"Scrivere su san Giuseppe significa da un lato attingere alla fonte del vangelo, dall'altro tenere perlomeno conto di ciò che attraverso la storia è sorto e si è riflettuto su di lui. Di primo acchito si può dire che il vangelo è molto parco nel parlare di san Giuseppe, non facendogli peraltro dire alcuna parola. E nessun riferimento se ne fa negli altri scritti del Nuovo Testamento. Se tuttavia è vero che il racconto evangelico gli dedica poche pagine, non è dalla scarsità delle informazioni che ne deriva necessariamente una minore rilevanza. Le cose essenziali possono dirsi, infatti, con brevi parole. Il fine di queste meditazioni è così poter riscoprire san Giuseppe a partire dal testo sacro. In fondo la sua missione, unica nella storia, è quella di chi ha accolto la custodia della santa Famiglia conducendola sulle strade spesso impervie e faticose della sua esistenza, e offrendole un umile servizio." (dalla Introduzione)
In questo libro autobiografico l’autore racconta come il Signore gli si sia manifestato in alcuni particolari momenti della sua vita. Si tratta sia di episodi puntuali sia periodi più ampi nei quali i “segni” della grazia di Dio hanno riversato un fascio di luce e dato un orientamento al suo percorso di fede.
Note sull'autore
Fabio La Gioia ha conseguito il dottorato in teologia biblica alla Gregoriana nel 2003 con una tesi sul vangelo di Giovanni: La glorificazione di Gesù Cristo ad opera dei discepoli. Dal 2005 ha insegnato letteratura giovannea e paolina all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Trieste e pubblicato vari libri. Attualmente è parroco di tre comunità nell’Arcidiocesi di Gorizia.
Questo breve commento al Vangelo più teologico e spirituale, è rivolto ad un vasto pubblico. Senza attardarsi su questioni riservate ai biblisti, offre delle chiavi di lettura che accompagnano nella comprensione delle sue «parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Questo commento adotta l’analisi narrativa, un metodo che si presta a vari testi della Bibbia, facendone emergere il ricco contenuto, in parte celato nel non detto. Nel caso del vangelo di Marco il racconto, non sempre così chiaro, concerne il senso degli avvenimenti e dei discorsi, inscindibilmente intrisi di storia e teologia.
L’introduzione mostra i tratti letterari tipici di Marco, i temi principali, la suddivisione del testo e la spiegazione del metodo narrativo. Segue il commento vero e proprio. Alla fine di ogni capitolo, vi sono poi delle tracce per un impegno personale. Una ripresa sintetica di alcuni punti essenziali, con aperture sul presente, segna la conclusione del lavoro.
Nella prima parte il libro tratteggia un profilo della vita di Paolo, nella seconda alcune questioni teologiche primarie delle sue lettere. Fra di esse vi sono la giustizia di Dio e la giustificazione, il vangelo e il ministero apostolico, la parusia, la centralità cristologica e la vita nuova nello Spirito. Con l’evento di Damasco, l’Apostolo ha cominciato a riformulare la sua vita e il suo pensiero, elaborando la prima teologia cristiana. Le sue riflessioni sono uno stimolo sempre attuale per un cammino di consapevolezza e di crescita nella fede in Gesù Cristo. Questi si rivelò a Paolo affinché annunciasse il vangelo in mezzo alle genti (cfr. Gal 1,15-16).
Questo commento vuole introdurre alla comprensione del pensiero di Paolo, relativo alla sua lettera più ampia e teologicamente ricca. Suddivisa in due parti, Rm si occupa di temi teologici nella prima (1,16-11,36) e di quelli morali nella seconda (12,1-15,13). L'apostolo parla alla comunità di Roma, mentre richiama la Chiesa di ogni epoca al cuore della propria fede. Al centro della lettera vi è la cristologia, in particolare il kerygma pasquale. È questo il tema principale, in base al quale Paolo presenta tutti gli altri. L'impianto e lo sviluppo logico della lettera poggia sull'evento salvifico della morte e resurrezione di Gesù. Interrogandosi sulla propria fede la Chiesa, oggi come sempre, ha un punto di riferimento solido verso cui guardare, nel quale l'apostolo ci ha lasciato una testimonianza magistrale ed unica. Noi cristiani del XXI secolo, non dovremmo abbeverarci sempre alle fonti della fede, che in Paolo trovano un magnifico testimone ed espositore?