Questo affresco della società franco-borgognona dei secoli XIV e XV continua a rimanere, a cento anni dalla sua apparizione, punto di riferimento imprescindibile, nonché inesauribile fonte di riflessione e ispirazione, per studiosi e lettori di tutto il mondo. Fu una "scintilla spirituale", in un periodo in cui l'autore nutriva grande ammirazione per l'arte dei fratelli Van Eyck e dei loro contemporanei, a spingerlo a scrivere del Tardo Medioevo non come un annuncio del futuro, ma come crepuscolo di qualcosa che stava svanendo e si stava nel contempo rinnovando, evidenziando in tal modo una linea di continuità tra Medioevo e Rinascimento: "Il rapporto tra il nascente Umanesimo e il declinante spirito del Medioevo è molto meno semplice di quanto siamo portati a credere". Da questa sintesi di erudizione e capacità affabulatoria, di fonti letterarie e arti figurative, emergono figure più o meno celebri di donne e di uomini che cercano di sopravvivere alla durezza dell'esistenza cercando un senso in nuove forme di vita e di pensiero, in esperienze sia intellettuali e artistiche sia quotidiane e banali. Huizinga, nella sua visione, riassume tale aspirazione a una vita migliore mediante l'analisi approfondita e appassionata di temi quali la religione cristiana, l'ideale cavalleresco o monastico, l'onore e il coraggio, l'amore e l'erotismo, la bellezza, la vita, la morte. Quest'opera può essere letta anche come una conferma delle radici culturali comuni a tutti gli europei, radici che l'uomo Huizinga difese strenuamente prima contro gli ipernazionalismi dell'epoca e poi contro il nazismo. Una grande lezione, drammaticamente attuale.
«Viviamo in un mondo ossessionato. E ne siamo coscienti. Nessuno proverebbe stupore se un bel giorno questa nostra insania desse luogo a una crisi di virulenta follia che, una volta estinta, lascerebbe l'Europa nel torpore e nello smarrimento; i motori continuerebbero a girare e le bandiere a sventolare, ma lo spirito sarebbe soffocato». Sono le parole con cui si apre "Nelle ombre del domani", di Johan Huizinga. È il 1935 L'Europa registra il successo dei dei totalitarismi e l'entusiasmo per le dittature. Quel libro più che lo sguardo preoccupato di uno storico registra il termometro di un disagio diffuso. Un disagio che significativamente Luigi Einaudi coglie in tutta la sua profondità, tanto da insistere perché il titolo nella versione italiana, anziché assumere la dimensione della prospettiva per un domani incerto, testimoni della condizioni di incertezza del presente. "La crisi della civiltà", questo sarà il titolo che Einaudi propone nel 1937 e che consegna al dibattito pubblico il testo di Huizinga, parla direttamente al presente e intende sottolineare la profondità di una condizione che chiede di rispondere in termini di contenuti e di progetto, senza pensare che la risposta possibile possa arrivare in un futuro tanto indefinito, quanto incerto.
Huizinga sa raccontare la storia passata in presa diretta. Con la profondità della ricerca sa far appassionare a vicende e personaggi come se si trattasse di un romanzo. Ma cosa pensa questo autore del mestiere di storico? In questo libro Huizinga parla di teoria. Non di un periodo particolare, ma del fare storia in generale. "La storia è la forma spirituale in cui la cultura si rende conto del suo passato". Poche profonde parole, come un grande autore sa fare, definiscono il senso, il bisogno di questo narrare collettivo che raramente, come in questi casi, trova un grandioso interprete.
L'ultima opera di uno dei più grandi storici del Novecento. L'analisi impietosa della decadenza della civiltà occidentale scritta nel suo momento più buio, nel 1943. Un grande classico che torna dopo la prima edizione italiana del 1948.
Apparso in lingua tedesca ad Amsterdam nel 1939 e pubblicato in Italia nel 1946, "Homo ludens" si caratterizza per un approccio spiccatamente interdisciplinare. Dall'indice: Natura e significato del gioco come fenomeno culturale; La nozione del gioco nella lingua; Gioco e gara come funzioni creatrici della cultura; Gioco e diritto; Gioco e guerra; Gioco e sapere; Gioco e poesia.