punto di vista interpretativo" (Simonetta Fiori)
"Un libro godibile, tutto fatti, spesso ignoti anche al pubblico colto, e che tra i filoni di indagine fa posto anche a dimensioni di solito trascurate" (Ernesto Galli della Loggia)
La prima, grande sintesi di storia sovietica basata sulla documentazione resasi disponibile dopo il collasso dell'Urss e sulle ricerche condotte su di essa, una ricostruzione nuova, e diversamente credibile, di una storia che ha affascinato e impaurito il XX secolo. Due dittature (Lenin e Stalin), due guerre mondiali, una guerra civile, due carestie sterminatrici, nonché una spaventosa operazione di terrore preventivo formano lo sfondo su cui Graziosi tesse il racconto, stringente e pieno di fatti, della costruzione del "grande esperimento" sovietico.
Andrea Graziosi insegna Storia contemporanea nell'Università di Napoli "Federico II" ed è presidente della Sissco, la Società italiana per lo studio della storia contemporanea. Con il Mulino ha pubblicato anche "Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956" (2002), "L'Unione Sovietica in 209 citazioni" (2006), "L'Urss dal trionfo al degrado. Storia dell'Unione Sovietica, 1945-1991" (2008) e "L'università per tutti" (2010). Il presente volume ha ricevuto il Premio Piemonte Storia 2008.
- Primo volume: "L'Urss di Lenin e Stalin" -
Basato sulla vasta documentazione venuta alla luce dopo il 1991, il libro ricostruisce una storia non meno sorprendente di quella dell'Urss di Lenin e Stalin narrata dall'autore in un volume precedente, ma anche molto diversa. Agli ultimi cupi anni di Stalin, segnati da carestie e repressioni, seguì un periodo di profonde e inattese riforme culminate nel 1956 nella denuncia di Chruscev al XX congresso. L'Urss conobbe allora i suoi anni migliori, che sfociarono però nell'affermazione di un regime forse più "totalitario", seppure meno violento, di quello staliniano. L'apparente stabilità copriva un degrado testimoniato dall'alcolismo, dal ritardo tecnologico e dall'emarginazione di parte della popolazione. Le vittorie internazionali, associate alla decolonizzazione, le risorse garantite dal petrolio, e le sconfitte occidentali permisero a questo sistema di illudersi, nel 1975, di aver vinto la guerra fredda. Fino a che qualche tempo dopo tutto si capovolse e uno straordinario processo di trasformazione portò in pochi anni agli eventi del 1989-91. Un sistema dotato di un enorme esercito e di migliaia di testate nucleari abbandonò allora pacificamente i suoi domini e annunciò poi il suo scioglimento per televisione, appellandosi, per bocca del suo leader, ai valori della democrazia e dell'umanesimo.
Andrea Graziosi insegna Storia contemporanea nell'Università di Napoli "Federico II" ed è presidente della Sissco, la Società italiana per lo studio della storia contemporanea. Con il Mulino ha pubblicato "Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956" (2002; trad. in Russia e in Ucraina), "L'Unione Sovietica in 209 citazioni" (2006) e "L'Urss di Lenin e Stalin" (2007). Codirige a Mosca la serie "Documenti di storia sovietica".