Il dattiloscritto di un libro inedito di Pietro Ingrao è emerso durante il lavoro di riordino delle sue carte attualmente in corso presso la Fondazione Centro studi e iniziative per la Riforma dello Stato - Archivio Pietro Ingrao. Si tratta di circa 200 cartelle stese nella seconda metà degli anni Novanta e concluse nel 1998. Esse si compongono di 16 capitoli disposti in successione cronologica in ciascuno dei quali si affronta un momento della vicenda del Partito Comunista Italiano in rapporto alla storia dell’Italia repubblicana. - In queste pagine Ingrao si interroga sulle scelte compiute da PCI nel contesto del quadro internazionale quale si determina dopo il conflitto mondiale. Egli svolge acute considerazioni sulla specifica situazione culturale, economica e sociale dell’Italia tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta del Novecento. - Ma Ingrao non conduce solo una riflessione di ordine storico. Il testo, ricco di episodi vissuti in prima persona, si apre a ragionamenti di elevato tenore teorico relativi al senso delle libertà e del loro futuro di fronte agli inediti cambiamenti del nuovo secolo.
«Ho imparato in questo secolo l’indicibile dell’umano, di ognuno di noi e della relazione con l’altro che non possiamo mai afferrare fino in fondo. La mia paura è che mi venga tolto non tanto il pane e nemmeno la Costituzione, ma questa idea dell’umano. Vi prego, non permettete che la domanda sull’essere umano venga cancellata».
Commentando Indignez-vous!, grande successo di Stéphane Hessel, Pietro Ingrao sostiene che l’indignazione non basti. «Bisogna costruire una relazione condivisa, attiva» dice, e aggiunge: «Valuto molto più forte il rischio che i sentimenti dell’indignazione e della speranza restino, come tali, inefficaci, in mancanza di una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica che dia loro corpo. Che l’indignazione possa supplire alla politica e, in primo luogo, alla creazione delle sue forme efficaci è illusorio».
«Abbiamo iniziato nel dicembre del 2009 a intrattenere con Pietro Ingrao regolari conversazioni su alcuni argomenti e vicende, tra riflessione e memoria, con il proposito di stamparle in un volume al quale stiamo lavorando. È divenuta per noi una consuetudine quasi settimanale. Nello scambio di vedute, approfondiamo alcuni temi ai quali Ingrao ha rivolto la sua attenzione, ma ci dedichiamo anche a questioni e fatti che nascono dalle vicende della cronaca politica di questi mesi.
Nei giorni scorsi, leggendo Indignez-vous! di Stéphane Hessel, ci è capitato di svolgere qualche considerazione sull’impegno politico. Al riguardo, Ingrao ha richiamato alcuni suoi maturati convincimenti espressi in varie occasioni. Accostiamo al testo un secondo colloquio tra noi, Io dico il dubbio».
(Maria Luisa Boccia, Alberto Olivetti)
Il piacere e la pratica del dubbio, l'Occidente e l'Oriente, il Vietnam e l'Afghanistan, il carcere e la pena di morte, la militarizzazione della politica internazionale, gli Usa e il comunismo raccontati da Pietro Ingrao in un intenso dialogo con Claudio Carnieri. La storia di un percorso di vita vissuto da protagonista, un libro "scomodo" in cui non si risparmiano critiche severe, analisi lucide e appassionate del secolo rifuggendo sia dalla retorica politica, sia da giudizi sommari.
"Queste memorie sono in qualche modo la ricostruzione di una vicenda personale e sociale nelle insanguinate vicende del mio tempo. Ma - anche per il memorialista - non è proprio certo che le cose siano andate così, e con tale "ordine" sotteso. L'accaduto forse diverrà più sicuro, quando saranno appurati nessi ed eventi che a tutt'oggi, almeno per chi scrive, risultano ambigui o ancora nel farsi, o ancora troppo personali e segreti. Quell'evento fu cosi, come sta aggrappato nella mia dolce, dolorosa memoria? O si è consumata la chiave, ammesso che ci sia in campo una chiave, sia pure per una raccolta di frammenti? Essendo incerta la lingua, come si dà e si legittima la memoria? E perché temiamo tanto che la memoria si perda? E la vanità di stare ancora e per sempre sulla scena o un tentativo di salvezza? O forse è la memoria di una soggezione ad altri, tale che non può reggere il silenzio."
"Queste memorie sono in qualche modo la ricostruzione di una vicenda personale e sociale nelle insanguinate vicende del mio tempo. Ma - anche per il memorialista - non è proprio certo che le cose siano andate così, e con tale "ordine" sotteso. L'accaduto forse diverrà più sicuro, quando saranno appurati nessi ed eventi che a tutt'oggi, almeno per chi scrive, risultano ambigui o ancora nel farsi, o ancora troppo personali e segreti. Quell'evento fu cosi, come sta aggrappato nella mia dolce, dolorosa memoria? O si è consumata la chiave, ammesso che ci sia in campo una chiave, sia pure per una raccolta di frammenti? Essendo incerta la lingua, come si dà e si legittima la memoria? E perché temiamo tanto che la memoria si perda? E la vanità di stare ancora e per sempre sulla scena o un tentativo di salvezza? O forse è la memoria di una soggezione ad altri, tale che non può reggere il silenzio."
Ingrao, intellettuale laico di sinistra, e Zanotelli, missionario cattolico progressista, si confrontano in un colloquio che scuote per la lucida riflessione, spaventa per l'inquietante profezia, rincuora per l'esempio di vitalità e gioia. Un manifesto di impegno sociale per costruire un modello di società della pace e dell'uguaglianza; un percorso di analisi e di accusa nei confronti di un sistema malato che sta divorando la terra; un manuale del dissenso civile.